Marco Imarisio per il "Corriere Della Sera"
vladimir putin
«Attualmente sono in vacanza all'estero». Era due settimane fa, e così parlava al telefono Vladimir Ryzhkov, deputato della Duma di Mosca, esponente dell'opposizione liberale a Vladimir Putin.
Negli ultimi tempi, sono in molti a essere andati in vacanza, chiamiamola così. Anche perché l'alternativa è il soggiorno nelle patrie galere.
Con una cadenza quotidiana da stillicidio, gli arresti eccellenti del Cremlino sono ripresi all'improvviso. Forse è improprio definirla un'onda, come fu all'inizio della cosiddetta Operazione militare speciale, quando attivisti, studenti e storici leader della contestazione vennero privati della libertà a migliaia. Quella fu la prima e più importante operazione di azzeramento di ogni voce contraria.
I moderati Adesso restano gli altri, gli oppositori moderati, quelli che in qualche modo restavano silenti e dentro il sistema.
vladimir putin vladimir mau
Vladimir Mau, rettore dell'Università di Economia a Mosca, non è certo un barricadiero. Fino a pochi giorni fa figurava anche nel consiglio di amministrazione di Gazprom. Uno studioso molto attivo ai tempi di Boris Eltsin, consigliere di Egor Gajdar, l'autore della riforma economica liberale che sancì il passaggio del modello sovietico al capitalismo. Nei primi anni di Putin, fu anche il direttore del Centro di riforme economiche presso il governo. Lo scorso marzo, aveva firmato e promosso un appello di trecento accademici russi che definiva «una decisione necessaria e opportuna» l'attacco a Kiev.
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Ma questo, oltre a rapporti ancora buoni con il Cremlino, non gli è bastato per evitare la resa dei conti che sempre avviene tra pezzi diversi di Stato durante i periodi di guerra.
Gli attacchi agli economisti liberali da parte degli statalisti «patrioti», che nel nome di un fanatismo ormai diffuso additano al pubblico ludibrio persone come lui e come Aleksej Kudrin, oggi capo della Corte dei conti, ma non si sa ancora per quanto, sono diventati sempre più frequenti.
Mau è stato arrestato per via dell'ormai consueta accusa di corruzione, ormai la leva ufficiale che giustifica la caduta di persone in vista di un certo spessore.
«Orgoglio della Russia» In rapida sequenza, è poi toccata la stessa sorte al fisico Dmitry Kolker, riformista «orgoglio della Russia» che nel 2012 aveva ricevuto questa speciale onorificenza da Putin in persona. Era malato terminale di tumore, ricoverato in terapia intensiva. Lo hanno preso lo stesso. È morto pochi giorni fa, sotto custodia cautelare.
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Sono finiti in carcere gli avvocati siberiani che avevano firmato un appello non per condannare la guerra, ma per chiederne una tregua temporanea. È finito in carcere Ivan Fedotov, una stella venticinquenne dell'hockey.
All'inizio di febbraio era stato salutato come un eroe, insieme ai suoi compagni di squadra della nazionale russa che avevano vinto la medaglia d'argento alle Olimpiadi invernali di Pechino. È stato dichiarato renitente al servizio di leva, ma la sua vera colpa è di aver scelto di esercitare la sua professione negli odiati Usa, firmando un contratto con i Philadelphia Flyers.
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L'area grigia Il filo comune che lega queste persone così diverse tra loro è il loro essere legati all'Occidente, ognuno a modo suo. Con una scelta di vita, con la propria storia culturale e le proprie convinzioni. E ormai non c'è più spazio per quella che il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha definito una «area grigia». Quelli che possono, si eclissano, consapevoli del fatto che le sue vacanze dureranno a lungo. Chi resta, come il settantunenne Dmitry Gozman, uno dei pochi commentatori vagamente non allineati ancora in circolazione, «vive come se ogni giorno potesse essere l'ultimo». Perché sa di rappresentare qualcosa che oggi non ha diritto di cittadinanza oggi in Russia.
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