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Arianna Ravelli per il “Corriere della Sera”
L’assassino è biondo ed è Lewis Hamilton (settima vittoria stagionale, «forse il miglior weekend di sempre»), la vittima è il campionato (virtualmente chiuso: Nico Rosberg si ferma a tre giri dalla fine con il motore in fiamme, è a -53 punti e abdica, «fa male, si fa dura»), quello che sperava di guadagnare dall’eredità è Seb Vettel, che forse ha fatto un pensiero a una vittoria a tavolino, ma è strafelice del secondo posto al suo debutto a Monza da pilota Ferrari («Il miglior secondo posto della mia vita»).
La trama si sviluppa complessa attorno a un caso di pressione delle gomme Mercedes, che tiene il verdetto della pista in bilico per tre ore ma poi finisce senza colpevoli. Psi Monza (pronunciato all’inglese, come il dato che misura la pressione), è il thriller non tanto riuscito:
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Kimi Raikkonen regala subito il colpo di scena piantandosi, pare per colpa sua, in partenza (da secondo si ritrova ultimo e finirà quinto), poi segue una gara da sonniferi (in cui la Mercedes chiude con 25’’ di vantaggio su Vettel e Massa conquista un festeggiatissimo terzo posto), che si anima non appena le macchine tagliano il traguardo. Anzi qualche giro prima, quando a Hamilton, che poteva gestire, l’ingegnere ordina stranamente di spingere. «Poi ti spieghiamo perché». Il team voleva che aumentasse il margine in modo da cautelarsi in caso di penalità di 20’’.
Neanche il tempo di esultare per Lewis che la Fia comunica che le gomme di Mercedes e Ferrari sono state controllate prima del via. Risultato: Rosse ok, Frecce d’Argento con la pressione della posteriore sinistra inferiore al minimo consentito (Hamilton di poco, Rosberg di molto). Il che in teoria significa trarre un vantaggio di prestazioni (banalmente: più le gomme sono sgonfie, più aumenta il contatto a terra e il grip) e mettere a rischio la sicurezza.
Dopo gli scoppi di pneumatici visti a Spa e le conseguenti, feroci, polemiche, la Pirelli ha infatti deciso di fissare una serie di parametri (pressione, angolo di camber, temperatura), che non fanno parte del regolamento tecnico, ma che la Federazione riconosce e che i team sono invitati a seguire. Invitati, ma senza che si sappia a cosa vanno incontro se non lo fanno (nella gara di sabato della Gp2, però, sono stati cancellati dei tempi per violazioni simili).
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E senza che sia stata fissata una procedura chiara su quando effettuare i controlli. Infatti il comunicato della Fia che mette in cassaforte la vittoria di Hamilton spiega sostanzialmente che le misurazioni sono state svolte nel momento sbagliato. Cioè quando le termocoperte erano già state staccate e le gomme si erano raffreddate. Si è accolta, così, la tesi della Mercedes che sosteneva che in gara le gomme (più calde) sono rientrate nei parametri.
Comunque un pasticcio, che lascia parecchi interrogativi. Perché la Mercedes, con il margine che ha, ha rischiato? «Forse sabato gli abbiamo messo paura», azzarda Maurizio Arrivabene. E soprattutto: Lewis e Nico hanno gareggiato correndo dei rischi? Toto Wolff lo esclude: «La nostra priorità è seguire le prescrizioni di sicurezza, non è un principio derogabile».
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In ogni caso, gomme più o meno sgonfie, la Mercedes per la Ferrari sarebbe stata comunque irraggiungibile. E questo è il vero giallo da risolvere: quanto si è avvicinata la Rossa? L’impressione è che la strada sia ancora lunga. La qualifica aveva illuso, ma Rosberg non aveva usato il motore nuovo e a Hamilton sono state imposte regolazioni prudenti. In gara era più lenta di oltre mezzo secondo al giro. «Noi abbiamo migliorato al sabato — spiega Arrivabene —, poi dipende dalle piste. A Singapore saremo più vicini».
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