Domenico Quirico per “la Stampa”
DOMENICO QUIRICO
Dopo più di un decennio di questa Migrazione, che porterà per sempre il nome di Lampedusa, davanti all'ennesimo decreto governativo anti "invasione", coloro che si proclamano difensori dei migranti, giuristi, politici, buoni samaritani professionisti o volontari, non sembrano aver fatto alcun passo avanti. La Migrazione pare ormai esulare dal tempo della Storia, dal tempo normale. E questo è orribile.
Con l'esperienza accumulata in dieci anni di fatica bisognerebbe cominciar da capo. Invece ci si accontenta di scremare nelle brutalità del legislatore il numero delle scelleratezze più comuni. Ci si appaga di un minimo di inibizioni, l'ideale di rado supera un concetto di approssimativa giustizia.
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Ovvero che sia consentito alle navi delle Ong di operare senza troppe minacce, che non si fulminino ammende o peggio ancora sequestri, insomma il vecchio arsenale dei dispotismi cauti che ricorrono volentieri a gabellieri e altri arnesi del fisco. Singolare che nessuno denunci che si trasformano così i vagabondi delle frontiere in eterni assenti, si baratta la pietà con una attesa vuota di soluzioni. Siamo immersi, anche i volenterosi, da anni! in questo malessere senza soluzione, molto più triste e sconfortante del dolore.
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Quello che sembra intoccabile dalle due parti, quella degli xenofobi con i loro sussulti di paura, diffidenza e odio e quella degli uomini di buona volontà, è il concetto che la migrazione sia qualcosa di ineliminabile, maledizione o benedizione a seconda dei punti di vista, in cui siamo e saremo impeciati per sempre.
Anche questo dibattito di fine anno, vedrete, finirà annegato in una palude di emozioni e pregiudizi. Raccontarlo fornirà un inizio e una fine apparente a qualcosa che ne è privo.
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Si è fatto teatro, niente più. La Migrazione, ahimè, in dieci anni si è fatto Sistema a cui tutti, buoni e cattivi, attingono delle ottime ragioni perché continui: tutti meno evidentemente i migranti, che paiono condannati, per copione, a un eterno Viaggio, viandanti senza riposo, raminghi senza casa.
Essi si ritrovano nel loro ruolo di anime morte che vanno trattate da anime morte. In fondo è un'altra forma di presenza. A meno che anche loro, i questuanti, i brindelloni, gli sciagurati, prima o poi, dopo aver consumato labbra e ginocchia in qualche devozione, non trovino rifugio negli angoli meno commendevoli delle nostre cattive abitudini di fortunati e soddisfatti. Eccola la integrazione!
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Qualsiasi sia il fine aiutiamoli o respingiamoli, si indicano come cause della migrazione, in modo generico, senza specificazione geografica sociale politica, senza nomi e cognomi: la guerra, l'accidente climatico, la voglia di viver meglio, l'avidità umana, miti che si propagano sui notiziari, di origine incerta.
Quello che nessuno dice è che la Migrazione, anche questa, soprattutto questa è una conseguenza della lotta di classe in vaste zone del mondo cosiddetto povero, terriccio per tutte le infamie di presidenti, dittatori, ministri imprenditori manutengoli, canaglie di governo e di sottogoverno che la rendono possibile e la alimentano. E quindi annullare la Migrazione consiste nell'eliminare dal Presente storico queste classi di potere che con la nostra attiva collaborazione di Occidente continuano, rubando e violentando, a produrre migranti.
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È sconsolante che dopo dieci anni buoni e cattivi si accordino nell'ignorare questa Storia, facendo emergere il migrante quando si materializza su qualche barca dal Vuoto.
Per ricacciarlo indietro o per salvarlo dal naufragio. Scomodando i bei racconti sull'ospitalità... l'ospite sacro per il patriarca biblico, per il greco dell'Iliade, e per il beduino nella tenda.
Con questo stratagemma ognuno continua ad avere il suo ruolo, il razzista smania con i suoi guazzetti di superstizioni muffite per ottenere consenso elettorale; e le Ong rimpastano alla meglio i loro meriti («senza di noi i morti sarebbero molti di più!». Vero: ma i morti?) per avere uno scopo, ottenere donazioni e distribuire stipendi ai samaritani, giustamente, di mestiere. Gli esperti "in utroque iure" riepilogano le pandette tentando di mutarle in mistiche invece di esigere applicazioni.
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Gli scafisti puntano al pratico, aggiornano le piste marittime e terrestri e allargano le connesse corruzioni. La Comunicazione vi trova il cantuccio di rattoppature di pietismo da esportazione, tiene in piedi un "genere" tutto rammendi ormai di luoghi comuni, la descrizione della cattiva sorte del migrante, le sue pene il lager libico, la traversata, gli anniversari delle tragedie più dolorose, ognuno accudisce la sua tela tutta rammendi di luoghi comuni. Il povero serve sempre.
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Per questo deve continuare a esistere. Riconoscere che il migrante è semplicemente la vittima di una lotta di classe brutale e senza pietà in alcune aree del mondo dove gli abitanti vivono con meno di due dollari al giorno imporrebbe ben altro impegno: rinnegare i regimi con cui "dobbiamo" tenere buoni rapporti perchè forniscono materie prime essenziali o presidiano zone del mondo in cui sciamerebbero i nemici della nostra sicurezza. Altro che guerre e povertà generiche, da predica della domenica: delitti politici con nomi cognomi e patronimici, imputati per processi e galere reali, altarini di nefandezze da scoperchiare con ben alimentate e benedette rivoluzioni.
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Si alzano subito guaiiti di raccapriccio: ma l'uranio il petrolio il gas il cobalto il rame dove andiamo a prenderli se non abbiamo complici in quelle parti del mondo? Per porre rimedio alla migrazione occorre imporre la giustizia a casa loro eliminando questi ciurmaglia di ladri al governo che sono i veri, riveriti scafisti.
I mezzi non ci mancano. Basta osservare come sappiamo applicarli implacabilmente contro potenze ben più pericolose che disturbano il buon ordine come la Russia e l'Iran: sanzioni, sequestri di beni a oligarchi, raiss e famigli depositati nelle banche nostre (ci ritroveremmo buona parte degli aiuti per lo sviluppo), divieti di uscita, svelamento di furti, soperchierie, bugie.