Giulio De Santis per il “Corriere della Sera - ed. Roma”
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Si è impiccato nella sua cella, dove si trovava «senza titolo» perché il giudice ne aveva disposto il trasferimento in una Rems in quanto soggetto a rischio suicidio. Di eseguire il provvedimento avrebbe dovuto occuparsi la direttrice del carcere di Regina Coeli, Silvana Sergi, per la quale la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio con l'accusa di morte come conseguenza di altro delitto, limitazione della libertà personale e omissione d'atti d'ufficio.
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Le stesse accuse sono contestate a Grazia De Carli, dirigente dell'ufficio VI della direzione generale detenuti del Dap (dipartimento amministrazione penitenziaria). Anche per lei c'è la richiesta di rinvio a giudizio. In precedenza il pm aveva sollecitato l'archiviazione della posizione delle due imputate. Istanza respinta due volte dal gip che, nell'ottobre del 2020, ha ordinato l'imputazione coatta di entrambe.
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La tragedia risale al 24 febbraio del 2017. Quello è il giorno in cui viene trovato morto con una corda al collo Valerio Guerrieri, 22 anni, condannato dieci giorni prima dal Tribunale a quattro mesi di carcere per resistenza e lesioni con rito abbreviato. Contestuale alla sentenza del 14 febbraio di quattro anni fa è il provvedimento di revoca della detenzione in carcere.
Decisione motivata dalle tendenze suicide riscontrate dal perito nominato dal giudice. Perché in quei dieci giorni il provvedimento sia rimasto disatteso, è l'interrogativo cui dovrà dare una risposta il gup ed eventualmente il Tribunale.
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«Valerio era un ragazzo problematico. Ma se fosse rimasto in vita avrebbe potuto essere curato», dice l'avvocato Claudia Serafini, difensore fin dal 2014 di Guerrieri e ora legale della famiglia del ragazzo. Il coinvolgimento della direttrice del carcere è l'ultimo atto di un dramma che ha già coinvolto sette agenti della penitenziaria di Regina Coeli e un medico, accusati di omicidio colposo, per non aver effettuato i controlli previsti sul ragazzo sottoposto alla misura «della grande sorveglianza».
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Nel 2016 Valerio, incappato in guai giudiziari fin da minorenne, viene arrestato per resistenza e lesioni. Durante il processo, il giudice Anna Maria Pazienza nomina un perito per sottoporre il giovane a una perizia psichiatrica. L'esito è chiaro: «Il paziente è ad alto rischio suicidario». La conclusione spinge in ogni modo il giudice a disporre, oltre alla condanna, il trasferimento in una rems. Il 14 febbraio, però, Valerio torna in carcere. Dove rimarrà «senza titolo» fino alla morte.
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