di battista di maio
Annalisa Cuzzocrea per “la Repubblica”
Dietro Luigi Di Maio, c' è Alessandro Di Battista. Ogni mossa è concordata. Ogni battaglia, studiata insieme nei minimi dettagli. Il capo politico e l' ex deputato si sentono spesso e si sono ritrovati d' accordo anche sulla lotta al fondo salva-Stati contrattato da Giuseppe Conte in Europa: «Se su questo lasciamo spazio alla Lega, va al 65 per cento», ha detto ai suoi collaboratori il ministro degli Esteri, prima di chiudersi per tre ore con i gruppi parlamentari in sala Tatarella alla Camera. Il leader M5S - per paradosso - si è di fatto messo alla guida dei ribelli.
raphael raduzzi
Ha fatto sue le argomentazioni dei deputati Raphael Raduzzi e Alvise Maniero, convinti che la trattativa sul fondo salva-Stati (cui possono accedere i Paesi europei in crisi finanziaria) sia stata condotta male. Che molti punti di quel meccanismo finirebbero per penalizzare l' Italia e aiutare le banche tedesche. Sono argomentazioni simili a quelle della Lega e Fratelli d' Italia. Cambiano i toni, non la sostanza. E la sostanza, nonostante Giuseppe Conte non cerchi lo scontro frontale col partito che lo ha indicato e scelga - dal Ghana - di attaccare solo la Lega, va in una sola direzione: contro il presidente del Consiglio. Che dovrà non solo chiedere un rinvio del voto del Consiglio europeo il prossimo 13 dicembre, ma anche lavorare a modifiche che possano far dire al Movimento (e soprattutto al suo leader) «Abbiamo vinto».
giuseppe conte luigi di maio
Così, mentre il leader M5S chiama il ministro dell' Economia Roberto Gualtieri per spiegargli che i 5 stelle metteranno sul suo tavolo la necessità di una serie di modifiche, raccolte dal sottosegretario alle politiche europee Laura Agea, e chiede un vertice di maggioranza che possa portare a una posizione comune con Pd, Leu, Italia Viva, tra i dem scatta l' allarme rosso per quella che un ministro definisce «l' insondabile escalation di Di Maio». Insondabile, perché al Nazareno non comprendono se possa fermarsi, o dove voglia arrivare.
LUIGI DI MAIO ROBERTO GUALTIERI
Alle orecchie di Nicola Zingaretti è stata sussurrata una certezza: il capo della Farnesina non ha incontrato Milena Gabanelli per parlare di Rai, ma per chiederle di candidarsi alla guida dell' Emilia Romagna per i 5 stelle. La giornalista ha declinato, ma il punto è: altro che «campagna soft», come aveva detto Di Maio nei giorni scorsi per rassicurare l' ala più governista del suo partito. Se ha fatto una mossa del genere, è perché il tentativo alle regionali sarà quello di fare male al Pd: «Quando sono andato a Bologna c' erano in sala 400 persone e di queste ce ne saranno state due che volevano appoggiare Bonaccini», ragiona il leader.
zingaretti di maio
Che dal momento in cui la piattaforma Rousseau ha votato sconfessando chi aveva proposto di non correre in Emilia e Calabria, ha rigirato quel voto in suo favore. Facendo rifugiare sotto la sua ala tutti quelli che finora avevano fatto asse con Di Battista: quindi Barbara Lezzi e l' idea di mettere in difficoltà il governo sull' Ilva; Danilo Toninelli e la battaglia contro le concessioni ad Autostrade, rilanciata allo spasimo negli ultimi giorni, fino alla benedizione di Beppe Grillo che ha iniziato sul suo blog una "Autostrade story" a puntate (senza pensare alle conseguenze nefaste sul salvataggio di Alitalia); infine, il voto a Straburgo.
gabanelli
Ben 4 europarlamentari non hanno appoggiato la nascita della commissione von der Leyen. E sono stati proprio loro a notare come da Roma non sia arrivato neanche un buffetto, una lettera dei probiviri, una minaccia. Nulla. Uno di loro è Ignazio Corrao, che non ha mai nascosto il legame con Di Battista e con quello che fino a poco tempo fa sembrava il "correntone degli scontenti", ma che adesso sembra quasi la nuova falange armata del capo. Talmente forte da arrivare a convincere praticamente tutti sul fondo salva-Stati (perfino Giuseppe Brescia - area Fico - si è alzato a dire: «Sono d' accordo con Luigi al 101 per cento»). Se poi il capogruppo M5S al Senato Gianluca Perilli arriva a proporre il sovranista Elio Lannutti, noto per un' infelice uscita antisemita e per fissazioni come quella sul signoraggio, alla presidenza della commissione banche, il cerchio è chiuso.
BEPPE GRILLO E LE CONCESSIONI AI BENETTON luigi di maio elio lannutti
Con la spiegazione di voler ricompattare il Movimento su temi forti e identitari, gli unici in grado - secondo Di Maio - di non farlo sprofondare ancora, il ministro degli Esteri lo riporta sull' asse sovranista. Di certo, lontano dal Pd e dal premier Conte. E Grillo? «Ma vi pare che Beppe possa avere la costanza di commissariare Luigi - è la risposta di uno dei big - di stargli vicino come ha detto?». La risposta è no. Non lo crede nessuno. A questo punto, neanche il Pd.
LUIGI DI MAIO ALESSANDRO DI BATTISTA BY LUGHINO ALESSANDRO DI BATTISTA E LUIGI DI MAIO