Da “La Stampa”
GIORGIA MELONI E MATTEO SALVINI
Giorgia Meloni è molto attenta a non cadere nella tentazione della polemica sull'audio maligno dell'alleato. Ma la paura di finire in una tenaglia, tra il grande centro e le rivalità interna alla coalizione, è sempre più grande. La frase di Matteo Salvini su Fratelli d'Italia («Ci rompono i coglioni dall'opposizione per metterci in difficoltà») pronunciata davanti ai parlamentari, come non poteva essere altrimenti, ha generato un po' di fastidio.
Ma la leader di Fratelli d'Italia ci tiene a trattenerlo, per non rovinare l'immagine di armonia che il vertice di coalizione a Villa Zeffirelli ha consegnato, con vista sul Quirinale: «Non sarà certo un audio, per lo più rubato in una riunione interna a un altro partito, a far litigare Lega e Fratelli d'Italia» ha detto ieri, una dichiarazione quasi identica a quella pronunciata da Salvini giovedì. La corsa senza freni degli ultimi mesi per la leadership del centrodestra ha lasciato i segni, la sconfitta elettorale alle amministrative (al di là delle spiegazioni ufficiali) ne è una conseguenza diretta.
GIORGIA MELONI E MATTEO SALVINI
Così, l'ordine tassativo è quello di evitare ogni tipo di frizione con l'alleato sovranista, anche perché ora i guai possono arrivare da Forza Italia. Nel partito si fanno due calcoli: «Salvini sbaglia - dice un dirigente - noi non abbiamo l'obiettivo di prendere i voti a destra. La competizione semmai è al centro, a Roma avremmo dovuto fare emergere che Calenda è di sinistra e invece alcuni dei nostri hanno votato per lui. Il problema di Salvini non siamo noi, ma è lui stesso».
A preoccupare seriamente FdI sono i movimenti all'interno di Forza Italia. La polemica dei ministri contro la «deriva sovranista» della coalizione viene letta come la premessa a una «disarticolazione del centrodestra». «La tentazione di fare un minestrone esiste - spiega il deputato di FdI Federico Mollicone, al fianco di Meloni sin dai tempi di Colle Oppio - questo è un parlamento di fantasmi, dove la gran parte sa di non essere rieletta e può succedere di tutto».
MATTEO SALVINI E LA QUOTA DI ROTTURE DI COGLIONI DI GIORGIA MELONI
Le conseguenze più gravi di un'operazione centrista le pagherebbe Fratelli d'Italia che sarebbe relegata a un'opposizione florida di voti, ma perenne. È lo "spettro Le Pen" che agita Meloni, «è dal 2011 che gli italiani votano per il centrodestra ma poi non governiamo e qualcuno vorrebbe andare avanti così per molti anni», aggiunge Mollicone. Ignazio La Russa, oggi senatore di Fratelli d'Italia, ne ha viste troppe per commettere «l'errore di inserirsi nel dibattito interno di un altro partito», ma nota come «di formazioni di centro ce ne siano già troppe, ora serve la destra».
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In via della Scrofa si fa un ragionamento: «Non è nel nostro interessa che Lega e Forza Italia scendano troppo. Ci rimettiamo tutti». La Russa non si offende certo per quel «rompere i coglioni» pronunciato da Salvini, ne fa un problema di metodo, «non si deve guardare dal buco della serratura», ma non di merito, «il vertice di mercoledì ha dimostrato che non c'è nessuna competizione tra noi. Certo, qualche sgarbo in campagna elettorale è normale, sono cose che succedono nei territori. Ma Giorgia ne è al di fuori. L'unica ferita che resta è la mancata nomina del nostro membro del cda Rai, un fatto molto grave».
GIORGIA MELONI E MATTEO SALVINI
Mollicone riconosce che i problemi ci sono stati: «Il vertice ha appianato i protagonismi e le incomprensioni degli ultimi mesi, i risultati di Forza Italia e Lega dimostrano che gli elettori hanno punito la disomogeneità tra governo e opposizione». L'aspetto più complicato è proprio questo: «Io credo che i partiti che stanno al governo debbano fare una riflessione le urne lo dimostrano». C'è molto materiale per i prossimi vertici.
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