AGRICOLTURA BIOLOGICA
Giuliano Aluffi per “Il Venerdì – La Repubblica”
Il mondo bio è sotto tiro. Dopo l' intervento in Parlamento della senatrice e scienziata Elena Cattaneo contro i fondi pubblici all' agricoltura biodinamica, ma anche contro il biologico, che in un' intervista sul Venerdì del 28 maggio aveva definito «una narrazione bella e impossibile», sui media ferve la discussione tra pro o contro.
Prima di entrare nel merito della questione, conviene però distinguere tra i due metodi. Mentre il biodinamico, che si ispira alle teorie di Rudolf Steiner, ha anche degli aspetti esoterici (come l' uso di interrare nei campi del letame infilato nel corno di una vacca che abbia partorito una volta, o il ritenere che l' achillea maturata in vescica di cervo crei un rapporto tra terra e cosmo), il biologico è stato oggetto di serie indagini scientifiche.
Biodinamica
Partiamo dai numeri, che in Italia sono notevoli: il biologico copre circa due milioni di ettari di superficie, tra terreni agricoli e pascoli, con i primi che contano per il 15,8 per cento della superficie coltivata totale, dato superiore alla media europea (8 per cento). Il metodo, che consiste nella rinuncia a pesticidi, erbicidi e fertilizzanti chimici, non è esente da critiche.
AGRICOLTURA BIO
LA PRINCIPALE RIGUARDA LA MINORE RESA
«Mediamente la resa del biologico è circa del 15-20 per cento inferiore rispetto al convenzionale. Non è una differenza drammatica» dice Paolo Barberi, docente di agronomia alla Scuola superiore Sant' Anna di Pisa. «Inoltre, se si ragiona solo sulla resa "per ettaro e per anno", si trascura la dimensione del tempo: il biologico consente di sostenere le produzioni nel tempo diminuendo progressivamente la necessità di risorse, mentre l' agricoltura classica alla lunga impoverisce il terreno».
AGRICOLTURA CONVENZIONALE
Il segreto è variare Del resto, ricerche recenti rivalutano l' importanza per la produttività della diversificazione delle colture: ovvero di tutte quelle tecniche, compresa l' agricoltura bio, che aumentano la diversità nei sistemi agricoli, come le rotazioni. «Un sistema poco diversificato è per esempio la coltivazione del mais nell' agricoltura convenzionale, dove, anno dopo anno, si semina solo quello» spiega Barberi. «Invece uno dei cardini del bio è far seguire una coltura cerealicola a una leguminosa: le leguminose infatti fissano l' azoto atmosferico nel terreno rendendolo più fertile, e i cereali gradiscono molto l' azoto lasciato loro in eredità».
fertilizzanti agricoltura biologica
Uno studio pubblicato lo scorso novembre su Science Advances da un gruppo di ricercatori internazionali, prima firma l' italiano Giovanni Tamburini, confronta la produttività tra sistemi diversificati e sistemi convenzionali. «Nel 63 per cento dei casi esaminati, diversificando si riesce a produrre di più e anche ad aumentare la fertilità del terreno, conservare la biodiversità e promuovere la presenza di insetti impollinatori» dice Barberi.
Quanto all' uso di sostanze chimiche tossiche, il bio non è del tutto esente. «È ammesso il solfato di rame come fungicida: finora è stato un elemento importante per la difesa delle colture bio. Ma ormai tra i produttori c' è una forte consapevolezza del problema, e si sta cercando di sostituirlo» spiega ancora Barberi. «Si punta per esempio sulla prevenzione. Nei vigneti si usa una potatura che diradi la densità, in modo che ci sia meno possibilità per l' umidità di ristagnare tra i grappoli creando condizioni favorevoli per le malattie fungine».
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Detto questo, l' agricoltura bio, per definizione, ha senz' altro un impatto ambientale più leggero di quella convenzionale: «Si usano quantità largamente inferiori di sostanze che peraltro, essendo di origine naturale, sono caratterizzate spesso da una ridotta persistenza ambientale». Mentre i fertilizzanti chimici finiscono nei fiumi e in mare e hanno effetti anche sull' atmosfera.
L' AMMONIACA CHE INQUINA
«L' agricoltura convenzionale ha avuto la sua rivoluzione grazie a un brevetto Bosch che permette di trasformare prima in ammoniaca e poi in fertilizzanti di sintesi (nitrati) l' azoto atmosferico, che è azoto in forma molecolare, ovvero N2» spiega Lorenzo Ciccarese, responsabile per la conservazione degli habitat terrestri dell' Ispra. «Il problema è che l'agricoltura restituisce in atmosfera delle molecole di azoto diverse da N2, come l' ammoniaca (NH3), che è uno dei principali inquinanti. Dall' agricoltura derivano il 50 per cento delle emissioni di ammoniaca in atmosfera e almeno il 20 per cento delle emissioni totali di gas serra».
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Non solo. «Nell' agricoltura convenzionale si fa grandissimo uso di fertilizzanti azotati, che inibiscono tutti i batteri utili alle piante per fissare l' azoto, soprattutto i batteri che entrano in simbiosi con le leguminose» spiega Manuela Giovannetti, docente di microbiologia agraria all' Università di Pisa. «E poi tutti i biocidi utilizzati, ovvero pesticidi, erbicidi, insetticidi, fungicidi e battericidi, incidono fortemente sulle comunità microbiche del suolo».
Che sono preziose: lo mostrano i dati del cosiddetto "esperimento Doc" (pubblicato su Science) dove si sono confrontate l' agricoltura bio e non bio su un arco di 21 anni. «È emerso che i raccolti "bio" hanno una resa inferiore di circa il 20 per cento, ma aumentano la fertilità del suolo e la biodiversità, rendendo i sistemi biologici più resilienti. Inoltre hanno un consumo di energia del 53 per cento inferiore e un uso di pesticidi inferiore del 97 per cento» dice ancora Giovannetti.
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«E in questo studio si sono analizzate anche le proprietà fisiche e biologiche dei suoli, trovando che in quelli bio c' è una biomassa microbica più grande e più attiva, che produce enzimi importanti per il riciclo dei nutrienti».
Inoltre nei terreni bio aumentano il fosforo, nutriente fondamentale per le piante, e anche, del 40 per cento, la colonizzazione delle piante da parte dei funghi micorrizici. «Questi vivono nelle radici utilizzando in piccola parte il carbonio della pianta, ma in cambio le forniscono nutrienti minerali: prima di tutto il fosforo e l' azoto». Di qui la maggiore fertilità naturale dei terreni bio.
PROTEINE E ANTIOSSIDANTI
agricoltura biologica
Per quanto riguarda le capacità nutritive e salutari, «per alcuni parametri - ad esempio la concentrazione di proteine - spesso non ci sono grandi differenze. Nei prodotti bio è però più alta la concentrazione di sostanze benefiche come gli antiossidanti» dice Barberi. E un altro aspetto rilevante è quello socioeconomico: «In Toscana circa il 30 per cento dei terreni agricoli è abbandonato, per mancanza di ricambio generazionale, ma anche perché il sistema agroalimentare classico tende alla riduzione dei prezzi e mette fuori mercato tante produzioni. Uno studio della Commissione Europea evidenzia che i sistemi migliori per contrastare questo fenomeno dell' abbandono sono quelli caratteristici dell' agricoltura bio».
GIOVANI E AGRICOLTURA
Con agricoltori più giovani, più istruiti, più sensibili alla diversificazione delle produzioni e alla cosiddetta "agricoltura multifunzionale", dove si coltiva per produrre ma ci sono anche altre attività, come l' agriturismo o la didattica. «Questo approccio sta determinando importanti situazioni di recupero di terreni abbandonati: ci sono tanti territori marginalizzati dove puntare sul biologico può fare da volano per il recupero sociale ed economico. Per esempio, con i "biodistretti", territori e comuni che si organizzano, rivitalizzando intere zone altrimenti destinate al degrado».