Leandro Del Gaudio per "Il Messaggero"
marcello dell utri
Ha pianto quando gli hanno comunicato la notizia dell'assoluzione. E ha ripetuto un concetto espresso di recente, nel corso del processo al sacco della biblioteca dei Girolamini: «Non ho rubato libri - aveva detto - né ho favorito la carriera di qualcuno, in cambio di testi antichi».
Ieri, di fronte all'assoluzione, l'ex senatore di Forza Italia Marcello Dell'Utri ha spiegato: «Sono contento che le ragioni della difesa abbiamo infine trovato ascolto. Questa sentenza mi restaura in buona parte l'anima bibliofila, ma non può purtroppo restituirmi quella integrità fisica e serenità psicologica che mi sono mancate in tanti anni di accuse giudiziarie e mediatiche».
marcello dell utri assolto sul caso della biblioteca girolamini
NON C'È PECULATO
Prima sezione penale (presidente Pellecchia) del Tribunale di Napoli: assolto perché il fatto non sussiste. Cade l'accusa di peculato, in relazione alla nomina di Marino Massimo De Caro come direttore della biblioteca di via Duomo, che - secondo l'accusa iniziale - sarebbe stata ricompensata con il dono di alcuni testi antichi, da parte dello stesso De Caro.
Per Dell'Utri, la Procura aveva chiesto una condanna a sette anni, nell'ambito di una più ampia indagine che ha riguardato l'appropriazione di diversi testi (alcuni ritenuti inestimabili), proprio sotto la gestione di De Caro. Spiegano gli avvocati Francesco Centonze e Claudio Botti, legali dell'ex senatore: «Siamo soddisfatti, perché siamo riusciti a dimostrare che con la nomina di direttore di De Caro, Dell'Utri non ha svolto alcun ruolo».
marino massimo de caro
Una vicenda investigativa che si è via via arricchita di intercettazioni telefoniche, acquisizioni di documenti, di confessioni parziali da parte dello stesso De Caro. Stando alle sintesi dei carabinieri del contenuto di alcune conversazioni, Dell'Utri e De Caro si incrociavano in conventi o in biblioteche, a Milano o a Roma, per ragionare di testi. E tra i titoli citati da De Caro, c'erano autori del prestigio di Vico e Moro. Fu poi lui, il direttore De Caro, a sostenere di aver consegnato sei libri a Dell'Utri.
Scattò un primo intervento dei carabinieri in via Senato a Milano, dell'allora leader forzista, che culminò in un doppio risultato: il ritrovamento dei libri offerti dal direttore; e la consegna - sponte sua - di altri sette libri, sempre indicati come gentile concessione dello stesso De Caro.
MARCELLO DELL UTRI E SILVIO BERLUSCONI
Ma conviene rimanere al valore dei testi finiti sotto sequestro e ricondotti a Napoli, al termine della prima fase investigativa. Siamo nel 2014, quando i carabinieri sono alla ricerca dei libri spariti da Napoli.
Ne ottengono tredici, anche se non è stato mai ritrovato un testo prezioso, forse il più pregiato tra quelli trafugati a Napoli: parliamo della edizione cinquecentesca della Utopia di Tommaso Moro, un libro inventariato e citato come uno dei pezzi pregiati del complesso monumentale di via Duomo.
marcello dell utri libri antichi
I VOLUMI
Fatto sta che tra i «regali» di De Caro, sono saltati fuori la legatura cinquecentesca «Canevari», nonché un'edizione de «Il Principe» di Leon Battista Alberti. Poi: l'«Artificium Perorandi» di Giordano Bruno, il «Clavis Artis Lullianae» di Johann Heinrich Alsted; il «De rebus gestis» di Giovanbattista Vico, che pure De Caro aveva ammesso di aver consegnato al senatore.
Unica lacuna, quella rara edizione del 1518 della Utopia di Moro, che finisce al centro di una sorta di palleggio di responsabilità. Un giallo internazionale. Nella sua memoria difensiva, infatti, Dell'Utri cita l'Utopia come donazione dello stesso De Caro, che - dal canto suo, però - declina ogni responsabilità a proposito della scomparsa di quel volume.
Marcello Dell'Utri
Ma che fine ha fatto l'ex direttore dei Girolamini? Tornato nella sua Verona, De Caro ha scontato una condanna a sette anni e mezzo per il saccheggio del complesso che avrebbe dovuto tutelare e amministrare. Difeso dai penalisti Leo Mercurio e Ester Siracusa, attende gli esiti del processo per devastazione e saccheggio. Un caso nato all'inizio dello scorso decennio, che ha fatto emergere la vulnerabilità delle testimonianze antiche a Napoli. E il furto di pochi giorni fa, a Napoli, del dipinto Salvator Mundi di scuola leonardesca dalla basilica di San Domenico Maggiore è solo l'ennesima conferma.