Gianmaria Tammaro per Dagospia
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Quelli di Joe Sarno non erano porno, ma film sinceri, pieni d’arte e sentimenti, spesso girati dal punto di vista femminile, che culminavano nel sesso e che nel sesso trovavano un motivo e un movente, ma che non s’insozzavano, come poi sarebbe successo, con la conta infinita degli orgasmi, con l’eiaculazione a tutti i costi di lui e il placido servilismo di lei.
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Joe Sarno è stato un punto nel cinema mondiale; ha fatto da contatto tra i primi film di nudi e l’hardcore. È stato ignorato, dimenticato, spinto via da tutte le frange della settima arte. Intorno al 2009, come racconta “I Sarno – Una vita nel porno” di Wiktor Ericsson, in onda su Cielo domani sera alle 23:15, si era ritirato a vita privata con sua moglie, Peggy Steffans, nel suo appartamento buio e pieno di cose, un tavolo, due sedie, un letto e un grande televisore, e aveva covato fino all’ultimo il desiderio, più che il sogno, di girare un altro film.
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Aveva scritto una sceneggiatura e l’aveva presentata a vari produttori. Ma era vecchio, e se c’è una cosa che il cinema di qualunque tipo, forma e importanza non perdona è proprio la vecchiaia. Così Joe, fino alla fine dei suoi giorni, fu costretto a riguardare film in bianco e nero, a bearsi di quella bellezza così inafferrabile e incredibile, e a condividere i piccoli piaceri di ogni giorno – una passeggiata al parco, incontri nelle università, un hamburger al formaggio – con sua moglie.
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Quella che “I Sarno – Una vita nel porno” racconta è una storia d’amore, tra due signori, due artisti, che si sono sposati andando contro il parere della famiglia di lei, che hanno insistito con la loro carriera nonostante le critiche feroci a lui, e che, fino all’ultimo giorno insieme, hanno continuato a fare progetti.
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Torneremo in Svezia, dice Peggy con un sorriso, mentre cammina sottobraccio con Joe, seguiti dalla camera di Ericsson. E lui le dice sì, accondiscendente, un David Attenborough ingrassato e bianco, il viso ripulito, il ventre prominente, il bastone sempre a portata di mano. Dice di sì, anche se stava male. Joe è morto a 89 anni, pochi mesi dopo quelle riprese. E sua moglie, da quel momento, ha cominciato a portare in giro con sé il lungo articolo che il New York Times gli aveva dedicato. Come a dire: vedete, era uno importante, uno che ha fatto cose che hanno cambiato il cinema e quindi la vita di tutti, e che sapeva il fatto suo; ora chi ci ha offeso dovrà chiederci scusa: a cominciare da mia madre.
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Con i suoi film, Sarno non voleva immortalare il sesso come atto – e che noia, e che cosa banale; e lo dice anche Margherita Vicario: “e non è come in un porno, porco mondo; è molto meglio” – ma come atteggiamento, come sfumatura, come carica erotica. Le sue storie erano storie di infedeltà, passioni, di piccoli gesti, di brividi, di occhiate, di sospiri. I porno hardcore, che sarebbero venuti dopo di lui, erano volgari, senza storia (e quanto la odiava, Joe, questa cosa: preferiscono un attore che riesce ad avere un’erezione a comando a uno bravo, capace, credibile), senza futuro. Perché duravano un attimo e poi via, avanti il prossimo, come in un’organizzata catena di montaggio della masturbazione.
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Fino all’ultimo istante, fino al no decisivo dei produttori, Joe continuava a sperare e a credere: a sperare in una possibilità, e a credere che al mondo servisse qualcosa di più del semplice e rozzo sesso. Joe era un amatore, un amante, un appassionato. Sua moglie glielo ripeteva: con Internet non c’è più mercato per te e per i tuoi film, tutti scaricano tutto. E lui allora si nascondeva nella penombra della sua vecchia camera da letto, quella in cui viveva da ragazzino, e si rifugiava nei ricordi d’infanzia: la sua prima volta, la figlia dei vicini, il potere che lei ebbe su di lui fin dal primo momento, e l’ansia di star commettendo qualcosa di terribile e di sbagliato. Aveva 13 anni.
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Oggi di Joe che cosa resta? Restano i suoi film, certo. Resta la sua testimonianza. Resta quel necrologio che Peggy ha piegato dieci, cento volte e che ha portato sempre con sé, nella sua borsa. E resta il loro amore. Che non è solo bei sentimenti, carezzine e bacini. L’amore è soprattutto appartenersi reciprocamente, è esserci sempre, è condividere con una stretta di mano, ed è soprattutto piacere: il sesso senza amore sarà pure solo sesso, pura carnalità; ma l’amore senza sesso è piatto, religioso, insipido.
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