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    NELLA VITA CI SONO TRE CERTEZZE: LA MORTE, LE TASSE, E IL DNA - DOPO 50 ANNI OTTIENE IL RICONOSCIMENTO DAL PADRE NATURALE, E GLI CHIEDE 4 MILIONI DI EURO - ECCO 'L'ITALIA DI UNA VOLTA' CHE A MOLTI MANCA: IL RICCO RAVENNATE METTE INCINTA LA POVERA MADRE DI ANTONELLA QUANDO LEI AVEVA 16 ANNI, POI ALLA MAGGIORE ETÀ LA SCARICA 'PER NON CREARE SCANDALO'. LEI PER TUTTA LA SUA INDIGENTE VITA CHIEDE DI ESSERE RICONOSCIUTA MA SOLO ORA...


     
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    Franco Giubilei per la Stampa

     

    È stata una vita molto difficile, vissuta sul filo della precarietà economica se non, in certi periodi, della povertà vera e propria, quella di una donna di 55 anni di Ravenna.

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    Oggi però, a quasi mezzo secolo dal giorno in cui sua madre le indicò da lontano chi era il suo papà, l' esistenza di questa persona potrebbe cambiare radicalmente, perché il tribunale civile ha appurato con un esame del Dna che quell' uomo, che non ha mai voluto riconoscerla come figlia, è veramente suo padre. E siccome il genitore è anche un uomo benestante, la richiesta di risarcimento dei danni morali e patrimoniali per tutto ciò cui ha dovuto rinunciare da quando è nata è stata stimato in una cifra ingente, pari a quattro milioni di euro.

     

    «Avevo sei anni quando mia mamma mi disse che il mio vero padre era un altro, e me lo mostrò», racconta Antonella M., operaia. L' atto di citazione descrive un imprenditore del Ravennate, titolare di un' azienda vinicola, «che ha sempre goduto di un' alta condizione economico-sociale e di livelli eccellenti di vita e di lavoro».

     

    Antonella invece quella condizione non poteva neanche sognarsela, perché la sua è stata un' esistenza estremamente travagliata, come spiega la sua legale, Liliana Talarico: «Sua madre era una ragazzina quando l' ha avuta, aveva solo 16 anni ed era molto semplice e umile. Di conseguenza, lei è cresciuta in una situazione di grande ristrettezza economica. Il padre non ha voluto riconoscerla perché sarebbe stato disonorevole: all' epoca era già sposato o in procinto di farlo, e il suo buon nome non lo si poteva toccare».

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    Una situazione che si può facilmente immaginare, nella provincia profonda dell' Italia degli Anni 60: da una parte lo stimato e facoltoso discendente di una famiglia di imprenditori, e dall' altra il frutto di un rapporto clandestino da tenere nascosto.

     

     La relazione tuttavia prosegue fino a quando la giovanissima amante diventa maggiorenne, dopodiché, si legge nell' atto di citazione, l' uomo mette fine a ogni contatto, «presumibilmente al fine di evitare scandali». Tanto più che l' imprenditore nel frattempo mette su famiglia e ha due figli, un maschio e una femmina, che piazza in posizioni di responsabilità nella sua azienda. Anche Antonella nel frattempo diventa madre e poi nonna, ma le sue condizioni sono sempre precarie.

     

    Quando inizia a cercare il padre è ancora molto giovane e il primo incontro si risolve in una delusione cocente. Poi, alla fine degli Anni 70, è il genitore a farsi vivo nella fabbrica dove lei lavora, portandole dei regali, per poi sparire di nuovo. Inutili i tentativi successivi di entrare in contatto con lui, così come i messaggi che gli manda per vent' anni ogni Natale e ogni compleanno.

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    Solo l' azione di riconoscimento di paternità andata a buon fine le ha permesso di conquistare il suo vero cognome: «Ora, con l' atto di citazione, chiediamo 4 milioni di risarcimento di danni morali e patrimoniali - aggiunge l' avvocato -, per la perdita di chance derivante dal fatto che il padre non ha mai voluto riconoscerla».

     

     

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