Estratto dell’articolo di Giulia Mietta per il “Corriere della Sera”
NADA CELLA
«Storia di un delitto quasi perfetto». Fausta Bacchioni non era una scrittrice ma dal 1996 al 2000 raccolse in un manoscritto alcuni appunti sul caso Nada Cella. Un titolo azzeccato, se si pensa che per almeno 28 anni il giallo è rimasto irrisolto. Fausta Bacchioni, deceduta qualche anno fa, era la sorella di Marisa Bacchioni, oggi 92enne, madre di Marco Soracco, il commercialista che a lungo è stato il principale indiziato per l’omicidio.
Per entrambi il 15 febbraio si terrà l’udienza preliminare per favoreggiamento e false dichiarazioni nelle indagini sul delitto della segretaria di Chiavari uccisa a 25 anni, il 6 maggio 1996, nello studio del professionista. Quel manoscritto, citato nei più recenti atti della Procura, per i pm non è solo una suggestione, ma l’ennesima prova del tentativo della famiglia Soracco-Bacchioni di depistare le indagini.
NADA CELLA
In particolare nella bozza del libro, che secondo i pm è stato redatto da Fausta, è riportato un dialogo con una vicina di casa in cui l’anziana raccontò alle Bacchioni di avere visto qualcuno fuggire in motorino alle 9 di mattina, subito dopo l’aggressione a Nada. Un dettaglio, questo, sempre omesso dalla madre del commercialista e dalla sorella di lei durante i numerosi interrogatori.
Perché quella reticenza che, peraltro, avrebbe anche aiutato a scagionare Marco Soracco? L’ennesimo elemento che porta gli inquirenti a pensare che Soracco e la madre, per 28 anni, abbiano coperto l’assassino (o assassina) perché, come d’altronde la stessa segretaria uccisa, conosceva un segreto. Un segreto che li avrebbe messi nei guai, forse giri di strozzinaggio portati avanti da qualche cliente dello studio.
OMICIDIO DI NADA CELLA - ANNALUCIA CECERE
La riapertura del cold case, nel 2021, anche grazie alla criminologa Antonella Delfino Pesce, consulente dei Cella, ha portato alla richiesta di rinvio a giudizio per omicidio volontario aggravato dai futili motivi Annalucia Cecere. La 55enne, ex maestra, che si era ricostruita una vita in un’anonima frazione del Cuneese, per l’accusa avrebbe trucidato quella che considerava una rivale in amore.
OMICIDIO DI NADA CELLA - MARCO SORACCO
Poi avrebbe fatto di tutto per allontanare da sé ogni sospetto, anche facendo pressioni su un ex fiamma a cui chiese di raccontare agli investigatori che, al tempo del delitto, stavano ancora insieme e quindi lei non avrebbe avuto motivo di essere gelosa di Nada, di cui Soracco era invaghito. A confermare il tentativo di depistaggio è stato un ex della donna, Adelmo Rota. Anche il suo nome compare nella richiesta di rinvio a giudizio. Cecere riuscì a ricontattarlo nel maggio scorso.
Nel corso della chiamata «mostra un atteggiamento persecutorio nel tentativo di indurlo a ricordare che all’epoca dell’omicidio ancora si stavano frequentando». Non solo: la sera stessa in cui Nada era stata uccisa Cecere avrebbe chiamato un’amica vicina ai Soracco per chiedere il posto di lavoro di Nada. A svelarlo la madre di Soracco che, parlando la sera del maggio 2021 con un’amica di nome Tina, racconta: «Ha telefonato la sera stessa che la televisione ha detto che quella ragazza era morta. Erano le sette e ha chiamato un’amica di mio figlio per dire se dava a lei il lavoro di Nada».
NADA CELLA
Ancora. C’è un altro dettaglio che ritorna nell’inchiesta: un bottone con la scritta «State of Oklahoma» trovato vicino al corpo di Nada. Altri cinque bottoni uguali erano a casa di Annalucia Cecere. Appartenevano a una giacca dell’uomo, ma a lungo non vennero considerati un indizio significativo. La donna, dopo la riapertura del caso, intercettata, chiamò un’amica infermiera per chiedere quanto potessero essere accurati i test del dna dopo molti anni. Un interesse «più che sospetto» secondo gli inquirenti. Ma non ingiustificato.
OMICIDIO DI NADA CELLA
In effetti, gli esami portati avanti sui reperti dopo il 2021, non hanno portato alcun riscontro utile. […] altri elementi recenti supportano le tesi dei pm. Sempre dalle carte, si scopre che Marisa Bacchioni in una discussione nella sala d’attesa di un Commissariato di polizia, intercettata, disse al figlio: «Ma guarda quanto danno ci ha fatto quella donna lì». Frase in contraddizione con le dichiarazioni riportate a verbale pochi minuti dopo davanti alla Squadra mobile, a cui Bacchioni dirà di non conoscere Cecere.
Negli atti si parla anche della possibile arma, un fermacarte o una pinzatrice, ritrovate nello studio del commercialista, quel luogo […] dove Nada, proprio nei giorni prima di morire, non avrebbe più voluto mettere piede. Molti testi citati nelle carte, hanno raccontato che Nada era spaventata, aveva continue crisi di pianto, e lamentava problemi sul lavoro e con il titolare. C’era qualcosa che la attanagliava. […]
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