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    DONNE CHE ODIANO GLI UOMINI – LE SVALVOLATE TEORIE DEL FILM “PROMISING YOUNG WOMAN”, MANIFESTO DEL #METOO, CHE METTE ALLA BERLINA TUTTI GLI UOMINI SENZA DISTINZIONE – IL PENSIERO FONDANTE SI ARTICOLA SU TRE PILASTRI: IN OGNI “BRAVO RAGAZZO” SI NASCONDE UN VIOLENTATORE POTENZIALE; SE A VENT’ANNI APPROFITTI, IMPUNITO, DI UNA DONNA NON CONSENZIENTE, A TRENT’ANNI FARAI BEN DI PEGGIO; CHI È STATO COMPLICE RESTERÀ COMPLICE A VITA – UN VERO INSULTO AL GENERE MASCHILE…


     
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    Teresa Marchesi per "www.huffingtonpost.it"

     

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    Ragazza sbronza stuprata a una festa da un coetaneo, col branco che applaude: non pensate subito e solo a ‘quel’ caso, è cronaca sciaguratamente quasi ordinaria, e puntualmente si scontra col classico “se l’è andata a cercare”. Conosco maschi (uno è mio figlio) che si sono sentiti personalmente insultati da “Promising Young Woman - Una donna promettente”, manifesto #MeToo candidato a ben cinque Oscar ( tra cui miglior film, miglior attrice Carey Mulligan, miglior regia) e ‘winner’ per la sceneggiatura originale.

     

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    Emerald Fennell, sceneggiatrice e attrice britannica ( era Camilla Parker-Bowles nella serie “The Crown”) alla sua prima regia, non si aspettava tanta fortuna. E il film, che da noi sarà in sala con Universal il 24 giugno, farà discutere meno per la sua qualità artistica che per gli agganci con l’attualità Vip di casa nostra. Però..

     

    Il pensiero fondante di “Una donna promettente”( supportato da due star militanti come Margot Robbie, produttrice, e Carey Mulligan, protagonista e produttrice esecutiva ) si articola su tre pilastri : 1) in ogni ‘bravo ragazzo’ si nasconde un violentatore potenziale; 2) se a vent’ anni approfitti, impunito, di una donna non consenziente, a trent’anni farai ben di peggio; 3) chi è stato complice resterà complice a vita. Ideologicamente, ma anche stilisticamente, è un film tagliato con l’accetta: nessun personaggio maschile, di fatto, si salva. Gli uomini di sani principi si offendono, con ragione: non è vero che sono tutti così. Però..

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    La storia: Cassie (Carey Mulligan) pratica la vendetta ‘di genere’ fingendosi sbronza persa, facendosi rimorchiare nei bar da un ‘bravo ragazzo’ a caso che le preferisce incoscienti, e svergognando il galantuomo mentre si cala i pantaloni. Così fan tutti, dice il film. Diciamo che la sua è una ’mission’pedagogica. Il trauma che la motiva - e che le ha fatto lasciare i brillanti studi di medicina per servire in un oscuro coffee shop – è lo strazio e la morte dell’amica del cuore dopo uno stupro al college denunciato nell’indifferenza generale.

     

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    Le dinamiche suonano familiari, anche troppo : il video umiliante diffuso sui social, la preside del college ‘bene’ che insabbia il fattaccio, il legale del violentatore figlio di papà che scava fango su Internet nella vita della vittima e la costringe a tacere. Tutti complici, tutti colpevoli da punire, per la nostra Erinni, con tecniche da terrorismo psicologico : devono sperimentare la paura di una violenza simile su se stessi o sulle proprie figlie. Nelle more, la regista suggerisce anche di armarsi di cric contro passanti e automobilisti che praticano il cat-calling o che ti sputano contro i soliti epiteti sessisti. Thelma e Louise, se ricordate, erano più radicali.

     

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    L’apoteosi noir arriverà con il party di addio al celibato dell’ex violentatore, ormai rispettabile medico in carriera, ma lo shock del finale ha una ‘coda’ altrettanto sorprendente, altrettanto imprevedibile. Fennell mescola gli stilemi del ‘ revenge movie’ con quelli della commedia rosa-pop, solo per brutalizzarla però : l’uomo perfetto, l’adorabile ex compagno di studi ( Bo Burnham ) che quasi persuade Cassie ad archiviare la sua furiosa ossessione, finirà nella lista dei cattivi, perché si scopre che fu presente allo stupro senza reagire.

     

    “Una donna promettente”( promettenti erano, da studentesse, tanto Cassie che la defunta Nina) è sicuramente un film ‘rude’, nel doppio senso inglese di ‘sgarbato’ e di ‘rozzo’. Come rozze sono certe cure da cavallo contro le malattie. Quella forma particolarmente subdola di violenza che consiste nell’abusare per trastullo di una donna non consenziente ‘è’ una malattia. Magari non la stronchi con un film manicheo, ma è indispensabile liberare queste storie e queste vittime - puntualmente criminalizzate- dal grigio delle statistiche, con ogni mezzo possibile.

     

    La regista afferma di aver pensato, in partenza, a un finale “a lot starker and a lot bleaker”, cioè molto più crudo e più lugubre di quanto già è. La mente rifugge. Ma nelle pagelle dei critici raccolte da “Rotten Tomatoes” i consensi ( bisex ) per il film sono – sorpresa ! – il 90 per cento. Brutte notizie, per i ‘bravi ragazzi’…

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