Estratto dell’articolo di Alberto Anile per “Robinson - la Repubblica”
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Pare che Marcello Marchesi (1912 - 1978) abbia scritto quattromila caroselli. Di certo, è l’autore dimenticato di frasi che tutti ricordano, molte delle quali legate proprio alla pubblicità: slogan come «Basta la parola!», «Il signore sì che se ne intende», «Con quella bocca può dire ciò che vuole», «Il brandy che crea un’atmosfera». Ma sono centinaia, migliaia, milioni le sue battute disseminate fra commedie, riviste, film, canzoni, fumetti, programmi radio e tv.
Marchesi ha scritto il testo di Bellezze in bicicletta, tradotto i primi Asterix e Obelix (suo l’acronimo reinventato Sono Pazzi Questi Romani), fornito nuova linfa a Canzonissima e L’amico del giaguaro. Battute di Totò come «Ogni limite ha una pazienza» oppure «Volere è potere, volare è potare» denunciano l’impronta del suo estro paradossale. Il titolo del best seller di Gino & Michele, Anche le formiche nel loro piccolo s’incazzano, è tolto da uno dei suoi libri.
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Milanese, ultimo di sei figli, nato da una scappatella extramatrimoniale, viene spedito a Roma da uno zio. Milano e Roma diventano così le sue due patrie, presto conciliate in un umorismo freddo e citazionista e insieme popolare e sarcastico. Ha fatto la guerra, si è innamorato molte volte, si è sposato e ha divorziato.
È stato lo sceneggiatore di tanti filmetti cotti e mangiati scritti a furia di simpamina con il collega e amico Vittorio Metz, con il quale ha fatto pure sette pellicole da regista (in due anni!). In una vita intellettuale rutilante, che lo ha portato a scrivere testi praticamente per tutto lo spettacolo italiano (da Vianello a Pozzetto, da Macario a Villaggio, da Sordi a Tognazzi, da Corrado a Gianni Morandi), è pure diventato noto come personaggio televisivo (il signore di mezza età, baffi occhiali cappello e ombrello), e poi padre strafelice a sessantacinque anni.
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Finale improvviso e paradossale in Sardegna, dove l’aveva portato il suo ultimo amore: una banale ondata lo sbatte sugli scogli durante una placida nuotata di luglio. Fra i telegrammi alla vedova ne arriva anche uno, lungo e commosso, di Pertini.
[…] I suoi “ritratti” di famosi sono strepitosi: Marcello Mastroianni «Marlon Blando», Gina Lollobrigida «il petto atlantico», Aldo Moro «il dottor Divago», Luchino Visconti «l’ape regìa», Moravia «un autore di pubico interesse», Giulio Andreotti «obtorto collo» ma anche «chi non muore si risiede».
Uno che ha quella penna può scrivere ciò che vuole, come Pazienza con i pennarelli, o Bollani al pianoforte. […] Il Vangelo è un luogo comune: «È sbagliato giudicare un uomo dalle persone che frequenta; Giuda, per esempio, aveva degli amici irreprensibili». Il sedere basso? «Errata còccige».
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Diceva che in Italia «umoristico» è un aggettivo squalificativo ma la definizione di battutista gli garbava, sconcertando gli intervistatori che capivano di trovarsi di fronte a un grande talento, e ci rimanevano un po’ male a vederlo sminuirsi. I suoi giochi di parole fanno danzare insieme Carducci e Mike Bongiorno, in un gioco di alto e basso in cui l’aulico diventa commestibile e il popolare diventa filosofico, perché «i colti sono pochi / i paracolti / molti» (da Ballata della cultura e della paracultura).
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Per Ennio Flaiano, che in certe cose gli somiglia, Marchesi era un moralista. Lui di certo non si sopravvalutava, chi lo ha conosciuto diceva che era un umile e un generoso. Il protagonista del Malloppo, morendo soffocato dalle sue stesse battute, sognava così la sua lapide: «Tenendo presente tutti gli sketch che ho scritto in vita mia, metteteci sopra una bella “A SKETCHESPEARE”. Mi basta».
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Attenzione: Marchesi era un integrato ma anche un apocalittico. Solo uno che ha fatto tanta televisione e tanta pubblicità può conoscerne i lati oscuri, le persuasioni occulte, il morbo del conformismo.
A Guido Clericetti, che lo frequentò a lungo, diceva: «Se uno potesse apparire in video tutte le sere alla stessa ora a dire “Mangiate un cucchiaio di merda, che fa bene” dopo un mese tutti la mangeremmo».
E allora oggi le cose più sorprendenti di Marchesi sono certi affondi scorretti: «Dio, dammi un assegno della tua presenza». Oppure questi versi, un tipico slogan pubblicitario da leggersi con sussiego ungarettiano: «Questi / sono / i / biscotti / proprio / come / li / faceva / mia / mamma. / Schifosi». O quest’altro claim, nerissimo, pescato nel flusso di coscienza del Malloppo: «Non sprecate il vostro suicidio, ammazzate prima qualcuno che vi è odioso».
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Ha osato scherzare perfino sull’Olocausto, con un pugno di parole intitolate Matti a Mauthausen: «Per errore / restò chiuso / quella volta / nella nostra camera a gas / uno delle SS. / Morimmo ridendo». Un genio.
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