Estratti da "Memorie di un Socialista Riformista" di Gianni De Michelis, ed. PIEMME - Alvise De Michelis 2024
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Queste memorie sono state scritte da Gianni De Michelis tra l’inizio del 2012 e la metà del 2015, quando cominciò ad appalesarsi il Parkinson. Un libro prezioso che aiuta a ricostruire la vita di uno dei protagonisti della Prima Repubblica e della sinistra italiana per oltre mezzo secolo.
Morte di Bettino
Nell’aereo diretto in Tunisia, guardavo il nulla al di là del finestrino, ero come sospeso. Avevamo vissuto forte, io e Craxi, assaporando la vita con un ritmo inarrestabile, di giorno e di notte, mai paghi di cogliere e vivere in pieno tutte le occasioni. Mai schiavi dell’abitudine, mai stanchi di inseguire i nostri progetti.
Memorie di un Socialista Riformista - Gianni De Michelis
Ripercorsi come un film i momenti che avevamo passato insieme. Mi vennero alla mente il periodo in cui, ancora quarantenni, discutevamo delle opportunità che si aprivano nel nostro Paese dopo la rivoluzione nel partito al Midas, il periodo del Governo guidato da Bettino, le battaglie, le serate, i litigi, i successi. Eravamo stati in grado, con la freschezza, la forza e l’energia delle nostre giovani menti di far dimenticare al nostro Paese il grigiore e l’orrore degli anni di piombo.
Avevamo addosso una leggerezza, una potenza, una vitalità che trascinava via gli ostacoli che si paravano davanti al nostro percorso. Sembravamo invincibili. Erano stati anni meravigliosi. Un tempo sudato, vissuto. Una stagione fertile per l’Italia, e per noi. In macchina, percorsi la strada dall’aeroporto fino a Nabeul osservando le nuvole del cielo, colto da quel dolore intenso che si vive quando si perde un amico caro.
Giacimenti culturali
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Nella mia proposta sui giacimenti, i beni culturali erano considerati il nostro “petrolio”, perché rappresentavano una risorsa economica unica e preziosa: per l’Italia, essi erano l’equivalente delle risorse petrolifere per i paesi arabi. D’altro canto, lo Stato non era più in grado di valorizzare e tutelare il nostro immenso patrimonio artistico, che necessitava di investimenti enormi.
Il punto era, dunque, di considerare finalmente questo patrimonio come un bene suscettibile di produrre ricchezza. Un’idea, la mia, che allora era considerata da molti “puristi” come assurda, ma che intanto veniva perseguita in alcuni Paesi che, pur non avendo un patrimonio artistico e culturale minimamente paragonabile al nostro, imboccavano la via della valorizzazione attraverso l’innovazione....
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Ripensando oggi a quel testo, resto profondamento convinto che se fosse stato approvato, avremmo evitato una serie di problemi del nostro debito pubblico. Se mi rimane un’amarezza, rispetto al periodo in cui ho ricoperto l’incarico di Ministro del lavoro, è proprio quella di non aver insistito fino alla fine per porre in essere questa riforma.
E di non aver avuto la capacità di convincere Craxi. Eravamo a un passo da quel risultato, il Consiglio dei Ministri aveva dato il via libera, ma Bettino, di fronte alle incertezze della DC, a sua volta condizionata dalla pressione comunista, decise di fermarsi.
In quella occasione commettemmo un grande errore, cedendo proprio di fronte al muro di quella alleanza catto-comunista che ha rappresentato l’elemento conservatore a causa del quale il nostro Paese non è riuscito a cogliere importanti occasioni di sviluppo.
Accordo di S. Valentino
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Per parte mia, uno dei momenti che sicuramente mi riempiono ancora oggi di orgoglio fu la vicenda di San Valentino. Quando sarà possibile riscrivere la storia italiana degli ultimi decenni, si coglierà appieno l’enorme portata del decreto sulla scala mobile, approvato il 14 febbraio 1984.
Questo, insieme alla decisione degli euromissili, rappresenta certamente la tappa storica della vicenda craxiana, e del ruolo svolto dai socialisti italiani nel cambiamento del Paese e dell’Europa. Non abbiamo avuto fortuna perché la nostra possibilità è stata spazzata via in poco tempo da Mani Pulite. Non quindi attraverso la politica, ma con la forza.
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