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    DI MALE IN GREGGIO - IL COSTO DEL PETROLIO HA RAGGIUNTO I 92 DOLLARI AL BARILE (AI MASSIMI DA UN ANNO) E PRESTO POTREBBE SFORARE I CENTO - A PESARE SU QUESTO INCREMENTO SONO I TAGLI DELL'OPEC+, LA MINORE PRODUZIONE NEGLI STATI UNITI E IERI SI È AGGUNTA ANCHE L’ESCALATION MILITARE CONTRO GLI ARMENI DELL’AZERBAIGIAN, GRANDE PRODUTTORE DI GAS - OGGI LA FED AMERICANA DOVRÀ DECIDERE SE LASCIARE FERMI I TASSI DEL DOLLARO, CON UN EVENTUALE RIALZO A NOVEMBRE…


     
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    Estratto dell'articolo di Andrea Greco per "la Repubblica"

     

    petrolio petrolio

    Il picco della domanda di fonti fossili, che per l’Agenzia internazionale dell’energia «si avvicina entro il 2030», prende la rincorsa sul trampolino dei prezzi petroliferi. Da mesi lievitano con costanza e ieri hanno raggiunto i 92 dollari a barile sul Wti americano (95 dollari sul Brent europeo), puntando le tre cifre e ai massimi da un anno. Un movimento controintuitivo per una merce di cui, come ha appena detto il capo dell’Aie Fatih Birol «stiamo assistendo all’inizio della fine».

     

    pozzi petrolio pozzi petrolio

    […] Oggi la Fed a Washington dovrà […] decidere se – come ritengono molti operatori – lasciare fermi i tassi del dollaro, al 5,25-5,5%, livello massimo da 22 anni. Anche ammesso che non li muova, la forza del barile dovrebbe indurre l’istituzione guidata da Jerome Powell a mostrare la faccia severa, tenendosi spazio per un eventuale ennesimo rialzo a novembre.

     

    rincaro petrolio rincaro petrolio

    […] Il greggio sembra attualmente spinto da fattori tecnici, rafforzati però da alcune circostanze politiche. La continua diminuzione dell’offerta è la causa principale, certificata ieri dalla Us Energy information administration, per cui la produzione Usa dalle principali aree di estrazione del greggio da scisti dovrebbe calare per il terzo mese in ottobre, a 9,393 milioni di barili al giorno, minimi da maggio.

     

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    Anche il cartello dei produttori Opec+, per scelta tattica, ha da mesi in atto politiche di frenata produttiva, rivendicate ieri dal ministro dell’Arabia Saudita, Abdulaziz bin Salman, per cui «i tagli sono volti a limitare la volatilità e mettere in guardia sulle incertezze economiche globali legate alla domanda », che quest’anno toccherà il record di oltre 103 milioni di barili al giorno. E ieri si è aggiunta l’escalation militare contro gli armeni dell’Azerbaigian, grande produttore di gas (e nuovo importatore in Italia dopo il rimpiazzo del gas russo), a innervosire le quotazioni.

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    Il rincaro del greggio si riflette sui prezzi dei carburanti, in Italia ormai quasi ovunque oltre i 2 euro al litro. Nella rilevazione settimanale del Mase la benzina è salita a 1,997 euro, il gasolio viaggia su 1,924. Ma in autostrada la verde è già a 2,078 euro medi. […]

     

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    L’Eurozona, dove il ciclo è più indietro a ancora non si è capito se la recessione divamperà, ha invece registrato ieri il rallentamento dell’inflazione in agosto, al 5,2% e malgrado l’aumento su base annua dei prezzi di servizi (+2,41%), alimentari, alcol e tabacco (+1,98%), beni industriali non energetici (+1,19%), mentre l’energia segna un -0,34%. Ma i prezzi che contano, per chi investe, sono quelli che si sta studiando la Fed che oggi deciderà se alzare ancora il costo del denaro. Anche se prevarrà la cautela, quindi i tassi invariati, ieri il rendimento dei Treasury Usa si è già portato avanti, salendo al 4,5% sul 5 anni, un livello che non vedeva dal settembre 2007. Sedici anni fa, quando iniziava la crisi che sfociò nel crac di Lehman.

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