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    DIETRO IL RAPIMENTO DI EMANUELA ORLANDI C’È UN MOVENTE ECONOMICO? – LA TESTIMONIANZA DI MARCO ACCETTI DEL 2013 LEGA LO SCANDALO IOR-AMBROSIANO AL RAPIMENTO DELLA GIOVANE RAGAZZA. CHE SI TRATTI DI UN RICATTO ATTUATO SULLA PELLE DI UNA RAGAZZINA CONTRO GIOVANNI PAOLO II E MONSIGNOR MARCINKUS, EX CAPO DELLO IOR? – L’INCONTRO SEGRETO DEL 1980 IN VATICANO TRA MONSIGNOR CASAROLI, IL SUO BRACCIO DESTRO CELATA E LO 007 ITALIANO FRANCESCO PAZIENZA (“BISOGNAVA FARE IN MODO CHE MARCINKUS, MOLLASSE LA PRESA SULLO IOR”) – I MESSAGGI CIFRATI NELL’ULTIMA CHIAMATA DI EMANUELA ALLA SORELLA…


     
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    Estratto dell’articolo di Fabrizio Peronaci per www.corriere.it

     

    emanuela orlandi emanuela orlandi

    Novembre 1980: un signore elegantissimo, disinvolto, sicuro di sé si presenta a Palazzo Apostolico tenendo in mano il pass con su scritto: "Segreteria di Stato". Una guardia svizzera lo accompagna, tra saloni affrescati e ampie vetrate, sull'uscio dell'appartamento privato di papa Wojtyla. (Altri tempi. Ora papa Francesco vive a Santa Marta) Una suorina lo ferma. «Lei ha appuntamento con il Santo Padre?» «No, con monsignor Casaroli». «Ma allora ha sbagliato, è dall'altra parte, uscendo dall'ascensore a sinistra...»

     

    Emanuela Orlandi e un passato che ritorna: quello delle barbe finte in perenne allerta nei palazzi del potere (qui la spy story in 10 punti), sulle quali molte verità devono ancora emergere. A due settimane dall'apertura di un'inchiesta in Vaticano sul sequestro (il 22 giugno 1983) della  figlia del messo pontificio (e nelle stesse ore in cui infuria la polemica per la risata scomposta di Fedez sulla sorte toccata alla quindicenne), il materiale istruttorio accumulato in tanti anni dalla magistratura italiana, seppure oggetto di due archiviazioni (nel 1997 e nel 2015), torna di stretta attualità.

     

    francesco pazienza francesco pazienza

    Non solo: anche le precedenti ricostruzioni utili a chiarire il contesto dell'azione criminale sono all'attenzione di Alessandro Diddi, il Promotore di giustizia della Santa Sede titolare delle indagini. Lavoro ciclopico: compulsare una ad una centinaia di migliaia di carte sarà impossibile. Non si potrà che procedere per sommi capi, confidando anche in un colpo di fortuna, in qualche nuova testimonianza. Il tutto a partire dalla domanda centrale: perché Emanuela fu strappata alla sua vita e ai suoi affetti?

     

    francesco pazienza francesco pazienza

    Premesso che il mancato ritorno a casa della giovane cittadina vaticana vide quasi certamente il concorso di esponenti dei servizi segreti (il padre Ercole ne parlò espressamente, in un'intervista al Corriere) e innescò pressioni su più livelli dentro le sacre mura (qui i punti fermi della vicenda), tra le piste maggiormente accreditate c'è sempre stata quella economico-affaristica: un ricatto attuato sulla pelle di una ragazzina contro Giovanni Paolo II e monsignor Marcinkus, il capo dello Ior all'epoca impegnato nel sostegno del sindacato cattolico Solidarnosc, che aveva finito per prosciugare anche le casse del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi.

    francesco.pazienza francesco.pazienza

     

    L'obiettivo poteva essere duplice: da un lato l'allontanamento di Marcinkus (esito caldeggiato da influenti settori di Curia) e dall'altro il recupero in tutto o in parte dei soldi versati in Vaticano tramite canali opachi o illeciti (difficilmente la malavita rinuncia al "recupero crediti"). Per meglio inquadrare le tensioni e le possibili rappresaglie innescate dalla "causa polacca", dunque, rieccoci a Palazzo Apostolico...

     

    Quel signore convocato da Sua Eminenza Casaroli altri non era che Francesco Pazienza, l'agente del Sismi introdotto come pochi nel mondo politico e finanziario dei primi anni Ottanta (poi finito in carcere e condannato per i depistaggi sulla strage di Bologna). [...]

     

    Il racconto non è mai stato smentito. Pazienza lo ha inserito nella sua prima autobiografia (Il disubbidiente, 1999) e di recente riproposto ne La versione di Pazienza (2022): «Nello studio di monsignor Celata, capii che dovevo andare dritto al punto e dissi: “Posso chiederle qual è la ragione per la quale ho avuto l’onore di essere qui?“ Il prelato prese la questione alla larga ma, poco a poco, arrivò al nocciolo. E ci arrivò parlando in maniera abbastanza esplicita, senza addentrarsi nei meandri del “curialese”... Il nocciolo aveva un nome e cognome: Paul Marcinkus...  La richiesta di Celata era questa: bisognava fare in modo che il vescovo di Chicago mollasse la presa sullo Ior». Già. A tanti non piaceva "il gorilla", come veniva chiamato il sacerdote-banchiere con il fisico da rugbista, che in precedenza aveva fatto da guardia del corpo a Paolo VI (suo il motto «La Chiesa non si governa con gli Ave Maria»).

    MARCINKUS MARCINKUS

     

    La versione è di parte, indubbiamente, ma riscontrabile. Due dei tre protagonisti di quella partita (Calvi va escluso, fu "suicidato" a Londra pochi mesi dopo, nel giugno 1982) sono ancora in vita: Celata ha chiuso la sua carriera ecclesiastica nel 2014 come vicecamerlengo, mentre Pazienza si è ritirato nella sua Lerici a scrivere libri, confidando nelle royaltes. Il Promotore di giustizia li convocherà come testimoni, magari per avere indicazioni su quell'area grigia a metà strada tra sacrestie e malavita la cui esistenza è stata provata dalla sepoltura del boss De Pedis nella basilica di Sant'Apollinare?

     

    La concatenazione Santovito-Pazienza-Celata, in ogni caso, sembra rafforzare il legame tra le sovvenzioni a Solidarnosc e il crack dell'Ambrosiano. Ruolo centrale, nell'opposizione ai finanziamenti a Walesa, lo avrebbe avuto il cardinale Egidio Vagnozzi, il presidente della Prefettura degli Affari economici che due anni prima aveva consegnato a papa Luciani una relazione sul malaffare nello Ior, ma che morì all'improvviso, del tutto inaspettatamente, nel pieno della contesa, il 26 dicembre 1980, e venne rapidamente sostituito da Wojtyla con un cardinale a lui vicino. Fu nell'ambito di tale scontro che, per mano di forze interessate alla materia del contendere (il controllo delle casseforti vaticane), Emanuela Orlandi fu allontanata da casa con un tranello e usata per dare il via al ricatto?

    marcinkus andreotti ratzinger marcinkus andreotti ratzinger

     

    Siamo arrivati al punto. La pista economica fin dall’inizio fu ritenuta plausibile (assieme a quella internazionale, attivata parallelamente, per "frenare" l'anticomunismo di Wojtyla) soprattutto alla luce dalle tensioni che scuotevano i santuari finanziari della Santa Sede. Ma le prove? Esiste un riscontro obiettivo, fattuale, capace di legare lo scandalo Ior-Ambrosiano alla vicenda Orlandi? Fino al 2013 no. Poi una traccia è affiorata. Ci ha pensato un personaggio controverso come Marco Accetti, l'uomo che si è autoaccusato di aver partecipato al doppio sequestro (anche di Mirella Gregori) per conto di un gruppo di tonache dissidenti, esponenti della massoneria e agenti deviati (il cosiddetto "ganglio"), indagato a lungo e sottoposto a ben 13 interrogatori, a fornire una chiave di lettura della vicenda.

     

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    Celata e Pazienza? Certo che furono chiamati in causa nelle nostre rivendicazioni, ha messo a verbale il fotografo oggi 67enne. «Basta leggere in controluce i fatti. Peccato che non l'abbiate capito!» La novità è emersa dalla decodificazione dell'ultimo contatto con la famiglia, che nessuno era mai riuscito a spiegare: Emanuela nell'ultima telefonata a casa, alle 19 del 22 giugno 1983, parlò di un'offerta di lavoro che era in dubbio se accettare. In particolare, disse alla sorella Federica di aver ricevuto la proposta di  distribuire volantini e cosmetici della ditta Avon a una sfilata delle Sorelle Fontana presso la Sala Borromini, in cambio di un compenso spropositato: 375 mila lire per un pomeriggio di lavoro. Nessun dubbio che fossero messaggi in codice involontariamente trasmessi dalla ragazza: la proposta era infondata e inverosimile, non c'era nessuna manifestazione della Avon in vista. Ma cosa volevano dire i rapitori e con chi intendevano dialogare?

     

    marco accetti marco accetti

    [...] Un modo per "firmare" l'azione, insomma: «L'atelier delle Sorelle Fontana aveva sede a piazza di Spagna, proprio nel portone a fianco all'istituto San Giuseppe De Merode diretto da monsignor Celata, mentre Pazienza abitava nel centro di Roma, a piazza dell'Orologio, vicinissimo alla Sala Borromini». Fuori di metafora, la «sfilata della Avon» avrebbe evocato «un’azione promossa da monsignor Celata (Sorelle Fontana) e Pazienza (Sala Borromini), nel senso che da questo connubio si otterrà un risultato contro la politica dello Ior». Ricostruzione forzata, fantasiosa? Sta di fatto che i messaggi in codice furono effettivamente fatti pronunciare al telefono all'inconsapevole Emanuela [...]

    Marco Accetti Marco Accetti

     

    È l'ultimo step della ricostruzione: vanno rimesse in ordine le date. Tra fine 1980 e inizio 1981, per effetto di quel vertice in Segreteria di Stato mai smentito dalla Santa Sede, l'offensiva contro Marcinkus stava dunque per partire? Così parrebbe, ma... Non poteva mancare il colpo di scena. Un doppiogiochista incallito come Pazienza avrebbe potuto non tradire? E difatti... È lui stesso a raccontarlo: «Acquisita la documentazione a Zurigo, ci ripensai. Di sicuro non volevo partecipare a un complotto contro il papa. Men che meno contro quel papa. La mia fede anticomunista ferveva  come non mai. Così, con una mossa che, ne ero consapevole, avrebbe potuto avere delle conseguenze, decisi di passare dall’altra parte...» 

     

    papa giovanni paolo ii ali agca papa giovanni paolo ii ali agca

    Perfetto per un film di spionaggio, ma questo accadde realmente: l'agente da poco assunto nel Sismi ad personam dal generale pidduista Santovito si trasferì armi e bagagli, in un amen, dalla trincea dei prelati della cosiddetta fazione "massonico-curiale" all'inner circle del papa polacco: «Calvi mi sembrava un degno interlocutore per affrontare la vicenda dei documenti compromettenti su Marcinkus». Il voltafaccia è dell'aprile 1981: «Alla fine i documenti su Marcinkus furono fatti sparire e tutto restò in casa, naturalmente in cambio di un sostanzioso pagamento (si è parlato di 1,2 milioni di dollari, ndr). Devo ammettere - è la conclusione di Pazienza - che in quell'occasione dissi una bugia al mio capo Santovito, gli riferii che in Svizzera non avevo trovato nulla. Ma in quel periodo al Sismi erano tutti impauriti per lo scandalo P2, figurarsi se le angustie di monsignor Celata avrebbero assorbito molto tempo a Santovito...»

     

    emanuela orlandi mirella gregori emanuela orlandi mirella gregori

    Viaggio quasi concluso. Non è stato facile districarsi in questa spy story scandita da messinscene, doppi giochi, colpi bassi. Un'incongruenza, però, salta agli occhi: c'è una sfasatura sui tempi. Emanuela Orlandi, infatti, verrà rapita circa due anni dopo, nel giugno 1983, quando Pazienza, lo abbiamo appena visto, era passato da tempo (aprile 1981) sulla sponda opposta. Perché l'indicazione in codice dell'ultima telefonata faceva riferimento a una "alleanza" ormai superata? Gli organizzatori dell'azione Orlandi-Gregori si erano persi un passaggio? [...]

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