PUTIN
Marco Imarisio per corriere.it
VLADIMIR PUTIN ATTACCA I TRADITORI
«Cari cittadini russi, cari amici...». Cominciò così, la guerra. Ancora prima delle bombe su Kiev. Con un discorso andato in onda la sera del 21 febbraio, con il quale Vladimir Putin spiegava le ragioni di quel che sarebbe successo a breve. Da quel momento, apparve chiaro che sarebbe stato solo questione di come e quando l’Ucraina sarebbe stata invasa.
Quel che nessuno sapeva è che nello stesso giorno era stato registrato anche il messaggio di guerra e trasmesso poi a reti unificate all’alba del 24 febbraio. Da allora, ci siamo dentro. Passiamo le nostre ore a immaginare scenari di pace, a illuderci per ogni spiraglio. Poi arriva lui. Che sia per convocare all’altro capo del suo lunghissimo tavolo gli oligarchi o i capi delle Forze armate, che sia per il settimanale incontro a distanza con i suoi ministri.
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Ogni volta fa terra bruciata. Con la stessa espressione inerte. Quasi sempre con le stesse parole, che non cambiano mai, e non lasciano spazio a compromessi o speranze. È arrivato forse il momento di comporre un piccolo dizionario del lessico putiniano di queste ultime tre settimane. Perché ci potrebbe servire anche nel prossimo futuro, purtroppo. E i precedenti fanno pensare che non avrà bisogno di molti aggiornamenti.
SPAZIO SPIRITUALE - Non è la più roboante o la più minacciosa delle sue espressioni, ma è una delle più importanti. E infatti la ripete spesso. Nella sua personalissima interpretazione della storia, la Russia, la Grande Madre Russia, è uno spazio spirituale ingiustamente spezzettato in tanti Stati diversi da Lenin e dalla rivoluzione del 1917. Nel suo saggio del luglio 2021 dal titolo “Sull’unità storica di russi e ucraini”, il presidente russo scrive che Russia e Ucraina sono lo stesso spazio storico e spirituale, e il muro che si è innalzato tra loro in questi anni è una disgrazia. Lo spazio spirituale è la password per giungere alla negazione di qualunque identità del popolo ucraino.
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DENAZIFICAZIONE - Lo declina in tanti modi diversi, e lo usa sempre. Secondo Putin, l’Ucraina è una nazione governata da nazisti, che attentano alla vita della popolazione filorussa del Donbass, quindi va depurata, denazificata. È un modo per cercare una legittimità storica all’invasione in corso.
Nel 2020, la Costituzione russa ha inserito al suo interno un articolo per «proteggere la verità storica», creando una vera e propria dottrina di Stato, che si basa su un patriottismo portato all’estremo, secondo il quale la Russia è l’unica nazione ad avere sconfitto i nazisti, dopo che le debolezze occidentali avevano consentito a Hitler una avanzata inarrestabile. Il concetto di denazificazione non significa la sconfitta di quella ideologia, ma è solo la sconfitta dei nemici della Russia, che per definizione sono tutti nazisti.
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BANDA DI DROGATI - Nella cosmogonia di Putin, non esiste insulto peggiore. Neppure «pedik», il termine dispregiativo riservato agli omosessuali che il presidente utilizza spesso.
Vladimir Putin 10 marzo 2022
Quando il 25 febbraio, dopo la prima notte di bombardamenti, si rivolge ai militari delle forze armate ucraine invitandoli a prendere il potere, perché «con voi sarebbe più facile trovare un accordo che con questa banda di tossicodipendenti e neonazisti», sta mettendo Vladimir Zelenski e il governo di Kiev al livello più basso della sua personalissima scala evolutiva. Il disprezzo di Putin per i tossicodipendenti si riflette sui metodi disumani usati nei loro confronti in Russia, dove peraltro l’eroina è una piaga sociale. Il metadone è quasi illegale, e le terapie si ispirano alle cure psichiatriche del primo Novecento.
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REGIME BANDERISTA - Putin ripete spesso che Kiev si trova sotto «un regime banderista». È uno degli insulti più comuni che riserva ai governanti ucraini, ripetuto il 25 febbraio, il 3 marzo e altre volte, e uno dei più misconosciuti da noi. Deriva da Stepan Bandera, fondatore dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini, collaborazionista, criminale di guerra, complice del massacro di migliaia di ebrei polacchi e di decine di soldati dell’Armata rossa. A Putin non sfugge certamente il fatto che Bandera fu assassinato nel 1959 a Monaco di Baviera da un agente del KGB russo. Anzi.
DIFESA - Può sembrare sorprendente, per il resto del mondo che lo considera come l’aggressore. Ma è il vocabolo più utilizzato da Putin durante le sue apparizioni pubbliche, almeno così ha stimato il Levada Center, uno dei pochi centri studi indipendenti russi. Perché «giustifica» la cosiddetta operazione militare speciale e tutto quel che ne consegue.
putin judo
Dietro questa parola si cela un punto fondamentale della strategia di Putin. Le minoranze russe fuori dai confini nazionali diventano un pretesto per rivendicare l’unità della nazione. Anche se la guerra del 2014 nel Donbass non è mai stata spiegata a dovere, perché il Cremlino sosteneva di non essere coinvolto, il sottotesto era ben chiaro. Difendere i russi. Anche se nessuno li minaccia. E mantenere così la Russia in uno stato di eccitazione patriottica permanente.
GENOCIDIO - Putin ha definito così quel che secondo lui è accaduto nei territori secessionisti filorussi nell’est dell’Ucraina. Da dicembre, quando l’esercito di Mosca ha cominciato ad ammassarsi ai confini, questa accusa infondata ha risuonato di continuo. Non è una novità. La prima volta che Putin usò questo termine fu nel 2008 per giustificare l’intervento in Georgia al fine di «proteggere dal genocidio» la popolazione russofona dell’Ossezia del Sud. «Andiamo in soccorso dei nostri fratelli». Tale e quale. Nel 2008 e nel 2022.
putin e la minaccia nucleare 9
OCCIDENTE - L’ormai celebre «discorso della vittoria», apparso online per errore la mattina del 27 febbraio, scritto da un giornalista fedelissimo di Putin, quindi quasi un apocrifo, contiene un passaggio illuminante. «Questo è un conflitto tra la Russia e l’Occidente, una risposta all’avanzata dell’atlantismo… la Russia non ha solo lanciato una sfida, ha dimostrato che il dominio occidentale è ormai finito. Cina, India, il mondo islamico e l’Africa, il sud est asiatico, tutti hanno capito grazie a noi che ormai l’epoca della dominazione globale dell’Occidente è terminata».
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Per Occidente, Putin intende gli Usa, il grande Satana. L’Unione europea non è che una nota a margine, citata solo due volte nell’ultima settimana e sempre accompagnata dal termine «marionetta». Degli Stati Uniti, naturalmente. L’Occidente come un tutt’uno, contenitore di ogni vizio possibile, terra di mollezze e delle «cosiddette libertà di genere», come ha detto mercoledì sera. L’Occidente che vuole trattare, ma intanto trama nell’ombra, crea anti-Russie ai confini, «cercando di mandare in pezzi la nostra società e di distruggere la Russia». Bentornata, guerra fredda.
PULIZIA - Si tratta di un nuovo arrivo. E non riguarda l’Ucraina. Mercoledì sera Putin ha parlato delle necessità di fare pulizia a casa propria, distinguendo i veri patrioti dai bastardi e dai traditori. Ieri mattina il suo fedele portavoce, Dmitrij Peskov, ha rifinito il messaggio. «Molti stanno mostrando la loro essenza: sono traditori. Svaniscono dalle nostre vite. Alcuni lasciano il lavoro, alcuni lasciano il servizio attivo, alcuni lasciano il Paese e si trasferiscono all’estero. Alcuni commettono reati e vengono puniti dai tribunali.
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È così che la Russia viene purificata». Mosche, etc. I presunti traditori, ovvero coloro che cercano di lasciare la Russia, non sono persone. Vengono definiti come moscerini, da sputare e schiacciare come quando entrano in gola. Si chiama disumanizzazione del nemico. Putin la usa da sempre. Boris Berezosvkij, l’oligarca ribelle che fuggì a Londra, dove si suicidò nel 2013, era «un verme», l’imprenditore dissidente Michail Chodorkovskij invece «un agnellino capace solo di belare». Mai esseri umani. Sono nemici, quindi animali o insetti.
Putin Lavrov