Alessandro Barbera per la Stampa
SALVINI DI MAIO
In pensione prima o assegni più alti per gli anziani meno abbienti? Più fondi alle famiglie povere o meno tasse per le partite Iva? Pace fiscale anche per i ricchi o invece solo sulle piccole somme?
La Finanziaria 2019 ha sempre più le sembianze di due progetti paralleli. Da un lato le attese di imprese e lavoratori del nord, dall' altra statali e famiglie del Sud. La propaganda post-elettorale del contratto di governo (valore cento e più miliardi) è ormai un ricordo: Matteo Salvini e Luigi Di Maio devono decidere come accontentare i rispettivi elettorati senza mandare all' aria i conti. Ormai non nascondono di volersi spartire equamente il margine di flessibilità che l' Europa è disposta a concedere.
Tramontata l' ipotesi di un primo taglio Irpef finanziato dall' abolizione degli ottanta euro (o è significativo o si trasforma in un boomerang), la Lega ha deciso di concentrarsi su pensioni e partite Iva, i Cinque Stelle sull' allargamento del reddito di inclusione, quello che loro chiamano "di cittadinanza". Ma far tornare i conti è comunque impossibile, anche perché nel frattempo il calo dell' occupazione ha fatto scattare l' allarme in casa Lega e spostato l' attenzione sulle imprese: ora si discute di una detassazione Ires per chi reinveste gli utili aziendali, della conferma degli incentivi per le imprese 4.0 e del bonus assunzioni per gli under 35.
conte di maio salvini
L' unica via d' uscita per Salvini è rinunciare a «quota cento» per i pensionandi (la somma di requisiti anagrafici e contributivi) magari accettando l' ipotesi del Tesoro di limitare il piano all' uscita agevolata degli over 62 finanziata dalle aziende. I Cinque Stelle a quel punto potrebbero accontentarsi di un aumento delle pensioni minime (per loro sono parte del progetto di "reddito di cittadinanza"), rinviando all' anno prossimo le idee più costose.
Insomma, la coperta è sempre più corta, e tagliarla in due non rende la soluzione più semplice. Su ogni misura è un braccio di ferro quotidiano. Ieri Di Maio ha ipotizzato tre aliquote forfettarie per le partite Iva, il sottosegretario leghista al Tesoro Massimo Bitonci dice che ce ne saranno solo due: una al quindici per cento per chi ha redditi fino a 65mila euro, una al venti per cento fino a centomila ai quali aggiungere un regime al cinque per cento per gli under 35.Inutile dire che la prima ipotesi è meno onerosa e dunque lascia più spazio ai desiderata dei Cinque Stelle.
SALVINI DI MAIO CONTE BY SPINOZA
L' Europa è disposta a riconoscere una flessibilità per spingere il deficit fino all' 1,7 per cento, Salvini e Di Maio vorrebbero arrivare almeno al 2,1. La differenza vale sei-sette miliardi. Per trovare più risorse si battono due strade: un po' di tagli alla spesa, un esercizio impopolare lasciato al Tesoro, e un condono fiscale che il governo preferisce chiamare "pace". La prima è dolorosa, la seconda permette solo un' entrata una tantum, dunque inutilizzabile per coprire spese permanenti. C' è poi un altro problema: i Cinque Stelle sono contrari ad allargare la "pace" alle grandi somme.
giovanni tria
Ecco perché, dopo aver promesso un provvedimento per le cartelle esattoriali fino a cinque milioni, ora la stessa Lega propone di fermarsi a un milione. Sui veri ricchi un intervento ci sarà, ma in quel caso assumerà la forma più educata della "voluntary disclosure": l' autodenuncia dei redditi non dichiarati all' estero. Per ammorbidire i Cinque Stelle, preoccupati del proprio elettorato, Bitonci dice che mezzo miliardo di quel gettito verrà destinato alle vittime dei crac bancari. Per rassicurare l' Ue, il pacchetto fiscale sarà in un provvedimento collegato alla manovra. A Bruxelles non sono rassicurati, e aspettano di vedere quel che uscirà dal passaggio parlamentare. Solo allora sarà chiaro quanto sarà costato agli italiani il braccio di ferro fra i due leader del governo giallo-verde.
conte e tria LUIGI DI MAIO MATTEO SALVINI