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(ANSA) - "La potenza pop delle opere di Corita Kent continuano a creare scandalo. Eppure questa donna ha imposto la questione del linguaggio nell'esprimere una visione delle cose plasmate dalla fede. La sua presenza nel Padiglione vaticano alla Biennale di Venezia è un riconoscimento".
Lo afferma sui suoi account social padre Antonio Spadaro, sottosegretario al Dicastero vaticano della Cultura, parlando dell'artista che negli anni '60 fu definita "blasfema" dall'allora cardinale arcivescovo di Los Angeles James McIntyre. Nata in Iowa nel 1918 da giovanissima entrò nell'ordine delle Missionarie del Cuore di Maria.
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E' stata insegnante ma trovò il successo grazie alle sue serigrafie che negli anni Sessanta assunsero toni anche politici a sostegno dei diritti civili, del movimento femminista e contro la guerra del Vietnam. Le sue opere furono spesso motivo di tensioni con l'arcidiocesi di Los Angeles e il cardinale McIntyre accusò Kent di essere comunista e descrisse la sua arte come blasfema. In seguito alle crescenti tensioni, nel 1968 Kent abbandonò l'abito di religiosa e il college dove insegnava.
Autrice di centinaia di serigrafie che mischiavano pop art e spiritualità, Kent disegnò dozzine di poster, copertine di libri e murales, oltre che un francobollo del servizio postale degli Stati Uniti nel 1985. È nota soprattutto per il gigantesco murale "Rainbow Swash" che si trova a Boston. A riabilitare l'artista americana è stato anche l'omaggio di Papa Francesco che ieri a Venezia, nel discorso agli artisti, l'ha citata insieme a Frida Khalo e Louise Bourgeois.
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