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    “DOPO I BEATLES E ELVIS CI SONO IO: HO VENDUTO 523 MILIONI DI DISCHI” – IL GRAN MOGOL, AL SECOLO GIULIO RAPETTI, SI INCAZZA CON CHI LO CHIAMA PAROLIERE: "SONO UN AUTORE, IL PAROLIERE È QUELLO CHE FA 'LA SETTIMANA ENIGMISTICA'. LA PAROLA 'PAROLIERE' ESALTA CERTI GIORNALISTI, CHE NON RISPETTO” - "LA CANZONE ITALIANA? È ENTRATA IN RECESSIONE, SENZA MOTIVO. LA POLITICA? NON CREDO AI PARTITI” – IL RICORDO DI BATTISTI E IL VERSO CHE RACCHIUDE LA SUA IDENTITA’ (SPOILER: E’ NE “I GIARDINI DI MARZO”) - VIDEO


     
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    Estratto dell'articolo di Paolo Graldi per “il Messaggero”

     

    Mogol, le canzoni sono frammenti di vita in musica?

    mogol battisti mogol battisti

    «Le canzoni qualche volta sono frammenti di vita e musica, ma non solo. La cosa più importante è cercare di capire cosa sta dicendo la musica. La musica nasce prima delle parole. Le parole entrano nella musica».

     

    Lei ha scritto 1500 canzoni, un record assoluto e ineguagliato anche per i successi ottenuti. Come giudica un simile patrimonio?

    «Pensi, le dò un dato di 4 anni fa della Siae sulla vendita dei miei dischi nel mondo: sono il terzo, nel senso che dopo i Beatles e Elvis Presley ci sono io che ho venduto 523 milioni di dischi».

     

    È davvero impressionante.

    «E, infatti, ha impressionato anche me. Non me ne ero reso conto. Però, attenzione: i diritti d'autore non vengono pagati in tutto il mondo, ma solo in alcuni paesi».

     

    (...)

     

     

    C'è una frase che l'ha accompagnata per la vita e che lei ricorda spesso?

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    «Sì, la frase me la disse mia mamma. Era ammalata e ho visto che stava piangendo, le ho detto: "Mamma, hai paura di morire?" E lei mi ha risposto: "No Giulio, moriamo tutti. Non ho assolutamente paura di questo. È che ho litigato con tua sorella". Ecco questa cosa che mia mamma ha detto, "non ho paura di morire, perché moriamo tutti" mi è rimasta nella testa, nel cuore e ci penso sempre».

     

    C'è un verso nelle sue canzoni che racchiude la più autentica identità di Mogol?

    «No, ma ce n'è uno famoso," L'universo trova spazio dentro me, ma il coraggio di vivere quello ancora non c'è". È nei Giardini di Marzo».

     

    I suoi testi sono poesie. Guai a chi dice che lei è un paroliere.

    «Guardi, le posso dire una cosa? Non c'è nessun autore che è paroliere. Perché il paroliere è quello che fa la Settimana Enigmistica. La parola "paroliere" esalta certi giornalisti, che non rispetto».

     

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    (...)

    Che giudizio dà delle nuove leve della canzone italiana?

    «Secondo me la canzone italiana è entrata in recessione, senza motivo. Per questo ho creato questa scuola, il Cet. È la più importante scuola che c'è in Europa di questo tipo. Tant'è vero che è stato invitato a dare lezioni a Berkley ed Harward».

    Per citare una sua canzone.

     

    "Dov'è il paradiso della vita? Dov'è il suo?

    «Il mio paradiso della vita è nella mia casa. Qui. Il Cet è qui costruito in mezzo alle foreste, una cittadella della cultura. Per me questo è, ed è anche quello che mi dice la gente quando arriva. È su un altipiano, 410 metri in mezzo alle foreste, davanti a una montagna verde, bellissima».

     

    (...)

    Qual è oggi la sua canzone preferita? Se c'è?

    «Questa è la domanda principe, quella che mi fanno tutti. Non c'è. Diciamo, se devo dire la verità, ce n'è una trentina. La regina non c'è».

     

    E quelle di altri autori c'è una canzone?

    «Sono tante quelle di altri autori che sono belle. Per carità, non è che le scrivo solo io».

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    Mogol, lei è impegnato nel sociale e considerato un grande mecenate. Un breve bilancio di questo suo aspetto che lei tiene riservato.

    «Quello che non è riservato è il fatto che ho fondato la Nazionale cantanti che è riuscita in quarant'anni a lasciare ai bambini bisognosi cento milioni di euro equivalenti. L'altro fatto, recente, che non è solo mio ma anche di mia moglie, che abbiamo ospitato due famiglie ucraine da un anno».

     

    (...)

    Lei ha sostenuto che i governi fanno poco per supportare la cultura. Lo pensa ancora?

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    «Come lei probabilmente sa, sono consigliere del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. Fanno quello che possono. Spero di poterlo vedere a breve: penso di potergli dare dei consigli interessanti. Chiaramente, sarà lui poi a valutarli».

     

    È mai stato tentato dall'idea di entrare in politica?

    «No, perché vede io non credo ai partiti, credo alle persone».

     

    Lei è stato presidente della Siae, ha pensato di riformarla?

    «No. Tutto quello che ho tentato di fare l'ho detto e ho cercato di promuoverlo. Mi sono occupato recentemente del riconoscimento del diritto d'autore da parte della Camera e del Senato, adesso purtroppo è fermo ai decreti attuativi, da otto mesi».

    I cinque comandamenti ai quali crede e si attiene.

    «La cosa che mi preoccupa di più, e quella che cerco di conquistarmi tutti i giorni è l'autostima. È la cosa più importante. Noi, quando moriamo non ci portiamo via proprio niente, solo l'autostima, cioè quella luce che siamo riusciti a crearci».

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    (...)

    Un ricordo inevitabile: Lucio Battisti.

    «Sì, ricordo, lo ricordo sempre sorridente. Con un sorriso molto bello.

    E poi tutto è scritto nelle canzoni così emozionanti. Penso che probabilmente un giorno ci incontreremo».

     

    Che cosa gli dirà quando lo vedrà?

    «Ciao Lucio, sono felice di vederti».

     

    In cinque parole chi è davvero Giulio Mogol?

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    «Un uomo molto fortunato e protetto dalla sorte».

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