1 – DISNEY, CADONO GLI UTILI SOTTO I COLPI DEL CORONAVIRUS
Marco Valsania per www.ilsole24ore.com
mascherine a disneyland shangai
Disney , il leader mondiale dello spetaccolo e dell’intrattenimento, paga cara la crisi da coronavirus nei primi tre mesi dell'anno, il suo secondo trimestre fiscale. Gli utili netti tra gennaio e marzo si sono fermati a 460 milioni, crollati di oltre il 90 per cento. Escluse voci e oneri straordinari, la delusione è stata meno cocente ma non di molto. Ha riportato utili pari a 60 centesimi per azione contro gli 89 previsti dagli analisti. I profitti operativi, senza quindi una tantum, sono comunque caduti del 37 per cento.
bob chapek 2
Il giro d'affari trimestrale è stato di 18,01 miliardi, salito del 21%, leggermente sopra i pronostici ma men che brillante. Il costo iniziale del Covid-19, che da metà marzo ha paralizzato l'economia, per i conti dell'azienda in tutti i suoi business è stato stimato in 1,4 miliardi di dollari.
Le attese, sia di utili che di fatturato, erano oltretutto già state ridimensionate. A gennaio erano ancora di profitti pari a 1,40 dollari e entrate per 19,51 miliardi.
bob chapek con bob iger
L'Iger show
“Abbiamo fiducia di poter superare questo trauma e di poter e uscire in posizione più forte”, ha sostenuto il neo chief executive Bob Chapek, che prima della promozione a successore di Bob Iger era alla guida di uno dei business più redditizi e ora colpiti dalle chiusure, i grandi parchi tematici. Ma è stato Iger ha tenere banco, commentando i risultati con piglio da statista dalla visione lunga: “Ho visto molte crisi, ma Disney è sempre stata resiliente”. Ce la faraà anche questa volta, ha aggiunto. Ancora: “La gente ha bisogno di buone notizie”.
bob iger
Stop al dividendo
DISNEYWORLD
Una buona notizia è sicuramente che uno dei grandi parchi, a Shanghai in Cina, riaprirà con pubblico ridotto al 30% del normale dall'11 maggio. In attesa di piu' generali buone notizie per i consumatori che per ora tardano, però, gli azionisti dovranno intanto ingoiarne alcune meno buone: verrà cancellato il dividendo della prima meta' dell'anno, pari a un risparmio di 1,6 miliardi. Una mossa non da poco per un gruppo che della cedola fa un dovere da decenni, per essere tra i titoli più diffusi nei portafogli.
Segno delle sfide davanti all'azienda, da inizio anno il titolo è sceso del 30%, quasi il doppio dell'indice Dow Jones. Tanto che Disney è impegnata in un duello testa a testa per la market cap di Borsa con Netflix, rivale e grande leader nello streaming.
Disney+ ha 54,5 milioni di abbonati
bob iger con schwarzenegger, topolino, diane disney miller, art linkletter, michael eisner e minnie disney resort
Disney ha lanciato l'anno scorso Disney+ nello streaming e ha raccolto 54,5 milioni di abbonati paganti al 4 maggio, più delle attese anche se saliti solo di circa 4 milioni nell'ultimo mese dopo un'impennata iniziale. Un secondo servizio streaming che ha rilevato del tutto, Hulu, vanta 32,1 milioni di utenti, anche se la somma resta lontana dai 183 milioni di Netflix.
il culo di daryl hannah in splash censurato da disney+ 1
Tra gli analisti restano tuttavia interrogativi sulla crescita futura, i suoi costi e investimenti legati al contenuto. Il segmento direct-to-consumer, che comprende lo streaming, sotto il profilo finanziario ha riportato un incremento delle revenue di quasi un miliardo, oltre il 100%, a 4,12 miliardi, ma e' rimasto sotto le attese.
netflix e disney + 2
I parchi, da cassaforte a zavorra
walt disney fox 1
I parchi tematici, grande fucina di utili, hanno visto le entrate scendere del 10% a 5,54 miliardi da 6,17 miliardi nei tre mesi scorsi. La pandemia avrebbe sottratto un miliardo agli utili di gestione del segmento e la parziale riapertura di Shanghai non può compensare lo stop delle altre 13 località al mondo.
I network televisivi sono riusciti a battere le attese, con entrate cresciute del 28% a 7,26 miliardi da 5,53 miliardi. La mancanza di eventi sportivi per i canali a pagamento Espn e la caduta della pubblicità - scesa dell'8% - potrebbero però continuate a farsi sentire e non è chiaro quanto a quando una domanda ora repressa potrà guidare riscosse.
disneyland TOPOLINO PIANGE
Studios in naftalina
Gli Studios di produzione cinematografica, progressivamente afflitti da blocchi e privi di prospettive di distribuzione nelle sale, hanno deluso seppur strappando un incremento del 18% a 2,54 miliardi. Disney ha bloccato sine die la produzione di nuovi blockbuster, quali la serie dei supereroi Marvel, e sta considerando anche una revisione di strategie nella distribuzione di suoi film in futuro, saltando se necessario debutti in sala. Sarebbe una riforma strutturale e significativa del modello di business, se effettuata da un gigante del suo calibro. Lascito indelebile del coronavirus.
pandora a disney world
2 – DISNEY, UN REGNO MAGICO INVASO DALLA PANDEMIA
Marco Valsania per www.ilsole24ore.com
bob iger con harry
C’era una volta il Magic Kingdom. Il Regno Magico di Disney. Un marchio che è simbolo stesso della “Fabbrica dei sogni” hollywoodiana e delle sue fortune globali. Ma Disney, reduce da un lungo e straordinario periodo di vittoriosa espansione e crescita, oggi è un regno sotto assedio, invaso da un virus “barbaro”, capace di erodere imperi. Ciò che era la sua forza, la vastità stessa del suo raggio d’azione geografico e la molteplicità delle sue attività, nell’era segnata dalla pandemia minaccia di tramutarsi in un tallone d’Achille, in una profezia di tramonto.
electroland disneyland paris 3
Quelle che finora erano le grandi province del suo dominio, fonte di lustro e performance per i forzieri di Burbank, vedono i loro confini inesorabilmente violati, con studi cinematografici abbandonati, crociere in panne, parchi tematici chiusi.
Magia appannata
Magia appannata - ben al di là dell’impatto immediato della pandemia sul bilancio nel primo e secondo trimestre dell’anno - è quella descritta dall’analista Richard Greenfield di LightShed Partners: ha declassato la raccomandazione sul titolo a “sell”. Vendere, nonostante le quotazioni siano già in calo del 30% da inizio anno. “Siamo convinti che siano sopravvalutate”, ha affermato delle azioni nella sua analisi, contemporaneamente tagliando previsioni di utili sia per quest’anno che per il prossimo. “Crediamo che Disney sarà costretta a ridimensionare gli investimenti strategici e ridurre sostanzialmente i costi”.
bob chapek
A risentirne, se rimarranno vittima di scarsa agilità tipica dei colossi, potrebbero essere anche le frontiere paradossalmente più promettenti: le scosse, ha avvertito Greenfield, potrebbero erodere “la speranza degli investitori” di nuove offensive “per avvantaggiarsi della svolta sullo streaming”. Un riferimento alla scommessa di Disney+, con cui ha sfidato il leader dello streaming Netflix e dove ha riportato iniziali exploit con oltre 50 milioni di abbonati nel giro di pochi mesi. Risultato: “I profitti di Disney appaiono fondamentalmente danneggiati”, almeno fino a che non sarà tornata una vera normalità collettiva, una fiducia nelle “esperienze di gruppo” oggi travolte dal coronavirus.
From great to ugly
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Greenfield non è la sola Cassandra. Un altro segugio sulla pista di Disney, Michael Nathanson di MoffettNathanson, ha riassunto la nuova realtà in una frase degna del titolo d’un film alla Sergio Leone: “From great to good to bad to ugly”, da fantastica a buona a brutta a pessima. Una generale e profonda recessione che appare ormai certa, con scarse prospettive di facili recuperi, non può che complicare le cose. Anche il gioiello Disney+, tuttora in fase di decollo e con promesso ingresso in altri 40 paesi, in questo momento potrebbe pesare sotto il profilo finanziario, con perdite ipotizzate per due miliardi quest’anno.
walt disney concert hall in los angeles
La crisi, ancora prima che dai pronostici, è portata alla ribalta dalle cifre stesse delle attività colpite all’indomani dell’ultima, grande conquista, che avrebbe dovuto consacrare il suo dominio internazionale nell’entertainment: quella da oltre 70 miliardi di dollari degli asset più preziosi di Rupert Murdoch. Adesso i suoi 14 giganteschi parchi divertimenti nel mondo sono vuoti, e se dovessero riaprire parzialmente nei prossimi mesi resta da dimostrare che possano attirare folle. Ogni anno qui si recavano 157 milioni di persone e nel 2019 avevano riportato utili record. Arenate restano quattro navi da crociera con altre tre in costruzione, e senza clienti l’isola privata nei Caraibi, Castaway Cay, con una seconda in costruzione per miliardi di dollari. Congelati sono di fatto i suoi otto colossali Studios, cuore della produzione cinematografica, che controllano il 40% delle entrare al botteghino domestico e abitualmente sfornano blockbuster internazionali. Come pure quattro studi Tv, con normalmente all’attivo 70 show.
walt disney a venezia
Sotto pressione sono reti televisive, quali Abc che controlla dal 1995 e vive di pubblicità; e canali a pagamento (300 nel mondo) a cominciare dagli sportivi Espn, adesso poveri di eventi. Nel limbo sono 29 sfarzosi spettacoli teatrali ai quattro angoli del globo, e sette spettacoli su ghiaccio. Per non parlare di alberghi e multiproprietà con 42.000 tra stanze e locali in tre continenti. O della leadership internazionale nel merchandising con vendite per 55 miliardi e e 325 negozi nei soli Stati Uniti. Di attività nell’editoria che operano in 68 paesi e 45 lingue. E persino di una rete di 25 scuole in Cina.
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Centomila licenziamenti
Lo shock sul business è rapidamente filtrato nei licenziamenti annunciati dal gruppo, permanenti o temporanei. E sono stati oltre centomila. Disney ha anche ridotto fino al 50% i compensi dei dirigenti - e il suo leader di lungo corso Bob Iger ha rinunciato al suo salario di base (che però è la componente più modesta dei compensi dei top executive americani). Rivelatrici della sfida aperta sono inoltre le mosse prudenziali del gruppo per assicurarsi risorse: ha concordato con le banche il mese scorso una linea di credito da cinque miliardi, dopo altre per 8,25 miliardi accese in marzo, puntellando le sue finanze nel momento dell’emergenza con oltre 13 miliardi a disposizione. Potrebbe infine rinunciare a pagare il dividendo, una decisione che dovrebbe essere in agenda all’assemblea annuale - virtuale? - di giugno.
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Non basta. Il terremoto ha complicato i piani di transizione al vertice, che dovevano vedere lo storico leader del boom del gruppo, Iger, consacrare la sua legacy e assumere una posizione di chairman esecutivo con compiti strategici lasciando le redini quotidiane al 60enne neo-chef executive Bob Chapek, promosso dalla divisione dei parchi tematici. Iger ha di recente fatto sapere che continuerà invece a coadiuvare per ora Chapek.
Un’eredità in gioco
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In gioco è la sua stessa eredità inestricabilmente legata all’identità di Disney. Iger è stato definito come l’ultimo tycoon di Hollywood perchè, con i suoi toni pacati, ha in realtà trasformato aggressivamente negli anni della sua gestione l’impero di Topolino a colpi di acquisizioni per un totale di quasi cento miliardi di dollari. Da Pixar a Marvel e Lucasfilm (quella di Guerre Stellari), fino, appunto, ai 71 miliardi spesi per la parte pregiata del regno di un altro magnate - la Fox di Rupert Murdoch. Negli ultimi mesi ha innescato anche la nuova guerra dello streaming, gettandosi a capofitto nella sfida al leader Netflix con Disney+. Ha portato insomma Disney, con la sua storica reputazione e la sua vasta produzione di contenuto, definitivamente sulle frontiere delle nuove tecnologie.
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Iger, che ormai ha 69 anni, è stato al comando del gruppo dal 2005. Nella sua recente autobiografia racconta la sua storia di ragazzo di modesti mezzi che fa carriera fino al top. E nel presentarla aveva spiegato così il tempismo del suo annunciato ritiro: “Con il lancio di successo del business direct-to-consumer (lo streaming, ndr) e l’integrazione della Twenty-First Century Fox ben avviata il momento è ottimale per il passaggio al nuovo Ceo”. Ottimale, con il senno di poi, non lo è stato. Disney ha alle spalle una lunga storia nella quale ha attraversato ripetute crisi e polemiche, sempre capace di rilanciarsi. Il coronavirus potrebbe rivelarsi la sfida più dura.
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