SCONTRO DI DUE TRENI IN PUGLIA
1 - LO SCHIANTO FRA I TRENI I PRIMI TRE INDAGATI IL PM: "È SOLTANTO L' INIZIO"
Antonio Fraschilla per “la Repubblica”
Tre indagati che verranno formalizzati nelle prossime ore: i due capistazione, più il responsabile movimento della stazione di Andria. Ma un' indagine che mira ad altro: capire se ci sono responsabilità istituzionali sulla mancanza di sistemi di controllo, se in qualche modo il traffico aumentato dei treni abbia causato l' errore, come da tempo denunciano i sindacati. E se i soldi per i lavori di innovazione siano stati spesi male o per niente. Lo dice chiaramente il procuratore reggente di Trani, Francesco Giannella: «Non ci accontenteremo della prima verità».
VITO PICCARRETA
Lo conferma nella delega d'indagine con la quale spacchetta l' inchiesta sul disastro ferroviario delle Ferrovie del Nord barese in tre fascicoli: il primo sulla dinamica. Il secondo che punta invece a capire il perché i sistemi automatici di sicurezza non fossero attivi su quella linea. Il terzo mira invece a capire come è stata spesa la pioggia di soldi pubblici (poco meno di 100 milioni di euro) arrivati in questi anni. Il primo filone, affidato ai sostituti Antonio Savasta e Silvana Merra, parte da un punto fermo.
È chiaro che il convoglio ET1023 arrivato alla stazione di Andria alle 11,37 non doveva partire. Il capo stazione Vito Piccacreta però ha dato il via libera. Perché? C' è stata una "perturbazione" di traffico, hanno spiegato i tecnici. Per via di alcuni lavori in corso sulla linea, i treni in direzione nord avevano accumulato ritardo. Per questo l'azienda aveva deciso di inserire un treno supplementare.
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Questo significa che nell'ora precedente all'incidente invece di avere i soliti due treni in arrivo da Corato, Piccacreta ne aveva tre. Questo gli era stato comunicato con uno dei fonogrammi, ora acquisito alle indagini insieme alle immagini delle telecamere interne e le due scatole nere (una delle quali era stata danneggiata). Per via dei ritardi c'era stata però una sovrapposizione di orari. Beffa: il treno arrivato precedentemente aveva accumulato ulteriore ritardo per un intoppo alla stazione di Corato.
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Era dovuto addirittura ritornare indietro perché avevano dimenticato di fare scendere una ragazzina disabile. Tutto questo (il treno aggiuntivo, i ritardi), insieme con alcune manovre di treni fermi in stazione ad Andria, è possibile che abbiano mandato in confusione Piccacreta che ha fatto partire l'ET 1023 quando non doveva. Il capostazione di Andria ha però avvisato i colleghi di Corato della partenza.
Che non sono intervenuti. Avendo avuto la comunicazione della partenza dell'ET da Andria avrebbero potuto accorgersi del disastro. Il loro treno era partito da 5 minuti, quando per coprire la tratta di 18 chilometri ne servono 10. E infatti dopo circa 180 secondi c' è stato lo scontro. Ma i pm dovranno però svelare anche se è vero, come denunciano i sindacati, che su quella tratta le cose erano peggiorate da quando c' era una maggiore circolazione di treni con pressione sugli orari, nonostante il personale fosse rimasto lo stesso.
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I ferrovieri, ascoltati, hanno raccontato che non era la prima volta che si verificavano dei problemi sulla linea. È questa la partenza del secondo livello di indagine con al centro le autorizzazioni: l' Ustif (l' organo di controllo per la sicurezza sulle ferrovie concesse) aveva approvato al dicembre 2017 per l' introduzione del sistema di controllo. Nonostante, dice la Regione, avessero già messo i soldi sul piatto per farlo partire. Regione che aveva finanziato il raddoppio del binario pronto per il 2015. L' appalto invece non è stato nemmeno aggiudicato. Toccherà alla procura capire il perché.
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2 - "SÌ, HO ALZATO LA PALETTA MA SONO ANCH' IO VITTIMA DI QUESTO DRAMMA"
Giuliano Foschini per “la Repubblica”
«In questa storia anche noi siamo delle vittime. Siamo disperati ma un solo errore non può aver causato tutto questo». Al primo piano di una palazzina nella zona dello stadio di Corato, il capo stazione di Andria Vito Piccacreta e sua moglie sono barricati nel dolore. Lia è appena tornata da Medjugorje dove era andata con don Vito, il prete della parrocchia del Sacro Cuore che la famiglia frequenta da sempre. Sua figlia non è andata al lavoro, un negozio di telefonini in centro che gestisce nel centro della città.
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«È gente per bene, saranno distrutti», dicono al panificio di fronte. E hanno ragione. Sono distrutti: «Stiamo soffrendo, quelle immagini sono inaccettabili, tutto quel dolore, quello che è accaduto è incredibile. Ma non è pensabile dare la colpa di quello che è successo soltanto a un errore umano. Non è così», dice la signora.
E probabilmente ha ragione: non può essere soltanto un errore umano. Lo ha detto chiaramente il procuratore aggiunto Francesco Giannella: «Non ci fermeremo assolutamente alle prime responsabilità. L'errore umano è soltanto il punto di partenza di questa storia».
Spiega un investigatore: «Il problema non è il binario unico perché in Italia la maggior parte dei treni viaggiano sul binario unico. Il problema è il sistema di controllo che ovunque è automatizzato tranne che qui». Qui fanno tutto i capistazione e i macchinisti. E se sbagliano tocca soltanto a loro rimediare. Gli intoppi sono sempre accaduti.
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Ma prima era molto più facile rimediare perché su questa linea viaggiavano pochi treni. Da qualche anno, da quando le Ferrovie del Nord Barese sono state rilanciate, e ancora di più negli ultimi mesi con l' introduzione del metro per l'aeroporto di Bari, le corse sono aumentate. E c'è stata grandissima attenzione ai ritardi: treni supplementari, corse eccetera. Questo ha portato un carico di lavoro maggiore pur lasciando inalterate però le obsolete tecnologie di sicurezza. Risultato: lo scontro.
Piccacreta d'altronde non fa un mistero di quello che ha accaduto: «È vero quel treno non doveva partire. E quella paletta l'ho alzata io: non sapevo che da Corato stesse arrivando un altro treno per questo ho dato il via libera», spiega oggi, così come ha confermato ai funzionari che stanno conducendo l'inchiesta interna. A loro ha provato a spiegare che quella era stata una giornata complicata, i treni che portavano ritardo, c'era stata l' aggiunta di un treno supplementare e dunque in quel lasso di orario era previsto l' arrivo di tre treni e non dei soliti due, i macchinisti che assemblavano nuove vetture per sopperire il ritardo. «È stata una giornata molto particolare», dice. «Ma quello che è successo è troppo».
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Troppo. «So che ora se la prenderanno tutti quanti con noi», dice la signora Lia, a casa. «Mio marito è il capro espiatorio perfetto. Ma non è giusto: perché è un lavoratore serio, in questi anni ha fatto sempre e soltanto il suo dovere. Questa è una tragedia troppo grande per noi. È un lutto, abbiate rispetto del nostro dolore». Ecco perché questo capostazione di Andria non è Schettino. Non c'era alcuna ragazza che ballava nella sua stanzetta dello scalo di Andria. Non ha abbandonato nessuna nave. Ha commesso un errore, un gravissimo errore ma ha perso un amico.
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Un caro amico: Pasquale Abbasciano, uno dei macchinisti morti nello scontro era come uno di famiglia. Stessa città, stesso lavoro, tutti i giorni l' incrocio su quel binario. Uno a bordo del treno, l'altro alla guida delle vetture. «Era uno di noi», racconta fuori dalla chiesa Cataldo Angione, uno dei colleghi. «Vito è persona seria e scrupolosa. Grandissima esperienza. Ma sotto pressione, come sono i nostri colleghi negli ultimi tempi, è più facile sbagliare». Dicono gli amici e colleghi alla stazione di Andria, dove l' azienda ha dato loro la consegna del silenzio: «Non dovete chiedere a Vito perché ha alzato quella paletta ma a qualcun altro perché non è in grado di controllare il nostro lavoro. Noi guidiamo treni. Non siamo piloti di aereo».
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Nel pomeriggio le finestre di casa Piccacreta sono chiuse. In serata un lungo fiume di persone è per strada. Sono qualche centinaio, portano candele in mano e hanno la faccia rigata dal pianto. Corato è una città segnata dal dolore, molte delle vittime, a partire proprio dai colleghi di Vito, vivevano in questo paese. La città è a lutto, le saracinesche sono abbassate, questa marea di ragazzi è partita da piazza Cesare Battisti e si dirige in silenzio verso la stazione. In testa c' è un prete e un fascio di fiori bianchi. Lia dice: «Ci odieranno» e invece qui in mezzo in molti conoscono Vito, ne parlano con calore misto anche ad affetto.
SCONTRO TRA DUE TRENI IN PUGLIA
SCONTRO TRA DUE TRENI IN PUGLIA
«Uno come lui, seppur con la sua fede, non potrà reggere un dolore così grande » dice Luca Fiore, un ragazzo che frequentava la stessa parrocchia. Il corteo si spinge fino alla stazione, le candele si poggiano per terra. Qualcuno abbozza un applauso, si piange, i ferrovieri si abbracciano. Da poche ore è arrivata la notizia che Vito è stato sospeso. Una ragazza inserisce i soldi in una biglietteria automatica. In lontananza, nessun rumore di rotaie.