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    DEI LIGRESTI NON RESTANO NEMMENO I RESTI - CON IL FALLIMENTO DELLE HOLDING, LA FAMIGLIA PERDE IL CONTROLLO DI PREMAFIN, LA CASSAFORTE SCASSATA CHE HA LE REDINI DI FONSAI - LE BANCHE, UNICREDIT COMPRESA, HANNO LASCIATO MORIRE SINERGIA E IMCO, E L’IMPEGNO DEL ‘FIGLIOCCIO’ CATELLA NON È BASTATO - ORA IL CERINO RESTA IN MANO A MEDIOBANCA…


     
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    Vittorio Malagutti per il "Fatto quotidiano"

    Salvatore LigrestiSalvatore Ligresti

    Un crac da 400 milioni di euro travolge due holding centrali nel sistema Ligresti. Il Tribunale di Milano ieri ha decretato il fallimento di Sinergia e della controllata Imco, entrambe controllate dal patron Salvatore assieme ai tre figli Giulia, Jonella e Paolo. La decisione dei giudici arriva dopo aver respinto la richiesta-proroga avanzata dai legali delle società insolventi.

    NagelNagel

    Questa volta il tempo è davvero scaduto per la famiglia assediata da oltre 2 miliardi di debiti. Negando il loro assenso al salvataggio, le banche hanno mandato un segnale forte e chiaro. Stop a proroghe e rinvii. Basta con una melina che dura da mesi. E di fronte a perdite in bilancio per decine di milioni, debiti per 400 milioni, di cui 335 milioni nei confronti degli istituti di credito (Unicredit in testa) e nessuna prospettiva a breve di far fronte alle passività, i giudici non hanno potuto fare altro che fischiare la fine della partita.

    La sentenza di ieri ha un effetto collaterale non trascurabile. Da ieri, infatti, i Ligresti non sono più gli azionisti di maggioranza di Premafin, la holding quotata in Borsa a cui fa capo il gruppo assicurativo Fonsai. Causa fallimento, la famiglia deve mollare la presa sul 20 per cento in portafoglio a Sinergia. Resta il 30 per cento spartito in parti uguali tra Giulia, Jonella e Paolo, mentre un altro 20 per cento circa intestato a fiduciarie off shore è stato messo sotto sequestro dai giudici.

    CARLO CIMBRICARLO CIMBRI

    Nel tentativo di evitare il crac, i Ligresti avevano fatto appello a Manfredi Catella, patron del fondo Hines ma soprattutto amico e sodale della famiglia. "È il figlioccio di don Salvatore", si dice da sempre nel mondo immobiliare per descrivere il rapporto con il quarantenne Catella. Negli ultimi anni il gruppo Fonsai ha fornito un appoggio finanziario decisivo per lo sviluppo dei grandi progetti immobiliari targati Hines.

    MATTEO ARPEMATTEO ARPE

    Uno su tutti: il gigantesco intervento edilizio che sta trasformando con grandi palazzi e grattacieli una zona centralissima di Milano, quella tra Porta Garibaldi e Porta Nuova. Un affare che vale oltre 2 miliardi di euro per 340 mila metri quadrati, pari, secondo alcune stime, addirittura al 10 per cento dell'intera torta degli sviluppi immobiliari in Lombardia. Anche Unicredit ha dato una mano. La grande banca, guarda caso grande creditore anche di Ligresti, trasferirà il suo quartier generale nella nuova torre (231 metri, il più alto edificio italiano) a Porta Nuova targata Hines.

    Dopo anni di operazioni in comune, l'amico Catella era pronto ad andare in soccorso delle due holding sul lastrico. Il piano presentato ai giudici prevedeva che Sinergia-Imco si sarebbero salvate girando immobili valutati 293 milioni a un fondo di Hines, che avrebbe pagato per 243 milioni accollandosi debiti del venditore e versando cash i restanti 50 milioni .

    ROBERTO MENEGUZZOROBERTO MENEGUZZO CATELLA MANFREDI FOTOCATELLA MANFREDI FOTO

    Niente da fare. Catella ha raccolto tra gli investitori la disponibilità a versare non più di 20 milioni sui 50 necessari per il salvataggio. Quanto alle banche, solo una, la Banca di Par-ma e Piacenza, ha dato via libera all'operazione. Troppo poco. I grandi creditori capeggia-ti da Unicredit, gli stessi che un anno fa avevano dato via libera all'ennesimo piano di ristrutturazione del debito per salvare le holding, questa volta non hanno mosso un dito. E il fallimento è stato inevitabile, perchè come si legge nella sentenza, la situazione di insolvenza diventa irreversibile. Il crac di Sinergia-Imco "non influisce sul piano di riassetto di Fon-sai", ha commentato ieri il numero uno di Unicredit, Federico Ghizzoni, alludendo al salvataggio (più che mai in mezzo al guado) architettato da Mediobanca e pagato dai piccoli azionisti e da Unipol.

    FEDERICO GHIZZONIFEDERICO GHIZZONI

    Certo è che il naufragio delle due società apre un nuovo fronte d'incertezza. I Ligresti sono assediati dalle indagini della magistratura (il patron è sotto inchiesta per aggiotaggio e ostacolo agli organi di vigilanza), a cui si aggiunge anche quella sulle operazioni in conflitto d'interessi concluse negli anni scorsi tra le due holding (ora fallite) della famiglia (che ci ha guadagnato decine di milioni di euro) e il gruppo Fon-sai. Per questo le banche vorrebbero che Salvatore e figli si facessero in fretta da parte. Ma quelli resistono e minacciano nuove cause in tribunale. Arrivederci alla prossima puntata.

     

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