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    COSE DI COSA NOSTRA – DOPO L’ARRESTO DI MATTEO MESSINA DENARO, LA MAFIA PER SOPRAVVIVERE NON GUARDA AL FUTURO, MA AL PASSATO: FIRMA NUOVI PATTI CON LA 'NDRANGHETA PER GESTIRE I TRAFFICI DI DROGA, SI RIAPPROPRIA DELLE PIAZZE DI SPACCIO E RIACCOGLIE VECCHIE FAMIGLIE, EMIGRATE IN AMERICA DURANTE LA SANGUINOSA GESTIONE DI RIINA - IL PROCURATORE DI PALERMO MAURIZIO DE LUCIA: “UN'ORGANIZZAZIONE IMPOVERITA PRIMA DI DIVENTARE DI NUOVO FORTE MILITARMENTE DEVE RITORNARE RICCA ECONOMICAMENTE…”


     
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    Estratto dell’articolo di Giuseppe Legato per “la Stampa”

     

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    Come sta Cosa Nostra orfana del suo re? Il procuratore di Palermo Maurizio Delucia, fa una pausa per poi aprire il libro della nuova mafia siciliana, quella che già prima – e a maggior ragione dopo – l'arresto dell'ultimo stragista Matteo Messina Denaro, aveva finito per essere subalterna alla confinante (geograficamente) 'ndrangheta calabrese. E che ora fa i conti con una strategia di re-start con tutti i più pericolosi protagonisti della stagione di attacco allo Stato – o comunque della cosiddetta ala militare – in carcere o al camposanto.

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    «Un'organizzazione impoverita prima di diventare di nuovo forte militarmente deve ritornare ricca economicamente» dice il capo dei pm palermitani di fronte alla commissione parlamentare antimafia.

     

    […] «abbiamo indagini recentissime – dice Delucia – che provano come Cosa Nostra stia riallacciando e riaprendo i rapporti con le cosche calabresi e che certificano come l'importazione venga accordata con loro». Ancora: «Anche se le 'ndrine hanno nei fatti un monopolio del traffico di cocaina è altrettanto evidente come un brand come quello di Cosa Nostra non si abbandona». Un affare per tutti. La nostalgia dei fasti (e dei metodi) del passato affiora anche in un rinnovato controllo delle piazze di spaccio fino a qualche tempo fa delegato a organizzazioni criminali di matrice nordafricana.

     

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    Il controllo del territorio non passa di moda. Lo provano gli arresti – recenti – nel quartiere Zen/2. […] Il vecchio adagio "a volte ritornano" non vale solo per i canali di business, ma anche per alcune famiglie emigrate in America durante la sanguinaria gestione di Cosa Nostra da parte di Salvatore Riina. Scapparono per sfuggire a una mattanza o a una condanna morte emanata come un editto dal più violento dei Corleonesi per annientare la resistenza interna alla sua scalata dentro la "Commissione". Ed è così che adesso, lontano l'eco delle pistole di quella stagione, vecchi volti si riaffacciano cercando di recuperare il vecchio potere.

     

    matteo messina denaro con montone matteo messina denaro con montone

    Il logaritmo per raggiungerlo è però sempre lo stesso: i soldi. E non c'è nulla di meglio del traffico di droga per appianare handicap rispetto a chi è sempre rimasto a fare affari in Sicilia. Lo dice Delucia: «Ad Agrigento registriamo un ritorno del fenomeno della "Stidda" nato a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta che per un certo periodo era sembrato ai più debellato.

     

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    Abbiamo però contezza di vecchi soggetti (e nuovi) che si riavvicinano per creare un'organizzazione che in qualche modo è dialogante con Cosa Nostra palermitana». Ma sono tornati anche i Fascella di Santa Maria del Gesù. E sempre di questo "mandamento" sono finiti in manette negli ultimi mesi il boss di Partanna Mondello Michele Micalizzi, 73 anni, il genero del boss Rosario Riccobono, e Salvatore Marsalone, 69 anni, negli anni Settanta uno dei più fidati trafficanti di droga per il "principe" Stefano Bontade

     

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    Una lotta che si combatte con ritorni al (e dal) passato, ma anche con la migliore tecnologia moderna in termini di comunicazioni. I boss siciliani comprano telefonini criptati dai narcos della 'ndrangheta. Software complicati da "bucare". Non sempre però. […] Sul punto il procuratore di Palermo è stato chiaro: «Il meccanismo delle intercettazioni ci pone in un certo ritardo rispetto ai metodi tecnologici che le mafie utilizzano.

     

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    Abbiamo – dice Delucia – ormai una serie di comunicazioni importanti tra mafiosi che transitano su piattaforme criptate e noi siamo in ritardo. Alcune forze di polizia europee sono riuscite a entrarci, noi ancora no». E tra le difficoltà che costellano la strada di questa lotta c'è anche «una diminuzione di pentiti sia in termini di qualità che di quantità. Questo – dice il capo dell'ufficio giudiziario di Palermo – dipende anche dallo stato attuale di Cosa Nostra dai numerosissimi arresti del passato».

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