DAGOREPORT
Estratti dell’articolo di Claudio Tito per la Repubblica
giorgia meloni ursula von der leyen
Un Mes a 19. Senza l’Italia. Ma con tutti gli altri Stati che condividono l’euro. Il rischio più grande che il nostro Paese corre dopo il no in Parlamento alla ratifica della riforma del Meccanismo di stabilità, è proprio questo. Ossia che il Fondo salva Stati sopravviva escludendoci.
È un’ipotesi che nella serata di ieri ha iniziato a circolare tra gli uffici di Bruxelles e nei contatti riservati tra le Cancellerie. E sarebbe davvero uno schiaffo all’Italia. Anzi certificherebbe l’isolamento cui di fatto ci sta costringendo l’esplicita bocciatura della riforma del Meccanismo europeo di stabilità.
(...)
Insomma la mossa italiana non ha solo infastidito tutti o quasi tutti gli altri sottoscrittori del Fondo, ma sta inducendo una parte di essi ad adottare provvedimenti severi. Che renderebbero l’Italia un “paria” dentro l’Unione.
giorgia meloni matteo salvini atreju
Che ci sia questo tentativo lo si capiva in parte già l’altro ieri. L’imbarazzo di tutte le istituzioni europee ne erano la testimonianza. Se si leggono in controluce le parole di Pierre Gramegna, il direttore generale del Mes, si intuisce che l’operazione rappresentava già una sorta di “Piano B” nelle prospettive degli altri partner. “Il fondo - diceva giovedì sera - è impegnato a continuare a sostenere i suoi membri e ad adempiere all’importante mandato per il quale è stato creato: garantire la stabilità finanziaria nell’Eurozona. Continuerà a farlo nell’ambito dell’attuale”. Quindi “continuerà” a sostenere i suoi membri, non smetterà di farlo.
GIORGIA MELONI E MATTEO SALVINI
Certo non si tratta di una operazione semplice. Le strade percorribili, dopo la bocciatura del nuovo scudo bancario da parte dell’Italia, sono due. La prima: istituire un altro Fondo. La seconda: estromettere del tutto l’Italia dal Mes e andare avanti a diciannove. In quest’ultimo caso bisognerebbe individuare la soluzione giuridica per restituire gli stanziamenti già versati dal nostro Paese. Roma infatti ha sottoscritto oltre 125 miliardi di capitale versandone concretamente 14. A Bruxelles hanno letto con curiosità e soddisfazione la dichiarazione rilasciata dal vicepresidente del Consiglio, il leghista Matteo Salvini, che ha chiesto esplicitamente la restituzione di quella somma: “Se il Mes non si usa, ci possono ridare i soldi”.
A quel punto, però, l’Italia cadrebbe dalla padella nella brace. Perderebbe uno scudo in caso di difficoltà. Ma soprattutto entrerebbe in una sorta di “Serie B” d’Europa. L’effetto sui mercati sarebbe devastante. Il nostro debito diventerebbe il bersaglio più semplice della speculazione finanziaria. Una situazione non proprio auspicabile per un Paese che detiene il debito pubblico più alto dell’Unione dopo la Grecia.
(...)
ORA SALVINI ALZA IL TIRO CONTRO L’UE
Francesco Olivo per lastampa.it - Estratti
MATTEO SALVINI GIORGIA MELONI - MEME BY OSHO
(…) Salvini vuole recuperare il terreno perduto alzando il tono contro «i burocrati abusivi di Bruxelles», approfittando del fatto che, per un ribaltamento dei ruoli, ora Giorgia Meloni sarà costretta a lasciare scoperto un fianco a destra. Sa che ci sarà un prezzo da pagare al Nord, ma crede di star recuperando nel resto d’Italia, «in Sicilia voliamo», si sente nei capannelli. Le prossime puntate di questa competizione sovranista, si annunciano su immigrazione, armi e concessioni ai balneari.
(...) La mossa di anticipare il voto sul Mes e di rivendicarne la bocciatura di fatto apre una campagna elettorale che Salvini vuole giocare tutta in chiave antieuropea.
giorgia meloni e ursula von der leyen in emilia romagna
(...)
La Lega, insomma, si prepara. «Giorgia e Matteo erano d’accordo sulla strategia parlamentare», è la linea che ripetono tutti. Ma i salviniani sono convinti che lo schema ora si sia ribaltato rispetto a qualche anno fa: «Abbiamo dato il sangue per stare nel governo Draghi – dice uno dei colonnelli –, e abbiamo pagato un prezzo altissimo. Ora tocca a loro». Il vicepremier è convinto che le Europee non andranno male, come le politiche. «Sui territori siamo tornati attraenti, candidiamo gente da 15-20 mila preferenze, che scelgono noi e non FdI», racconta un altro dirigente che chiede l’anonimato. I temi sono già stati scanditi a Firenze: conti pubblici, ambiente e ovviamente immigrazione. No, effettivamente per Giorgetti «non era aria».
matteo salvini giorgia meloni