Stefano Landi per il “Corriere della Sera”
FONTANA GALLERA
«Sì, lo acquisiremo». Poche parole per una conferma, dal procuratore reggente di Bergamo Maria Cristina Rota. L' audio esclusivo del Corriere della Sera sull' incontro del 4 marzo, a Milano, tra il ministro della Salute Roberto Speranza, il vicepresidente della Regione Lombardia Fabrizio Sala, l' assessore al Welfare Giulio Gallera e quello al Bilancio Davide Caparini, con il governatore Attilio Fontana in quarantena e collegato via video, entrerà tra gli atti della maxi inchiesta sull' emergenza coronavirus nella provincia più colpita d' Europa.
alzano lombardo nembro
La Procura di Bergamo ha già gli esposti del comitato «Noi Denunceremo», le segnalazioni dell' Inail per i sanitari contagiati sul lavoro, le mail dei cittadini. L' audio è un documento ritenuto interessante dai magistrati perché racconta, senza filtri, come si siano rapportati governo e Regione nel pieno dell' emergenza. E come, anche quando il caso Bergamo era esploso da giorni - dopo la chiusura e la immediata riapertura del Pronto soccorso dell' ospedale di Alzano, del 23 febbraio - si temporeggiò sulla decisione di istituire una «zona rossa» in Valle Seriana (cosa che non venne mai fatta).
Era una riunione per parlare di misure straordinarie per le aziende e le famiglie, ma il sottofondo registrato testimonia il tema di quei giorni.
«Alzano e Nembro... Voi volevate fare... secondo me, l' idea della zona rossa lì, al di là che dia il messaggio che magari non è perfettamente lì... però là c' abbiamo il secondo focolaio... sta crescendo e là non c' è la percezione perché chi abita lì... questi continuano a uscire, vanno in giro», dice Gallera. «Sì, sì, ci stanno ragionando... Appena rientro, provo...», è l' impegno che si prende il ministro.
conte speranza
Il 4 marzo è anche il giorno in cui la questura e la prefettura di Bergamo vengono allertate: si fa la zona rossa a Nembro e Alzano. Viene consegnata una data: il 5 marzo, giovedì. Non se ne fa nulla, ma arrivano i rinforzi con 320 tra carabinieri, poliziotti, finanzieri, esercito che riceveranno l' ordine di andarsene domenica mattina, dopo che sabato notte il premier Giuseppe Conte decide per la chiusura di tutta la Lombardia.
Marco Imarisio Simona Ravizza Fiorenza Sarzanini - Come nasce un'epidemia
La registrazione è centrale nel capitolo sulla mancata zona rossa del libro Come nasce un' epidemia (edito da Rizzoli) scritto da Marco Imarisio, Simona Ravizza e Fiorenza Sarzanini, da ieri in libreria e in edicola con il Corriere della Sera . Non è il solo inedito. Attraverso le memorie difensive, le telefonate e gli sms viene ricostruita la domenica 23 febbraio, il giorno dei primi tre casi positivi all' ospedale di Alzano.
Soprattutto, tre ore di agitazione, con il direttore generale dell' Asst Bergamo Est Francesco Locati che chiama invano l' Ats Bergamo e la Regione. Lo scrive lui nella memoria difensiva.
Alle 14.30 c' è una riunione a cui partecipano anche primari e medici. È lì, senza indicazioni superiori, che viene presa la decisione di chiudere. A Regione e Ats Locati lo dice via sms, alle 14.56 e alle 14.57, è sempre la sua memoria. Da Milano viene richiamato alle 17.30: l' ospedale va riaperto.
PIERPAOLO SILERI GIUSEPPE CONTE ROBERTO SPERANZA
«ERAVAMO GLI UNICI A VOLERE QUELLE CHIUSURE PER CONVINCERE IL MINISTRO DOVEVAMO FORSE URLARE?»
Stefano Landi per il “Corriere della Sera”
È il 4 marzo. La miccia è già accesa e la bomba sta definitivamente per esplodere. I numeri di contagi, ricoveri e decessi lievitano. Al tavolo ci sono il ministro della Salute Roberto Speranza, con tutti i vertici della Regione.
C' è il governatore Attilio Fontana con l' assessore al Welfare Giulio Gallera. Si parla della possibilità di chiudere a chiave i Comuni di Alzano e Nembro come nuova zona rossa, visto il tragico progredire dell' epidemia, che in pochi giorni scavalca i numeri della zona già chiusa nel Lodigiano. Nell' audio inedito pubblicato ieri dal Corriere , Fontana e Gallera chiedono al Governo di decidere sulla zona rossa.
Gallera, perché non avete battuto i pugni sul tavolo pretendo quella decisione se vi sembrava la più urgente?
ospedale pesenti fenaroli di alzano lombardo
«Cosa dovevamo fare? Urlare o mettergli le mani addosso?».
Come è nato quell' incontro?
«Vista la gravità del momento ci rendiamo conto che non sarebbe bastato un confronto telefonico con il Governo. Non abbiamo mandato una mail. Abbiamo pregato Speranza di correre qui a Milano».
E lui il 4 marzo si presenta...
«Arriva intorno alle 4 del pomeriggio. Siamo al sesto piano di Palazzo Lombardia, sede della nostra unità di crisi. Gli diamo la mascherina: lui era arrivato senza. La indossa dopo essersi reso conto che noi l' abbiamo tutti. Il nostro tecnico nella task force, Vittorio Demicheli attacca con le slide».
I vostri toni non sembravano perentori
«Gli abbiamo spiegato la drammaticità del momento che a qualcuno a Roma sembrava sfuggire. Speranza è sempre stato il più lucido, serio e corretto. Dopo un' ora e mezza, si alza, promette che si sarebbe confrontato subito con il premier e riprende l' aereo».
giuseppe conte meme
Voi cosa pensate?
«Pensiamo che entro sera avrebbero annunciato la zona rossa ad Alzano e Nembro. Ci sembrava avesse colto quello che gli avevamo fatto notare. Che serviva un segnale forte, perché da quelle parti la gente continuava ad uscire di casa come se niente fosse».
Invece non succede niente
«Non subito. Però il giorno dopo arrivano i militari e due giorni dopo, il 7, la decisione di chiudere l' Italia intera. Credo che il lockdown del Paese sia nato grazie a quella riunione».
giulio gallera
Imporre la zona rossa era impopolare. Sembra nessuno se ne volesse assumere la responsabilità «Il 5 marzo gli stessi sindaci della bergamasca invocano misure diverse dalla zona rossa. Altri governatori come Zaia e Bonaccini erano contrari.
A Roma non l' hanno decisa.
Credo che Regione Lombardia sia stata l' unica a spingere per quella soluzione. Non avevamo paura di quella responsabilità. Anche perché il giorno prima in un incontro con il presidente dell' Iss Silvio Brusaferro avevamo condiviso i rischi di quel focolaio che stava implodendo».
Tornasse indietro avrebbe forzato quella decisione?
GALLERA E ATTILIO FONTANA
«Ci stavamo rendendo conto che le misure del 1° marzo non bastavano. Abbiamo fatto di tutto per convincerli. Poi visto il dilagare dello tsunami, non so se quei due giorni di anticipo sul lockdown del Paese avrebbero cambiato le cose. Però in questi casi la tempestività è tutto».
Che ricordo ha di quei giorni?
«Gente che mi chiamava 24 ore su 24, le riunioni con qualcuno a cui scappavano rabbia e lacrime. Una lotta incessante, come fosse una guerra. A tratti impotente, contro un nemico che non conoscevamo».
Si dice però che lei in quei giorni non rispose alle chiamate dell' ospedale di Alzano...
«Non chiamarono me».
alzano lombardo
Dopo 5 mesi è cambiato l' umore?
«Resta la prudenza, ma se qui registriamo dati migliori che in altre zone d' Italia e soprattutto d' Europa significa che le misure che abbiamo adottato e il rispetto di chi le ha applicate hanno pagato».