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    LA "FACCIA DA CANE BASTONATO" L'ABBIAMO INVENTATA NOI - DEI RICERCATORI AMERICANI HANNO SCOPERTO CHE I CANI HANNO SVILUPPATO DEI MUSCOLI FACCIALI UTILIZZATI PER LE ESPRESSIONI FACCIALI PER COMUNICARE CON L'UOMO - QUESTE FIBRE MUSCOLARI, A CONTRAZIONE RAPIDA, NON SONO PRESENTI NEI LUPI, DA CUI PROVENGONO, CHE HANNO MUSCOLI FACCIALI A CONTRAZIONE LENTA - "NON È UN ADATTAMENTO NATURALE, LA SELEZIONE OPERATA DALL'UOMO STA RIDUCENDO LA VARIETÀ GENETICA, PER CREARE RAZZE SEMPRE PIÙ ADATTE AI NOSTRI GUSTI…"


     
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    Paolo Travisi per “il Messaggero”

     

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    Occhi tenerissimi e sguardo dolce, sembra mancare solo la parola. Chi ama i cani vive ogni giorno queste situazioni. Ed è lecito chiedersi se gli amici fidati dell'uomo si siano adattati al nostro stile di vita domestico, e perché no, anche al nostro modo di comunicare le emozioni con lo sguardo, usando i muscoli facciali per chiedere attenzione. Grazie alla loro espressività, infatti, gli influencer costruiscono carriere e fortune postando immagini sui social.

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    GLI OCCHI

    Uno studio americano, condotto dai ricercatori della Duquesne University di Pittsburgh, sotto la guida di Anne Burrows, ha esaminato i muscoli mimetici, quelli utilizzati per le espressioni facciali, scoprendo che dal punto di vista fisiologico, i cani hanno molta più somiglianza con gli esseri umani che con i lupi, stirpe da cui provengono. E già tre anni fa un'altra ricerca sosteneva che un muscolo specifico intorno agli occhi dei nostri amici fido, si fosse evoluto al punto da rendere possibile all'animale di alzare il sopracciglio in modo implorante e irresistibile.

     

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    Semplice adattamento, frutto delle note teorie darwiniane, o selezione della razza innestata proprio dall'addomesticamento indotto dall'uomo nei secoli? «Non è un adattamento naturale, nel senso che tutti i caratteri estetici che i cani hanno sviluppato hanno portato alla creazione di parametri graditi all'uomo e queste sono anomalie, perché i cani non sono animali selvatici che devono adattarsi geneticamente all'ambiente per sopravvivere» spiega Francesco Filiciotto, biologo e veterinario dell'Istituto scienze polari del Cnr, aggiungendo che «la selezione operata dall'uomo sta riducendo la varietà genetica, per creare razze sempre più adatte ai nostri gusti, mentre nei gatti sono meno evidenti perché la selezione è meno spinta».

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    La storia evolutiva del cane ha inizio nel Paleolitico, quando i lupi si avvicinavano alle feste umane attorno al fuoco, mangiando gli scarti di cibo, finché l'uomo non ha capito di poter stabilire una connessione con il lupo, divenuto la prima specie addomesticata. L'ipotesi degli scienziati americani è che dietro a quelle espressioni così tenere e comunicative dei cani (effetto di 16 movimenti facciali che talvolta si combinano tra loro) ci siano delle fibre muscolari che sono in grado di contrarsi più rapidamente, come quelle degli uomini, consentendo espressioni facciali più espressive, ma portando a una rapida stanchezza i muscoli interessati.

     

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    Ai lupi che ululano alla luna, allungando i muscoli del viso, questo non accade, perché hanno una porzione di fibre muscolari a contrazione lenta, andate perse con l'addomesticamento. Ecco la differenza sostanziale che ha portato alle espressioni umanizzate di fido. «Faccio un esempio. Nel corso degli anni si sono cercati cani sempre più bassi, con il femore molto corto, che si sono fatti incrociare con altri con una struttura completamente diversa, con l'obiettivo di portare questo carattere secondario nella nuova razza» spiega ancora Filiciotto. Però c'è un'altra questione, centrale nella ricerca sviluppata all'Università di Pittsburgh, che riguarda proprio le espressioni in funzione delle emozioni.

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    L'ADATTAMENTO

    «È probabile che ci sia stata una selezione di razze da parte dell'uomo che ha portato nel tempo i cani a un'espressione più umana» precisa l'esperto del Cnr, anche perché Darwin ci ha insegnato che l'adattamento di ogni specie è funzionale alla sopravvivenza. Ogni specie si evolve per meglio vivere in un determinato habitat, perché l'obiettivo di ogni animale, uomo compreso, è sopravvivere.

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    Infine «possiamo anche ipotizzare che il cane abbia adottato una sorta di empatia e di imitazione, adattandosi alle esigenze estetiche dell'uomo, come una forma secondaria di sopravvivenza, per migliorare le condizioni di vita dell'animale. Come dire, se piaccio così cerco di adeguarmi, ma sostenere che il genoma si sia modificato in funzione di uno stato emotivo, parametro non misurabile dalla genetica, non è possibile». Plausibile che la verità stia nel mezzo. In parte selezione dell'uomo, in parte adattamento per vivere in salotto.

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