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    IN DAGO WE TRUST - OK, I GIORNALI MORIRANNO NEL 2043 MA LA VITA DELLE NUOVE TESTATE ONLINE (LINKIESTA, IL POST E LETTERA43) È DURA - A METTERLO NERO SU BIANCO È UNA RICERCA DELL’UNIVERSITÀ DI OXFORD - “APPARE INIMITABILE IL MODELLO DI SUCCESSO DAGOSPIA CHE, DA OLTRE 10 ANNI, HA COSTI RISTRETTI E PUNTA SUL TAGLIO CON CUI VENGONO PRESENTATI GLI ARTICOLI DELLA STAMPA ITALIANA E SUI SAPIDI COMMENTI DEL SUO DOMINUS ROBERTO D’AGOSTINO”…


     
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    Federico Mello per il "Fatto quotidiano"

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    I giornali cartacei moriranno pure nel 2043 - questa la funerea previsione del New York Times - ma la vita delle testate giornalistiche online è comunque dura. A metterlo nero su bianco è ora una ricerca dell'Università di Oxford e in particolare del suo Riji, Reuteurs Institute for the Study of Journalism. La ricerca ha analizzato i casi europei di start-up giornalistiche che vivono solo sul web e che quindi non godono dei vantaggi - in termini di ricavi, logo, struttura - dei siti web delle testate cartacee.

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    Anche in Italia sono sempre più numerose queste realtà - solo ieri è nato "ilRetroscena.it ", che si definisce " il primo sito di informazione in Italia, dedicato esclusivamente al retroscena politico di qualità". La ricerca si è però concentrata, oltre che su numerose realtà europee, sulle tre testate italiane più dinamiche: Linkiesta; il Post e Lettera43 (che proprio alla profezia del New York Times si ispira anche nel nome). Ebbene, la valutazione dei ricercatori è che il successo di queste testate, per ora, è rappresentato dalla stessa sopravvivenza: il loro futuro è incerto.

    Roberto DAgostinoRoberto DAgostino

    Linkiesta, si occupa appunto di inchieste, ma conta ancora pochi lettori. Più letti invece, sia Il Post, che ha come modello - non solo nel nome - ii blog, conta pochi giornalisti ma una copertura ampia degli argomenti trattati (anche grazie a numerose firme che proprio in rete si sono fatte conoscere); mentre Lettera43, diretta dall'ex giornalista del Sole 24 Ore Paolo Madron, ha forti capitali a sua disposizione, cerca di offrire una selezione semi-generalistica di notizie e sta lavorando sull'offerta di nuovi canali. Ma per tutti non è detto che, alla lunga, il gioco valga la candela.

    Luca SofriLuca Sofri

    Certo, la pubblicità online è in aumento, così come il numero di lettori di quotidiani su Internet (in tutto sono 6 milioni secondo gli ultimi dati Fieg). Ma i costi dell'informazione rimangono onerosi: difficilmente i conti stanno in piedi senza una robusta distribuzione in edicola. Appare inoltre inimitabile il modello di successo di Dagospia che, sulla piazza da oltre dieci anni, ha costi ristretti e punta da sempre sul taglio con cui vengono presentati gli articoli della stampa italiana e sui sapidi commenti del suo dominus Roberto D'Agostino.

    LILLI GRUBERLILLI GRUBER

    Come modello vengono citati anche i casi made in Usa dell'Huffington Post (che sbarcherà presto in Italia, in collaborazione con l'Espresso e diretto da Lilli Gruber), e di Politico.com , ambedue freschi vincitori del premio Pulitzer. Il problema, però, come al solito è linguistico: l'utenza a cui si possono rivolgere media italiani non è confrontabile con quella in lingua inglese. L'informazione online, come tutto sul web, è insomma per ora soprattutto esperimento. E chissà se nel 2044 non esisterà ancora qualcosa di molto simile agli attuali giornali di carta.

     

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