What a message from @DjokerNole and one for our children “dream big and don’t let anyone take away that dream” pic.twitter.com/HDRyJy22oa
— Matt Le Tissier? (@mattletiss7) January 30, 2023
Stefano Semeraro per “la Stampa”
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«Sogno» è una parola consumata dalle molte volte che la si tira in ballo, svuotata di significato perché troppo generica.
Ci voleva Novak Djokovic per darle una lucidata e rimetterla in vetrina, di nuovo evocativa perché splendente di vita vissuta, di lacrime e amarezza, di sofferenza e rivincita.
Un anno fa il Djoker rotolava fuori dall'Australia con il foglio di via, dopo una settimana di prigionie e processi. Non ha mai abiurato una causa discutibile - non vaccinarsi - ma ha pagato con dignità e coraggio la sua pena. E nonostante i due Slam saltati per il bando e i punti cancellati della vittoria a Wimbledon, sul campo si è ripreso quello che era suo: il numero 1 del mondo. Ha battuto Stefanos Tsitsipas in tre set (6-3 7-6 7-6) vincendo il suo decimo Australian Open (su dieci finali, impressionante) il 22° Slam che lo porta in parità con Nadal. Voleva continuare «a scrivere la storia del tennis», voleva una rivincita, e l'ha ottenuta mentre Melbourne Park si trasformava in una piazza di Belgrado.
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«Io e Stefanos veniamo da Serbia e Grecia, due paesi non grandi, senza una grande tradizione tennistica a cui ispirarsi», ha detto dopo essersi ripreso dal pianto liberatorio («un collasso emotivo») che lo ha colto dopo due settimane di stress continuo, mentre abbracciava i suoi in tribuna. «Il messaggio per tutti i giovani è che ce la possono fare, non importa da dove vengono. Quindi vi dico coltivate i vostri sogni, innaffiateli come si fa con i fiori. Trovate chi è pronto a condividerli con voi, e non fateveli rubare da nessuno».
Lo ha detto da ex bambino cresciuto sotto le bombe delle guerre balcaniche - e che da quattro anni, lui serbo, ha un coach croato - costretto ad emigrare a 13 anni da solo in Germania. Nel suo sogno ci sta tutta una vita. Carne, sangue, speranze. Errori, certo ma guai a giudicare solo quelli.
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IL TELEGRAPH: DJOKOVIC HA DATO UNA LEZIONE AGLI IPOCRITI CHE GODEVANO DEI SUOI GUAI
Non ha solo vinto sul campo il suo ventiduesimo Slam. Lo ha vinto anche “fuori”. In faccia – scrive Oliver Brown sul Telegraph – ai “critici ipocriti che godevano delle sue sfortune”. La rivalsa totale di Djokovic è sportiva, sì. Ma anche politica, scrive l’editorialista. Lo avevano demonizzato, li ha battuti tutti.
“Può essere un tropo abusato, la vendetta – scrive – Ma nient’altro cattura del tutto il capovolgimento narrativo che Djokovic ha progettato a Melbourne. Un anno fa, era il paria dei paria, deriso come “Novax Djocovid” per aver osato rimanere impassibile, un uomo la cui eventuale deportazione è stata sfruttata dal governo australiano per cinici calcoli politici. Ora può riflettere con soddisfazione sull’avere l’ultima parola su tutti quegli opportunisti che hanno usato i loro cinque minuti di notorietà per esporlo al ridicolo globale”.
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E’ un articolo questo che evidentemente anche il giornalista del Telegraph aveva in animo da un bel po’. Fa la lista dei “nemici”. Dice che il trionfo di Djokovic è “un colpo d’occhio per Karen Andrews, l’ex ministro degli interni, che qualche settimana fa dichiarava ancora pomposamente che il ripristino del suo visto sarebbe stato uno schiaffo in faccia a quelle persone in Australia chi ha fatto la cosa giusta. È un rimprovero a Scott Morrison, l’ex leader che lo ha reso il capro espiatorio per le dure politiche di confine della nazione, il tutto in un futile tentativo di rielezione. Ed è il colpo di grazia definitivo di Alex Hawke, l’allora ministro dell’immigrazione, che ha falsamente dipinto la sua presenza nel Paese come un parafulmine per gli anti-vax in un momento in cui venivano somministrati milioni di richiami del vaccino”.
novak e srdjan djokovic Novak Djokovic Australian open Novak Djokovic chiede di cacciare un tifoso molesto tifofsi serbi agli australian open