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    DON’T PAY FOR ME ARGENTINA - NEL PAESE SUDAMERICANO AUMENTANO I SEGNALI DI INSTABILITÀ: MORAL SUASION SULLE COMPAGNIE STRANIERE (VEDI TELECOM) PER NON ESPORTARE GLI UTILI, SCUDO FISCALE, FALLITO BLITZ PER NAZIONALIZZARE IL SETTORE ENERGETICO (ENDESA E REPSOL NEL MIRINO) - TORNA L’INCUBO DEL TRACOLLO: PER GOLDMAN SACHS, CONTI TRUCCATI E INFLAZIONE GIÀ AL 24%...


     
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    Roberto Sommella e Angela Zoppo per "MF"

    Cristina KirchnerCristina Kirchner

    Forse stavolta nessun risparmiatore si ritroverà con un pugno di mosche in mano come ai tempi dei Tango bond, ma la paura che in Argentina si stia consumando una nuova crisi finanziaria si rivela ogni giorno più concreta. Dopo i segnali inquietanti derivanti da alcune mosse dirigiste messe in campo dal governo retto da Cristina Kirchner circa un mese fa (moral suasion sulle compagnie straniere per non esportare gli utili prodotti nel Paese sudamericano, scudo fiscale per frenare la fuga dei capitali, fallito blitz per nazionalizzare il settore energetico) e rilanciate da MF-Milano Finanza, ieri sono arrivati alcuni rumor che descrivono una situazione quanto meno instabile.

    Cristina KirchnerCristina Kirchner

    Secondo quotidiani e agenzie di stampa locali, Telecom Argentina, posseduta al 100% da Telecom Italia, potrebbe non pagare dividendi sull'utile 2011 proprio in ossequio alla politica nazionalista della nuova Evita. Ovviamente dall'azienda italiana sono arrivate smentite che sottolineano come ogni decisione verrà presa in Italia e solo alla fine di aprile, ma non è un mistero che il governo di Buenos Aires abbia messo in atto una campagna per trattenere i capitali dentro i proprio confini.

    Da tempo il governo sta esercitando qualcosa di più di una moral suasion per fare in modo che i dividendi delle aziende straniere non siano distribuiti all'estero e vengano invece reinvestiti nelle compagnie multinazionali. Per ottenere lo scopo, mentre i rappresentanti dell'azionariato pubblico presenti nei board delle compagnie ex statali incentivavano le loro richieste di informazioni, la Borsa de Valores lo scorso novembre ha emanato una direttiva secondo cui le compagnie non locali sono «obbligate» a portare in assemblea progetti di bilancio con l'esatta indicazione di come intendono destinare gli utili (da qui i timori per Telecom Argentina).

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    Inoltre, un dividendo pagato all'estero viene considerato come un pagamento in valuta estera e quindi è assoggettato a un'autorizzazione da parte del governo. Infine, il primo marzo è scattato uno scudo fiscale che si concluderà il prossimo 31 agosto, per far rientrare i capitali sottratti al fisco. Perché tutto questo? I commentatori si dividono tra un'effettiva crisi di liquidità, pur non devastante come ai tempi del default del 2001, e un rigurgito di peronismo ideologico. Certi numeri sull'economia fanno però pensare che qualche scricchiolio finanziario ci sia davvero.

    Secondo Goldman Sachs, che parla apertamente di conti truccati, l'inflazione sarebbe già al 24%, per altri analisti i prezzi sarebbero invece aumentati solo del 20% a fronte di una svalutazione della moneta negli ultimi otto anni pari al 20% sul dollaro e negli ultimi quattro superiore al 30% circa sull'euro. Anche per questo, nella lotta all'esportazione dei capitali, la presidentessa, che è riuscita a far piombare ai minimi da cinque anni il commercio estero di valuta, sta cercando con tutte le sue forze di convincere il Brasile ad adottare una legge comune per bloccare tutti i soldi generati nell'area dalle grandi multinazionali.

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    Sul fronte energetico, invece, i segnali critici per le multinazionali sono ben peggiori. Repsol sta tentando un'ultima, disperata carta, per cercare un compromesso con la Kirchner. La proposta è quella di far autorizzare dall'assemblea straordinaria degli azionisti un aumento di capitale per oltre un miliardo di euro, attraverso l'emissione di nuove azioni, riservato alla controllata argentina Ypf, sulla quale il governo vuole autorizzare un'opa ostile utilizzando i fondi AnSeS (Seguridad social).

    Oltre a rafforzare patrimonialmente la società, Repsol sarebbe disposta ad assicurare che tutti gli utili di Ypf verranno reinvestiti in Argentina senza che nemmeno un peso esca dai confini nazionali. Intanto, però, il programma di investimenti Petróleo Plus per il mercato argentino è stato stoppato. La tensione non scende e l'utility spagnola comincia ad accusare il colpo.

    GOLDMAN SACHSGOLDMAN SACHS

    Oltre ai tracolli in borsa, seguiti ai recenti ritiri delle licenze esplorative da parte di ben cinque province argentine, il gruppo ha subito anche un altro downgrade da Fitch, che ha portato il rating sul lungo termine da BBB+ a BBB. Come già Moody's, anche Fitch spiega che, alla luce della pressione esercitata dalla Casa Rosada, Ypf non consoliderà la sua generazione di cassa nei conti della capogruppo. Non si tratta di spiccioli: gli asset locali, infatti, contribuiscono per il 35% all'ebitda complessivo, senza contare che Repsol ha beneficiato di dividendi per 600 milioni di euro dalla sussidiaria sotto assedio. Il deconsolidamento che seguirebbe a un'opa, quindi, avrebbe effetti pesanti sul gruppo di Madrid.

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    La partita Repsol viene seguita con apprensione dalle altre utility presenti in Argentina, come Endesa. La controllata dell'Enel è il principale operatore elettrico del Paese sudamericano, dove è presente dal '92. Negli ultimi anni non sono mancati momenti bui. Oggi Endesa lamenta in particolare la violazione dell'Acta Acuerdo del 2006, che vincolava la sussidiaria Edesur a maggiori investimenti in cambio di un aggiornamento semestrale delle tariffe, per tenere il passo con l'inflazione galoppante.

    Il mancato rispetto dell'accordo ha portato a un aumento record del 440% dei costi di Edesur. Ma a ben guardare è dal 2002 che il mercato elettrico argentino viene frenato da interventi legislativi straordinari, che congelano le tariffe. La situazione è tale, denuncia Endesa, da mettere a rischio la stessa redditività degli investimenti. Uno spettro che fa paura ormai a molte imprese mondiali.

    BERNABEBERNABE

     

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