Paola Zanca per il “Fatto quotidiano”
luigi di maio
La paura, Nicola Zingaretti, ancora la camuffa bene. Parla di "alleanze competitive" da costruire "intorno a un candidato", si fa scudo della "voglia di autodeterminarsi" dei territori, che non vogliono essere "strumentalizzati dalla politica romana". Pensa all' Emilia-Romagna e alla terribile ipotesi che i Cinque Stelle, alla fine, possano decidere non solo di non sostenere Stefano Bonaccini, ma perfino di sfidarlo con un loro candidato alternativo. Un' idea "inaccettabile" per i dem, che usano una metafora piuttosto azzeccata per descrivere lo stato d' animo dei giallorosa alle prese con le Regionali: "È come se ad agosto avessimo deciso di andare insieme in vacanza in Antartide e poi, al primo weekend sul Gran Sasso, fossimo tornati indietro perché faceva freddo".
luigi di maio
Il voto del 26 gennaio - oltre all' Emilia si voterà anche in Calabria - per il Nazareno è il sintomo più evidente dell'"anima" che manca al secondo governo Conte, come ha detto ieri via Repubblica il segretario dem: l' unione nata sulle ceneri della crisi del Papeete si è sfilacciata alla prima grandinata, quella sconfitta in Umbria che ha fatto fare a Luigi Di Maio immediata retromarcia sulle alleanze locali.
Ecco, sarebbe quasi facile se fosse tutto qui: invece la riunione di lunedì sera tra il capo politico e gli esponenti emiliano-romagnoli del Movimento ha ulteriormente allargato la crepa. I referenti locali vogliono presentarsi alle elezioni, ovviamente contro Bonaccini, visto che di fatto - un paio di lustri fa - i Cinque Stelle sono nati a Bologna e dintorni, proprio in opposizione alla "ditta" che lì ha sempre governato. Così Di Maio, che sa che "sull' Emilia il governo rischia", è dovuto arrivare a minacciare di togliere l' uso del simbolo, se qualcuno volesse correre comunque. Quel qualcuno esiste: tant' è che in consiglio regionale hanno già verificato che basterebbe formare adesso un nuovo gruppo consiliare per evitare la grana della raccolta firme.
di maio ilva
È lo scenario peggiore, sia per il Pd che per i Cinque Stelle. E la conferma di un altro dei timori che agitano Zingaretti e il capo delegazione Dario Franceschini: "Di Maio non controlla più i suoi, vi rendete conto?", ragionano nell' attesa che arrivi un post di Beppe Grillo che metta fine al "marasma" in cui sono finiti i Cinque Stelle. E visto che il sostegno a Bonaccini è escluso, al Nazareno si accontenterebbero pure della desistenza, che comunque li lascia perplessi: "Che partito è un partito che non si presenta neanche alle elezioni?"
Rieccoci all'"anima" che non c' è e che tanto fa penare il segretario del Pd. Significa, nei ragionamenti dei democratici, che il progetto comune non si vede, si va avanti a piantare "bandierine" e i Cinque Stelle pretendono che il Pd digerisca tutto: dal taglio dei parlamentari alla revoca allo scudo per Ilva, fino alla riforma della giustizia di cui hanno discusso ancora ieri sera. "Ne abbiamo già ingoiate troppe", è il refrain che ripetono Zingaretti e i suoi.
zingaretti bonaccini
Ma il discorso sull'"anima" parla soprattutto al nemico comune, Matteo Salvini. Se in Emilia- Romagna vince lui, è ancora la riflessione in corso al Nazareno, viene giù tutto, a prescindere dalle volontà di Pd e Cinque Stelle: "Alla Lega basta promettere la ricandidatura a qualche incerto del Movimento: alla prima occasione parlamentare, finiamo sotto. E se non ci lavoriamo da adesso, non avremo uno straccio di progetto alternativo da offrire: saremo impotenti di fronte alle sirene di Salvini e dei suoi".
Tanto più che il nemico adesso ha già quasi un oppositore in meno. Ieri sera, a Porta a Porta, Matteo Renzi ha portato all' estremo la sua teoria per cui Italia Viva possa "prendere da destra e sinistra": "Salvini cercherà di spostarsi al centro - ha detto - Allearci con lui? Mai dire mai".
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