Flavia Amabile per “la Stampa”
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Stamattina lo scrittore Corrado Augias andrà all' Ambasciata di Francia per restituire le insegne della Legion d' onore. Un gesto, spiega, «dettato dall' indignazione, perché quasi nello stesso giorno il presidente francese Emmanuel Macron ha concesso la Legione d' onore al presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e dalla Procura di Roma sono emerse le rivelazioni sul caso di Giulio Regeni». A rispondere per la Francia è stato l' ambasciatore in Italia, Christian Masset: «La Francia è in prima linea per i diritti umani e non fa compromessi. Più casi sono stati discussi durante la visita del Presidente Al-Sisi a Parigi, nel modo più adeguato per più efficacia».
giovanna melandri foto di bacco
Davanti all' ambasciata non ci sarà la fila di personalità in protesta come si è augurato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty in Italia, A annunciare di voler restituire il riconoscimento c' è Giovanna Melandri, oggi presidente della Fondazione Maxxi che ebbe la Legion d' Onore nel 2003 per il suo contributo alla diffusione dell' arte contemporanea.
«Sono pronta a riconsegnare la Legione anche io come Augias - spiega -. Sono stata onoratissima dell' onorificenza che la Francia mi accordò. Ancora oggi come presidente del Maxxi considero la collaborazione con molte istituzioni culturali francesi un impegno importante per costruire assieme l' identità europea. Ho sempre considerato le relazioni culturali conta la Francia un asse importante del mio lavoro. Ma dopo 20 anni da quel momento sono anche io come tanti altri turbata dalla scelta del governo francese che faccio fatica a comprendere, persino alla luce della realpolitik.
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Mi sarebbe piaciuto ascoltare anche dalla Francia, così come da tutti gli altri Paesi europei a partire dal nostro, parole più nette e vedere azioni diplomatiche e politiche più efficaci nei confronti dell' Egitto. Sono, quindi, pronta a restituire la Legion d' Onore fino a che non sarà fatta verità su Regeni e non sarà liberato Patrick Zaki. Ma al di là dei gesti individuali e simbolici, è fondamentale che il governo italiano si adoperi in tutti i modi per la libertà di Zaki». E come Augias anche Sergio Cofferati restituirà la Legion d' Onore.
Stefania Prestigiacomo, deputata di Forza Italia, ha avuto la Legione d' Onore quattro anni fa e non intende restituirla. «Sono amica della Francia e non riconsegno la Legion d' Onore, prestigioso riconoscimento avuto per il lavoro fatto con la Francia sulle tematiche ambientali. Sarebbe un grave gesto di disprezzo istituzionale. Augias, di cui apprezzo la nobiltà del gesto, non ha ruoli istituzionali ed è padrone di fare le sue scelte. Io personalmente sono più indignata con il nostro governo più che con quello francese. Noi non stiamo facendo niente per non fare calpestare la dignità dell' Italia dal rais egiziano. Io personalmente ce l' ho con Di Maio che forse in questa storia ha più responsabilità di Macron».
patrick george zaki
Chiede una risposta diversa anche Emma Bonino, senatrice di +Europa, insignita dell' onorificenza nel 2009. «Macron non avrebbe dovuto dare la Legion d' Onore a Al-Sisi. Ognuno però reagisce come crede. Io vorrei però ricordare che ci sono tanti Giulio Regeni e Patrick Zaki e che si dovrebbe fare una battaglia per tutti anche a livello europeo e non solo bilaterale».
emmanuel macron riceve al sisi all eliseo
Una posizione molto simile è quella di Piero Fassino, presidente della commissione Esteri della Camera dei Deputati, insignito dell' onorificenza nel 2013: «Penso che la cosa più utile sia chiedere al governo francese di affiancarci e sostenerci nel chiedere al governo egiziano di contribuire a fare piena verità sull' assassinio di Giulio Regeni, richiesta che peraltro è venuta nei giorni scorsi dall' intero Consiglio Europeo, in cui siede anche il Presidente Macron».
2 - DA PIKETTY A KIPLING A LENNON TUTTI I GRANDI RIFIUTI DEI BIG
Bruno Cianci per “il Giornale”
STEFANIA PRESTIGIACOMO
Com' è noto, Corrado Augias si recherà oggi presso l' Ambasciata di Francia a Roma per restituire le insegne di Cavaliere della Legion d' onore, attribuitegli nel 2007, per manifestare il proprio dissenso nei confronti del conferimento del medesimo ordine cavalleresco, nel grado di Cavaliere di Gran Croce, all' egiziano al-Sisi, responsabile di un grave deterioramento dei diritti umani nel paese.
«Non mi sento di condividere questo onore - ha scritto ieri lo scrittore e giornalista - con un capo di Stato che si è fatto oggettivamente complice di criminali. L' assassinio di Giulio Regeni rappresenta per noi italiani una sanguinosa ferita e un insulto, mi sarei aspettato dal presidente Macron un gesto di comprensione, se non di fratellanza».
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Il gesto di Augias è coraggioso e patriottico, e le sue ragioni non sono sfuggite ai cugini francesi, che ieri hanno dato vasta eco all' avvenimento sui media nazionali. Storicamente non è la prima volta che qualcuno «bacchetta» l' Eliseo rifiutando la massima onorificenza d' oltralpe, istituita da Napoleone ai tempi della Prima Repubblica nel 1802. La scrittrice Georges Sand (nata Amandine Dupin) rifiutò la Legion d' Onore perché non voleva che la sua figura fosse associata a quella di una «cantiniera». Molti anni dopo, Léo Ferré, Georges Brassens, Alfred Camus, Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir, rifiutarono anch' essi la decorazione.
giulio regeni
Tra i casi più recenti hanno fatto scalpore quelli che hanno avuto per protagonisti nel 2015 e 2016 l' economista Thomas Piketty, poco tenero verso la politica fiscale di François Hollande, e l' attrice e attivista Sophie Marceau. Se il primo ha liquidato l' iniziativa sostenendo che «non spetta ai governi decidere chi è meritevole», Marceau ha addotto ragioni che ricordano quelle che hanno portato il francofilo Augias a restituire «con profondo rincrescimento» le insegne della Legion d' Onore: la violazione dei diritti umani. La nomina dell' attrice, infatti, fu annunciata poco dopo quella a Grand' Ufficiale del medesimo ordine del principe saudita Muhammad bin Nayef, rappresentante di un regime notoriamente incline alla pena capitale e alla violazione dei diritti umani e delle donne in particolare.
sergio cofferati
Le ragioni per cui si può rifiutare (o restituire) un' onorificenza sono quindi assai molteplici. Rudyard Kipling, il cantore dell' Impero britannico, rigettò nel 1899 un cavalierato perché era convinto di lavorare meglio senza di esso. Un secolo dopo il fisico Stephen Hawking rifiutò il medesimo onore perché diceva di non amare i titoli tout court. Doris Lessing rigettò nel 1992 il titolo di Dama (equivalente femminile di Sir) dell' Impero Britannico perché un' onorificenza intitolata a un' entità non più esistente non aveva alcun senso, mentre Danny Boyle, acclamato regista di The Millionaire e ideatore della cerimonia di apertura dei Giochi di Londra del 2012, ha declinato il titolo di Sir perché non adatto a chi, come lui, si considera un cittadino come tanti. Altri ancora è il caso dei britannici originari dei territori d' oltremare vedono le insegne oggetto del conferimento come il simbolo delle vessazioni inflitte ai propri antenati nelle colonie.
patrick george zaki a roma
Il mondo della musica offre molti spunti in materia.
George Harrison, forse irritato dal cavalierato conferito a Paul McCartney nel 1997, rigettò poco dopo un titolo di rango inferiore, mentre David Bowie respinse ben due proposte di onorificenza, compreso il titolo di Sir nel 2003: diceva di non essere diventato musicista per ottenere quel genere di riconoscimento. John Lennon restituì nel 1969 le insegne di MBE (Membro dell' Ordine dell' Impero Britannico) conferitegli nel 1965 insieme agli altri Beatles per protestare contro il coinvolgimento di Londra nella guerra civile nigeriana e per il sostegno all' avventurismo americano in Vietnam.
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Lo spettro che spinge al rifiuto, dunque, è davvero vasto: si va da chi adduce ragioni frivole a chi, come Corrado Augias, si sente profondamente deluso da Emmanuel Macron per avere tradito i sommi valori di cui la Francia si fa portatrice da oltre due secoli; e per non essersi attenuto - parole dello stesso Augias - «a quella che gli americani chiamano the right thing, la cosa giusta». Le prospettive possono cambiare; ci sono dei principi, tuttavia, che dovrebbero sempre indicare la via.
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THOMAS PIKETTY thomas piketty