Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”
GIUSEPPE GRAVIANO
Improvvisamente il boss delle stragi decide di parlare e lancia messaggi. Dopo 26 anni di «carcere duro» Giuseppe Graviano - l'uomo che custodisce i segreti dei rapporti tra mafia e politica mentre Cosa nostra disseminava l'Italia di bombe, tra il 1993 e il '94 - incrina il muro di silenzio: per la prima volta accetta di rispondere all'interrogatorio del pubblico ministero e dei giudici, pronunciando frasi che sanno di avvertimento.
GIUSEPPE GRAVIANO IN BERMUDA NEL CARCERE DI ASCOLI PICENO
«Se volete scoprire i veri mandanti delle stragi indagate sul mio arresto», dice al pubblico ministero Giuseppe Lombardo nel processo in cui è imputato, insieme al capo 'ndrangheta Rocco Filippone, dell' omicidio dei due carabinieri Antonino Fava e Giuseppe Garofalo, uccisi a Reggio Calabria il 18 gennaio 1994, e il ferimento di altri quattro militari dell' Arma, in quello stesso periodo; delitti collegati agli attentati del '93 di Firenze, Roma e Milano per costringere - secondo l'accusa - lo Stato e il partito nascente Forza Italia a scendere a patti con la mafia.
MARCELLO DELL UTRI E SILVIO BERLUSCONI
Graviano fu arrestato a Milano il 27 gennaio 1994, dieci giorni dopo il duplice omicidio in Calabria, in compagnia del fratello Filippo (anche lui ergastolano) e del palermitano Giuseppe D'Agostino, padre dell'ex calciatore Gaetano che ha giocato in serie A con la Roma, la Fiorentina e altre squadre, che era andato a trovarlo.
«D'Agostino è stato coinvolto a sua insaputa - dice oggi Graviano -, era la prima volta che veniva a Milano, l' hanno avvicinato con la storia che doveva far fare al figlio un provino con il Milan Se indagate su questo arriverete ai mandanti delle stragi».
GAETANO DAGOSTINO
È noto, perché è emerso nei processi a suo carico, che a segnalare al Milan l' allora calciatore-bambino fu Marcello Dell' Utri, il quale ha appena finito di scontare sette anni di pena per associazione mafiosa; dunque è inevitabile collegare al suo nome l' accenno chirurgico del boss. Così come è difficile non pensare a Silvio Berlusconi quando Graviano aggiunge: «Durante la detenzione mi è stato riferito che c' erano degli imprenditori di Milano a cui interessava che le stragi non si fermassero, e che bisognava eliminare un ministro dell' Interno affinché non intervenisse per bloccare questa situazione...».
Gaspare Spatuzza
Il capomafia non dice chi gliel' ha raccontato («io rispetto chi mi fa le confidenze, era un detenuto napoletano»), ma sa benissimo che tutti pensano al fondatore di Forza Italia perché quel nome l' ha ripetuto lui stesso, più volte, nei colloqui in carcere con il compagno di detenzione Umberto Adinolfi (campano, guarda caso) intercettati nel 2016. Sono le registrazioni in cui Graviano parlava della «cortesia chiesa da Berlusca» che poi «fece il traditore», e che hanno determinato la riapertura delle indagini per strage sull' ex presidente del Consiglio e su Dell' Utri.
SILVIO BERLUSCONI E MARCELLO DELL UTRI
Il boss non smentisce quelle intercettazioni, anzi sostiene che sono l'unico elemento di verità riportato nelle carte che l' accusano degli omicidi e dei ferimenti dei carabinieri in Calabria. Il resto, i racconti dei pentiti, lui assicura che sono tutte bugie. A cominciare dalle deposizioni di Gaspare Spatuzza, l'ex mafioso che ha riscritto la storia della strage di via D' Amelio in cui morì Paolo Borsellino e che ha rivelato ciò che gli disse Graviano al bar Doney di via Veneto a Roma, nell' ottobre del '93: «Ci siamo messi il Paese nelle mani grazie all' accordo con Berlusconi, quello di Canale 5, e con il nostro paesano Dell' Utri. Ma bisogna fare ancora un po' di morti, e in Calabria hanno già cominciato». Un riferimento, per l' accusa, agli spari di Reggio contro i carabinieri.
PAOLO BORSELLINO
Oggi il boss dice che lui non è mai stato in via Veneto con Spatuzza, un bugiardo che dichiara il falso come tanti altri collaboratori di giustizia, pur giudicati attendibili. Graviano sa che le dichiarazioni di un capomafia non pentito valgono quello che valgono, ma ha ugualmente deciso di parlare, in video-conferenza dalla prigione in cui è rinchiuso, seduto a un tavolo traboccante di verbali e sentenze da consultare.
Per poterle interpretare e spiegare, in cella sta ascoltando le intercettazioni del 2016, ma non ha ancora finito. Per questo l' interrogatorio di Graviano proseguirà il 7 febbraio, quando sarà chiamato a rispondere (o a lanciare altri messaggi) delle parole da lui stesso pronunciate su Berlusconi e i presunti tradimenti.
Gaspare Spatuzza