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    DOPO AVERCI SPIATO PER ANNI, ORA FACEBOOK ESORTA GLI UTENTI A DENUNCIARE GLI ESTREMISTI TRA GLI “AMICI” - SI RISCHIA DI CREARE UN AMBIENTE DOVE OGNI PICCOLO SOSPETTO PUÒ DIVENTARE UNA DENUNCIA, SENZA CONTARE LA VIOLAZIONE ALLA PRIVACY – IL COFONDATORE DI "PRIVACY NETWORK" NAVACCI: “SAREBBE UN DISASTRO. LA RISERVATEZZA DELLE COMUNICAZIONI È L'UNICA DIFESA PER GARANTIRE LA LIBERTÀ D'ESPRESSIONE”


     
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    Gabriele Carrer per "la Verità"

     

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    Sembra passata un'era geologica da quando Facebook era nel mirino della sinistra americana, che accusava il social network fondato da Mark Zuckerberg di aver favorito l'ascesa dell'allora candidato repubblicano alla Casa Bianca Donald Trump. Era il 2016. E pochi mesi dopo, Brad Parscale, direttore della campagna elettorale digitale dell'ex presidente statunitense, avrebbe raccontato in un'intervista televisiva uno dei segreti del successo: la complicità di alcuni dipendenti di Facebook, individuati da lui stesso sulla base della loro fede politica trumpiana.

     

    Cambridge Analytica Cambridge Analytica

    Stiamo parlando della stessa piattaforma su cui aveva costruito un'ampia fetta del suo consenso il democratico Barack Obama che nel 2008 divenne il primo presidente degli Stati Uniti afroamericano. E stiamo parlando della stessa piattaforma che, dopo lo scandalo Cambridge Analytica sulla gestione dei dati di 87 milioni di iscritti a Facebook senza consenso e per fini politici (era il 2018), le accuse non aver chiuso la pagina di un gruppo di miliziani che esortava i cittadini armati a scendere nelle strade di Kenoshan nel Wisconsin (era l' anno scorso), e pure di non aver fatto abbastanza per contrastare i contenuti estremisti che hanno portato all' insurrezione del 6 gennaio scorso a Capitol Hill, ora sembra decisa a cambiare passo.

     

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    Ma forse ha fatto il passo più lungo della gamba. E non soltanto per la discussa scelta di vietare l'utilizzo della piattaforma fino al 2023 all'ex presidente Trump, influenzando inevitabilmente la sua eventuale ricandidatura alla Casa Bianca nel 2024. Infatti, nell'ambito della nuova politica che rientra sotto la «Redirect Initiative», con cui la società promuove organizzazioni contro l'estremismo e a sostegno di persone bloccate in attività del genere, Facebook ha cominciato a inviare ad alcuni utenti negli Stati Uniti un box nel quale indicare, in forma anonima, se un loro contatto mostra segni di «estremismo».

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    Un avviso che arriverebbe dopo che un iscritto ha, consapevolmente o meno, visto passare sulla sua bacheca un post di natura estremista, in ogni sua forma. «Sei preoccupato che qualcuno che conosci stia diventando un estremista?», si legge nel prototipo di avviso.

     

    Un altro messaggio sembra avvisare gli utenti che potrebbero aver visto contenuti estremisti sulla piattaforma. «I gruppi violenti cercano di manipolare la tua rabbia e la tua delusione», dice. «Puoi agire ora per proteggere te stesso e gli altri», continua il messaggio. Inoltre, il social indica agli utenti risorse e organizzazioni che aiutano a lasciare i gruppi estremisti. L' ultima giravolta di Facebook porta con sé un interrogativo: la piattaforma non rischia di passare dal chiudere troppo spesso gli occhi a una caccia alle streghe, per di più su segnalazione anonima?

     

    CRITTOGRAFIA END TO END CRITTOGRAFIA END TO END

    Dietro un buon pretesto rischia, infatti, di nascondersi qualcosa di pericoloso. Come nel caso del Regolamento europeo che verrà votato oggi che, derogando alla direttiva ePrivacy in nome del contrasto alla pedopornografia, permetterà a tutti i provider di servizi di comunicazione di scansionare i nostri messaggi privati. Per farlo, l' Unione europea sta cercando soluzioni per aggirare la crittografia end-to-end. «Una volta "rotta" la crittografia, non si torna più indietro», ha spiegato Matteo Navacci, cofondatore di Privacy Network, su Twitter. «Sarebbe un disastro. La riservatezza delle comunicazioni è l' unica difesa per garantire la libertà d' espressione, di pensiero, e di autodeterminazione delle persone», ha proseguito l' esperto evidenziando che «non è la prima volta che si usa la pedopornografia come scusa per intavolare una campagna anti-crittografia».

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