Giovanni Stringa per il “Corriere della Sera”
DIESELGATE
Dal super premio di produzione ai maxi tagli. Sembra essere questo il destino di Volkswagen, la casa automobilistica prima simbolo del «made in Germany» e poi protagonista del «dieselgate». L' azienda di Wolfsburg - secondo indiscrezioni anticipate dallo «Handelsblatt» e rimbalzate su altre testate tedesche - starebbe valutando un piano di riduzione dei costi da 3,7 miliardi di euro ogni anno fino al 2020, che potrebbe tradursi in un drastico taglio della forza lavoro, fino a 30.000 dipendenti, di cui 20.000 in Germania e 10.000 in America.
gli ingegneri dell universita del west virginia che hanno scoperchiato il dieselgate
Le discussioni tra management e sindacati sul piano proseguono da mesi. Secondo alcune indicazioni iniziali le riduzioni dei costi dovrebbero essere messe in cantiere il prima possibile senza fare ricorso ai licenziamenti, ma attraverso i prepensionamenti e altri strumenti simili. Il piano dovrebbe essere presentato questa mattina, anche se ieri sera un accordo tra le parti sociali non sembrava ancora in porto.
Il gruppo automobilistico - che ha proposto un maxi patteggiamento negli Stati Uniti, poi approvato dalla Giustizia - ha calcolato 16,2 miliardi di accantonamenti per le spese legali relative al «dieselgate», dopo un bilancio 2015 in cui il brand Volkswagen ha chiuso l' anno con un fatturato di 106,2 miliardi di euro. Ora, evidentemente, si passa ai tagli. Il piano - sempre stando alle indiscrezioni - include una riduzione significativa dei modelli e delle configurazioni offerte con l' obiettivo di aumentare la produttività.
DIESELGATE
Vw «ha di fronte grandi sfide - si legge in una nota inviata ai giornalisti per la conferenza stampa di questa mattina -: la mobilità elettrica e la digitalizzazione hanno bisogno di finanziamenti e devono essere promossi nuovi modelli di business e concetti di mobilità. In breve: Il marchio Volkswagen sta riposizionandosi». Segue un riferimento al «patto futuro negoziato congiuntamente da azienda e sindacati negli ultimi mesi».
merkel