Simone Canettieri per il Messaggero
salvini savoini
«Troppe bugie, troppe giravolte: questa storia mi ricorda quella di Arata. Anche in quel caso Salvini diceva di non conoscerlo, poi uscì che aveva collaborato alla stesura del programma della Lega e il figlio lavorava con Giorgetti». Luigi Di Maio da Lerici, dove va in scena la festa del M5S, si sfoga contro l'alleato. Le parole del grillino, consegnate al suo staff, sono una vera e propria sfida a Salvini: «Se Matteo facesse cadere il governo adesso, sarebbe un'ammissione di colpa sul caso Russia. Faccia pure».
matteo salvini gianluca savoini a mosca
Di Maio lancia così il guanto al Carroccio: «Urlano, urlano, ma tanto rimangono al governo». E aggiunge anche un particolare velenoso: «È Salvini a stare attento alle finestra del 20 luglio perché, una volta chiusa, potrà dire alla vecchia guardia che ormai non c'è più niente da fare e dunque si va avanti».
Il M5S ha capito che il capo della Lega questa volta è «sotto botta» e non ha intenzione di mollare la presa. «Non ingoieremo i rospi, come d'altronde non abbiamo fatto né con Siri né con Rixi». La strategia grillina è fatta anche di atti formali. Come risulta a Il Messaggero, domani Stefano Patuanelli, capogruppo al Senato dei pentastellati, inizierà ad avviare l'iter per l'istituzione di una legge che porti alla commissione d'inchiesta sui finanziamenti ai partiti. Un'iniziativa che si somma, e forse potrebbe congiungersi, con quella del Pd che sempre dalla prossima settimana, con i capigruppo Andrea Marcucci e Graziano Delrio, porterà avanti un'altra commissione, ma molto più diretta sui rapporti economici tra la Lega e la Russia.
salvini savoini
IL PREMIERAnche Palazzo Chigi è in fibrillazione, lo conferma la presa di posizione espressa ieri a mezzanotte. Conte ha spiegato che il ruolo di Savoini nelle occasioni ufficiali, a Mosca e a Roma, era stato richiesto proprio dalla Lega. È stato anche contattato l'ambasciatore italiano in Russia, Pasquale Terracciano.
Ma se il premier è costretto a un difficile gioco d'equilibrio per non andare allo scontro frontale con Salvini - motivo di una crisi sicura - dal M5S in queste ore iniziano a insinuare dubbi anche su Giancarlo Giorgetti, il potente sottosegretario alla presidenza, nonché numero due della Lega. Come nel caso del figlio di Paolo Arata, Federico, c'è un'altra assunzione in carico a Giorgetti finita nel mirino: si tratta di Michele Sciscioli, capo del dipartimento Sport a Palazzo Chigi, la delega ricoperta appunto dal big del Carroccio. Sciscioli, 40 anni e un master in Affari internazionali, per lungo tempo ha avuto rapporti economici e professionali con la Russia, lavorando per anni al palazzo della Sogin (la società dello Stato responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani) a Mosca. Prima di ritornare con Giorgetti, con il quale aveva collaborato ai tempi del governo Berlusconi. «Vedete? Si ripete lo stesso schema di Arata: rapporti poco specchiati, trame: bisogna indagare su certi profili».
salvini savoini
LA REAZIONE «Accuse vigliacche», è la risposta che trapela da Salvini. Anche se nel cerchio stretto del ministro dell'Interno sono sicuri che «i grillini stiano solo cavalcando il fatto, ma dietro non ci sono loro». Tra i collaboratori del «Capitano» c'è chi crede che dietro agli audio di Buzzifeed ci sia la «manina» degli Usa. Irritati per i rapporti forti tra la Lega e il Cremlino. Un avvertimento? «Forse».
vladimir putin brinda con giuseppe conte e salvini con savoini sullo sfondo
Sempre nel Carroccio c'è chi ricorda anche un altro particolare: lo scorso 20 giugno, due giorni dopo il ritorno di Salvini dal viaggio a Washington, uscì un rapporto molto duro di Mike Pompeo, segretario di Stato americano, sulla lotta al traffico di immigrati. Un dossier che portò Roma a essere «declassata a livello 2». Una frustata che spiazzò Salvini in quel momento, proprio perché arrivata a ridosso dell'incontro con Mike Pence e Mike Pompeo. Un messaggio che ora nella Lega leggono «in tanti modi».
2. SALVINI: «NON RISPONDO SU FANTASIE». LA LEGA PREME PER IL VOTO ANTICIPATO
Monica Guerzoni per corriere.it
matteo salvini vladimir putin luigi di maio
«Non sono per nulla preoccupato e non vado in Aula a parlare di fantasie» è il mantra che Matteo Salvini ha scandito per tutta la giornata, saltando da una diretta Facebook all’altra, dal palco di Milano Marittima a quello di Ferrara, passando per Sassuolo. Tranquillo? Di più, «tranquillissimo», assicurano le fonti ufficiali. Eppure, dietro l’immagine del leader invincibile e ottimista, per la prima volta si intravede la controfigura di un Salvini inquieto, nervoso, impaziente, preoccupato per l’impatto non solo mediatico dell’inchiesta sui presunti finanziamenti russi e anche molto infastidito dall’atteggiamento degli alleati.
matteo salvini vladimir putin gianluca savoini
I quali, lontano da telecamere e microfoni, lo dipingono «sull’orlo di una crisi di nervi». È vero che Luigi Di Maio si è mosso con cautela sull’affaire Gianluca Savoini ed ha rivendicato la diversità morale del M5S solo dopo l’apparizione sulla scena dei magistrati di Milano. Ma Salvini è arrabbiato lo stesso, perché dai 5 Stelle si aspettava forse un sostegno maggiore e perché non ha gradito la sfida del presidente della Camera Roberto Fico, il quale ieri lo ha definito «nervoso».
vladimir putin e gianluca savoini
Se il segretario del Carroccio non lo è, di certo una buona dose di nervosismo filtra dai dirigenti leghisti del Nord, che accarezzano l’idea di strappare la tela della maggioranza sull’autonomia delle Regioni. La lettura che Di Maio ha condiviso con i collaboratori più stretti registra «la spaccatura della Lega in due partiti, uno governativo e l’altro secessionista». Finché la navigazione era, si fa per dire, sicura, ha prevalso il Carroccio di Salvini, che non vuole rompere l’abbraccio con i 5 Stelle. Ma ora che il sospetto di finanziamenti illeciti ha complicato i rapporti nel governo e dato fiato ai malumori interni, rischia di prendere il sopravvento l’altra Lega, quella che non vede l’ora di tramutare in seggi al Parlamento italiano la valanga di voti accumulati alle Europee, spodestando Giuseppe Conte da Palazzo Chigi per mandarci Salvini.
GIANCARLO GIORGETTI E CLAUDIO BORGHI
«I 5 Stelle potrebbero usare il caso Russia per pugnalarci alle spalle — azzarda caricando i toni un parlamentare leghista —. Meglio votare adesso, anziché in primavera dopo una difficile manovra». Chi frequenta i piani alti di Palazzo Chigi racconta che Giancarlo Giorgetti, il sottosegretario che da mesi scalpita perché è stufo dei veti sui provvedimenti, negli ultimi giorni avrebbe più volte scandito frasi come questa: «Con questi pazzi non si può più lavorare». Salvini era convinto del contrario, ma adesso anche il leader comincia a nutrire più di un dubbio, tanto da aver minacciato la crisi sul decreto sicurezza bis: «Così non si va avanti». E i 5 Stelle, che si sentivano al sicuro perché la finestra elettorale si è praticamente chiusa, hanno letto ieri con sgomento che Salvini starebbe meditando di «arrivare a fine mese e andare comunque alle elezioni a settembre».
MATTEO SALVINI VLADIMIR PUTIN GIUSEPPE CONTE LUIGI DI MAIO
Una eventualità che spaventa gli alleati, tanto da far dire in privato a Di Maio che «Salvini non vede l’ora di superare la data del 20 luglio, oltre la quale si allontanano le urne, per poter dire all’ala secessionista di Zaia e Fontana che il governo Conte è condannato ad andare avanti». Ma i 5 Stelle sono convinti di aver capito il gioco di Salvini e confidano di non cadere in trappola. Anche perché convinti che «tornare al voto sarebbe per la Lega una ammissione di colpa sui finanziamenti russi» e una scelta perdente anche dal punto di vista politico. «Ma davvero — e qui è Di Maio che tranquillizza i suoi — pensate che Salvini voglia tornare tra le braccia di Silvio Berlusconi? Sarebbe una sconfitta enorme».
tria di maio salvini conte CONTE SALVINI DI MAIO MOAVERO MATTARELLA