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    “CHI NON SA DI CALCIO MAGARI MI PRENDE UN COGLIONE MA IO NON SONO UN COGLIONE. SONO PREOCCUPATO DA MORIRE PER I MIEI GIOCATORI UCRAINI. HANNO 18-20 ANNI. QUALCUNO DI LORO VERRÀ CHIAMATO ANCHE ALLE ARMI...” - LA TESTIMONIANZA SU “RADIO DEEJAY” DI DE ZERBI BLOCCATO A KIEV: “DI NOTTE SENTIAMO CADERE LE BOMBE, NON CAPISCO PERCHÉ IL CALCIO NON SI SIA FERMATO. MA NON LASCIO DA SOLI I MIEI GIOCATORI. LE VERE VITTIME SONO LORO. NOI TORNEREMO NEL NOSTRO PAESE…” - VIDEO


     
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    Da deejay.it

     

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    Di storie terribili legate alla guerra scoppiata in Ucraina, nelle ultime 24 ore, se ne sono purtroppo sentite tante. L’attacco della Russia a Kiev, con il bombardamento notturno ripetuto anche tra giovedì e venerdì, ha sconvolto gli equilibri internazionali e le vite di tutti i cittadini in Ucraina.

     

    Qualcuno, come Cecilia Sala, ha dovuto cambiare i propri piani per andare nel Paese colpito dalla guerra e raccontare cosa stia succedendo realmente, per proteggere il mondo dell’informazione dalle fake news. Qualcun altro, invece, è rimasto bloccato nell’est Europa, in parte per sua scelta.

     

    Tra chi, pur in un certo senso da privilegiato, sta vivendo in prima persona la situazione ucraina, si è parlato molto di Roberto De Zerbi, allenatore dello Shakthar Donetsk, squadra di calcio ucraina che dal 2014, quando è scoppiato il conflitto in Donbass, ha spostato la propria sede a Kiev per stare lontano dalla guerra. Un cambiamento che, otto anni dopo, non è bastato.

     

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    L’ex tecnico del Sassuolo qualche giorno fa era stato avvisato della possibilità dello scoppio di una guerra, ma ha voluto restare con i propri giocatori, per non abbandonarli e per rimanere all’interno del gruppo squadra. Dopo il bombardamento di Kiev, città in cui si trova, è rimasto confinato nell’hotel in cui vive, essendo pericolosa qualsiasi alternativa.

     

    Siamo in contatto continuo con l’ambasciata italiana a Kiev. Ci hanno consigliato di restare fermi in hotel a Kiev per diversi motivi. La strada che porta ai confini è bloccata, si fanno code chilometriche. Si parla di 70 km di coda. Le scorte di benzina sono insufficienti, come quelle di cibo. Anche mettersi in viaggio è una questione di sopravvivenza. Uscire dall’hotel sarebbe molto pericoloso.

     

    Anche per questo, per il momento, Roberto De Zerbi ha deciso di restare in albergo a Kiev. Nel frattempo, però, è difficile non pensare alla condizione che stanno passando i migliaia di cittadini in fuga dall’Ucraina, non appena è scoppiato il conflitto armato.

     

     

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    In realtà Roberto De Zerbi aveva avuto la possibilità di andarsene dall’Ucraina prima dello scoppio della guerra, su consiglio dell’ambasciata italiana. La mancata sospensione del campionato ucraino e la volontà di rimanere accanto ai propri giocatori, anche nel momento più difficile delle loro vite, hanno fatto prendere all’allenatore una scelta differente e molto coraggiosa:

     

    Mercoledì notte abbiamo sentito cadere le bombe, ma anche stanotte. Ci tranquillizzano dicendo che ai civili non succede niente. O meglio, che ai civili stranieri non dovrebbe succedere niente. Ma nessuno si è mai trovato in questa situazione. Siamo rimasti solo noi in hotel, io e i giocatori brasiliani. Non c’è nessuno del club. Io mi attacco ai valori che mi ha dato mio padre, quindi sto con i ragazzi più giovani per far vedere che ci siamo. Per me è una cosa giusta. Non so se questo ci faccia stare bene, abbiamo paura. Ma non possiamo permetterci di mettere la paura davanti alla vita.

     

    Un messaggio di fortissimo impatto, a maggior ragione per la situazione in cui si trova chi lo sta lanciando all’Italia e al mondo.

     

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    Nella chiacchierata ricca di tensione emotiva e commozione con Linus e Nicola Savino, Roberto De Zerbi ha anche confessato la sua più grande paura: vedere i suoi giocatori ucraini costretti a prendere le armi e ad andare in guerra. Un pensiero terribile, a maggior ragione pensando alla giovane età di alcuni di loro. Eppure, se la situazione internazionale non dovesse cambiare, un pericolo maledettamente concreto:

     

    Sono preoccupato da morire per i giocatori ucraini. Qualcuno è da solo, qualcuno può essere chiamato alle armi, anche ragazzi di 18/20 anni. Noi torneremo nel loro Paese, loro saranno comunque in mezzo ai guai. La cosa che mi fa diventare pazzo è non poterli aiutare in nessun modo. Chi non sa di calcio, di un gruppo, di cosa voglia dire la responsabilità magari mi prende per c…, ma a me dispiace vedere così i miei ragazzi.

     

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    L’intervento di Roberto De Zerbi su Radio DEEJAY prosegue con un’amara considerazione: la sua situazione è sicuramente dovuta anche alla decisione della Federazione Calcio Ucraina di non sospendere gli eventi sportivi, nonostante le avvisaglie di un possibile attacco russo fossero piuttosto nette e condivise dalle intelligence internazionali.

     

    L’allenatore lo ha spiegato chiaramente nel suo collegamento telefonico:

     

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    In questi ultimi giorni si aspettavano tutti un attacco, a quanto pare, tranne l’Ucraina. Qui nessuno si aspettava una cosa così. Non so se cercassero di trovare altri pensieri, ma nessuno se lo poteva immaginare. Due giorni fa, alle 22, mi avevano confermato che al 70% si sarebbe giocata la prossima partita di campionato, a Kharkhiv. L’ambasciata ci aveva sollecitato ad andare via, ma nessuno lo aveva fatto. Io sono un allenatore, se il campionato non viene sospeso… La società mi tranquillizzava, dicendo che era una cosa mediatica. Sarei stato volentieri a casa, altrimenti.

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