Ilaria Sacchettoni per il “Corriere della Sera – ed. Roma”
ALESSIO D AMATO
Più interessato all'autopromozione che agli equilibri dell'habitat amazzonico, almeno secondo i magistrati contabili, l'allora consigliere regionale dei Comunisti italiani, Alessio D'Amato, avrebbe dirottato sui conti della sua associazione «Rosso Verde» i contributi pubblici destinati alla onlus «Italia - Amazzonia» (di cui era vice presidente). Il fatto che tutto sia avvenuto fra il 2005 e il 2008, in epoca oggettivamente lontana, aggiunge contrasti a contrasti.
Perché, in aula, dove ieri è partito il processo nei suoi confronti e di tre suoi collaboratori dell'epoca (Egidio Schiavetti, Barbara Concutelli e Simona Sinibaldi, unica presente all'udienza) la difesa ha prontamente eccepito: «Fatti oggettivamente prescritti».
I giudici hanno respinto una proposta di patteggiamento avanzata dal difensore dell'attuale assessore Pd alla sanità, il professor Angelo Piazza, già ministro del governo D'Alema, oggi consigliere giuridico di Roberto Gualtieri (proposta che aveva il parere positivo della Procura).
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L'assessore è accusato di aver «sviato» 275mila euro, somma destinata dalla Regione all'associazione «Rosso Verde» che si occupava di promuovere politicamente l'allora consigliere regionale. Un processo penale per truffa aggravata nei confronti della Regione Lazio si era concluso con una prescrizione. Esito che, a detta della stessa difesa, non ha mai cancellato «l'ombra di una mala gestio dei contributi pubblici».
Processo ordinario dunque per D'Amato che non avrà sconti in termini di risarcimento (fosse stato accolto il patteggiamento avrebbe versato il 30% del totale della sua quota parte) . È stata la pm Barbara Pezzilli a riepilogare i fatti chiedendo una condanna nei confronti dell'assessore e dei suoi collaboratori. Come si legge nella citazione «risulta documentalmente provato lo sviamento dei contributi regionali liquidati a rimborso a fronte di fraudolenta rendicontazione».
D'Amato e Zingaretti
Qui le indagini della Finanza avevano ricostruito una serie di dettagli. A detta della pm si ricorse perfino a «sbianchettamenti» delle fatture per coprire il dirottamento dei contributi regionali assegnati alla onlus «Italia-Amazzonia». I fornitori di «Rosso Verde», domiciliata allo stesso indirizzo della onlus pro-Amazzonia, avevano rivelato la vera ragione delle spese: produzione di materiale pubblicitario per scopi politici, mascherato da iniziative per la diffusione della cultura amazzonica.
Contro la richiesta di condanna dell'accusa, ha replicato la difesa: «Sono abituato a veder condannare un uomo sulla base di prove e qui non ve ne sono» ha affermato Piazza chiedendo un'assoluzione. La Procura ha dato battaglia, invocando anche la sospensiva dovuta ai due anni e mezzo di pandemia. A breve la sentenza .
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