DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Marco Giusti per Dagospia
Pazzi della lucha libre mexicana? Pazzi dei personaggi mitici del wrestling messicano, da El Santo a Blue Demon, da Tinieblas a Metalico, dei loro vestiti e delle loro maschere sgargianti? Il vostro film è questo clamoroso “Cassandro”, appena uscito in tutto il mondo su Prime Video, nato da un documentario che fece colpo a Cannes qualche anno fa sulla vita di un vero e proprio eroe del mondo gaio della lucha libre, e ora trasformato in un biopic diretto dal regista afro-americano Roger Ross Williams e strepitosamente interpretato da Gael Garcia Bernal come Saul o “Cassandro o exotico”, luchador senza maschera che cambiò le regole che vedevano gli exotici perennemente perdenti rispetto ai forzuti supermachi.
Il minuto Saul, nato a El Chuco, vicino El Paso, sul confine Usa-Mexico, figlio di ragazza madre, ripudiato dal padre a 15 anni una volta che si è rivelato gay, che combatte coi baffetti e col nome di “El Topo”, eternamente perdente contro Gigantico, il boja di Tijuana, a un certo punto della sua vita decide di liberarsi e di liberare assieme a lui tutti gli exotici, i luchadores gay, puntando a dichiarare la propria identità e la voglia di vincere. Col nome di Cassandro, rubato a una telenovela messicana del tempo, con l’aiuto come allenatrice dell’amica del cuore Sabrina, la luchadora “Lady Anarquias”, si ribella alle regole, diventa una star, pronto a sfidare perfino la leggenda, “El Hijo del Santo”, nel grande stadio di Città del Messico.
E libera anche se stesso. Pippato, scorretto, pieno di vita, Cassandro ribalta il pubblico che gli urla contro qualsiasi sinonimo di “frocio”, e lo porta dalla sua parte. Guadagnando il rispetto dell’Hijo del Santo, che lo invita perfino nel suo programma in tv. Magari il film è un po’ tradizionale, anche se l’immagine è piena di colori e di umori, la musica è tutta costruita sui grandi successi gay del tempo riletti in salsa messicana, come “I Will Survive” cantata da Celia Cruz, la colonna sonora farebbe impazzire Dago, ma l’interpretazione e l’aderenza al personaggio di Gael Garcia Bernal è commovente, anche se non somiglia per nulla al vero Cassandro, più simile a un Malgioglio messicano.
E uno scorda che Bernal, a 44 anni, sta interpretando un luchador poco più che ventenne. Bravissimi anche Roberta Colindrez come Sabrina, anche se avremmo voluto vederla combattere come Lady Anaquias, Perla De La Rosa come Yocasta, l’ingombrante mamma di Saul, il fusto Raul Castillo come Gerardo, sposatissimo luchador fidanzato di Cassandro. Si piange. Vi avverto.
le mille vite di bernard tapie 1
Tra le serie da vedere stasera, non posso che consigliarvi “Le mille vite di Bernard Tapie”, ma in francese era solo “Tapie”, appena uscita su Netflix, che ha molto diviso gli spettatori francesi esattamente come era divisivo il personaggio. Ma è una serie ricchissima e documentatissima, scritta da Tristan Séguéla e Olivier Demangel, interpretata da un perfetto Laurent Lafitte de la Comédie come Bernard Tapie (anche se la seconda moglie Dominique ha detto che il suo Tapie era più virile), Joséphine Jafie come Dominique, Patrick d’Assumçao, Fabrice Luchini. Non era facile costruire una serie su un personaggio così discusso e dalle facce così diverse come Tapie.
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Figlio di un operaio comunista, cantante (ma trova Michel Polnareff e la sua “La poupée qui fait non” sul suo cammino), piazzista, pilota, cialtrone, avventuriero, presidente dell’Olympique Marsiglia tra il 1986 e il 1994, vince quattro scudetti, la Coppa di Francia e la Coppa dei Campioni nel 1993, attore per Claude Lelouch, presentatore, strampalato imprenditore e uomo di successo, che gioca su più piatti, difende i sindacati, poi li tradisce, per diventare ministro durante la Presidenza di François Mitterand.
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Partito socialista, si sposta da una lista “Energie Radicale” all’appoggio a Sarkozy nel 2006. Se le prime puntate sono un filo più agiografiche, il sognatore perdente che punta sempre più in alto e alla fine vince, quelle successive entrano nel vivo delle sue contraddizioni e ambiguità politiche. Che divideva coi socialisti francesi, certo. Ma che cavalcava allegramente. Bello, pieno di grinta, nato proletario ma pronto a una rapida scalata di classe, si serve di tutto quello che può per arrivare al successo. E, come i capitani d’industria italiana, cade più volte e si riprende. Finisce anche in prigione, dove lo vediamo entrare nel 1997 a inizio della serie. Assolutamente da vedere.
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