Estratto dell’articolo di Gabriele De Stefani per La Stampa
giuseppe de rita foto di bacco (2)
L'analisi che ti aspetti è facile: Paese impoverito e diseguaglianze esplose significano rischio di tensioni sociali e terreno fertile per i populismi. Giuseppe De Rita, il sociologo fondatore del Censis che tra pochi giorni festeggerà 91 anni tutti passati a studiare gli italiani, spezza l'assioma: «Per arrabbiarsi serve una delusione, ma qui non abbiamo alcun sogno da molti anni. Ognuno cerca solo di arrangiarsi e proteggere il proprio orticello. È un momento di grande stasi: dopo il periodo dei vaffa, è l'ora della bonaccia meloniana».
Per lei siamo «il solito Paese dei frammenti». Perché?
«L'Italia storicamente sfugge a grandi analisi di sistema, siamo milioni di frammenti abituati a fare da sé fregandosene abbastanza di tutto il resto. Prima di immaginare conseguenze sociali o politiche dell'impoverimento del Paese bisognerebbe capire bene quanti davvero stanno peggio. Io non credo siano davvero così tanti, si sottovaluta tutto ciò che sta sotto alle macro-teorie».
GIORGIA MELONI E URSULA VON DER LEYEN
Ma i numeri parlano chiaro: rate non pagate per 15 miliardi, risparmi bruciati dall'inflazione per 90 miliardi, i salari peggiori d'Europa, giovani e donne tenuti fuori dal mercato del lavoro.
«Il tema delle diseguaglianze è spesso trattato in modo molto ideologico, dimenticando che nessuna fase di transizione sfugge alla legge che lo sviluppo non è mai equilibrato. Il talento degli italiani si è sempre manifestato nella capacità di adattarsi ai nuovi contesti. Fosse anche solo con i "lavoretti" che pure oggi deprechiamo, perché non creano ricchezza collettiva e tutelano poco. Ma che per molti sono un orizzonte "normale"».
giorgia meloni ursula von der leyen
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Anche ora i populisti vincono.
«Non credo, la destra di Meloni lo è solo parzialmente. Gli italiani si sono stufati in fretta del populismo, perché hanno il loro piccolo frammento di Paese da curare e a quello pensano. Per questo parlo di bonaccia meloniana: una fase di ritiro dopo quella del rancore, in cui viene premiato chi chiude il recinto e ci dice di stare sicuri e protetti nelle nostre reti e nel nostro cortile di casa».
Tutto questo però non combatte la povertà e le diseguaglianze, anzi.
«Non ne ha nemmeno l'ambizione. E infatti Meloni non si agita su questi temi, ma solo su scontri di potere: con la magistratura, l'Europa, la Bce. È tutto sovrastrutturale, lontano dalla vita degli italiani. Non c'è populismo nel prendersela con Lagarde: sarà pure antipatica, ma attaccandola non si crea elettricità o connessione con chi non riesce a pagare il mutuo. Nessuno può arrabbiarsi con realtà così distanti».
LAGARDALAND - MEME BY EMILIANO CARLI