ATTI OSCENI IN PUBBLICO
La recentissima notizia di un uomo di 39 anni denunciato perché colto nell’atto di toccarsi le parti intime davanti all’ingresso di una palestra a Brozzi offre lo spunto per una sintetica ricognizione in ordine alla fattispecie di atti osceni ed agli altri reati recentemente depenalizzati.
In particolare, con i decreti legislativi nn. 7 e 8 del 2016, il legislatore ha compiuto un intervento normativo su numerose fattispecie penali. Le modifiche seguono due direttrici specifiche: da un lato la depenalizzazione e la sostituzione con la nuova figura della sanzione pecuniaria civile irrogata dal giudice civile (da versarsi alla Cassa delle Ammende) oltre che la possibilità per il danneggiato di chiedere il risarcimento del danno in sede civile, dall’altro l’abrogazione con previsione di una sanzione pecuniaria amministrativa.
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Nel complesso tale intervento si inscrive nello spirito deflattivo del legislatore, volto ad alleggerire il carico dei Tribunali e delle Procure in riferimento a quei reati che, nella prospettiva attuale dei consociati, risultano di minore gravità e allarme sociale. Ebbene, depenalizzare significa, in linea generale, trasformare il reato in illecito amministrativo. Ciò comporta che il soggetto ritenuto responsabile dovrà pagare una sanzione pecuniaria allo Stato.
Nello specifico, sono stati depenalizzati ed oggi, se dolosi, obbligano, oltre che alle restituzioni e al risarcimento del danno nei confronti del danneggiato, anche al pagamento della sanzione pecuniaria civile le seguenti fattispecie (d.lgs. n. 7/2016):
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1) art. 485 c.p. (falsità in scrittura privata);
2) art. 486 c.p. (falsità in foglio firmato in bianco. Atto privato);
3) art. 594 c.p. (ingiuria);
4) art. 627 c.p. (sottrazione di cose comuni);
5) art. 647 c.p. (appropriazione di cose smarrite).
Sono stati invece oggetto di abrogazione e sono oggi puniti con sanzione amministrativa pecuniaria le seguenti fattispecie (d.lgs. n. 8/2016):
1) tutti i reati sanzionati con la sola pena pecuniaria (multa o ammenda), fatta eccezione per quelli previsti dal codice penale e dalla legislazione speciale in materia di immigrazione;
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2) - atti osceni ex art. 527, comma 1 c.p. (ma rimane sanzionata penalmente, con la reclusione da quattro mesi a quattro anni e sei mesi, l’ipotesi prevista dal comma 2, laddove il fatto venga commesso all’interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori e se da ciò derivi il pericolo che essi vi assistano);
- pubblicazioni e spettacoli osceni ex art. 528 c.p. (ove la rilevanza penale rimane solo nelle particolari ipotesi di cui al comma 3);
- rifiuto di prestare la propria opera in occasione di un tumulto ex art. 652 c.p.;
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- abuso della credulità popolare ex art. 661 c.p.;
- rappresentazioni teatrali o cinematografiche abusive ex art. 668 c.p.;
- atti contrari alla pubblica decenza ex art. 726 c.p.
3) alcuni reati previsti da leggi speciali, in precedenza puniti con pene detentive, sole, congiunte o alternative a pene pecuniarie (tra i più rilevanti, l’omesso versamento delle ritenute previdenziali per importi inferiori a 10.000 euro).
Alla luce della breve analisi compiuta, per quanto concerne gli atti osceni, si può concludere che ad oggi il responsabile sarà quindi chiamato a pagare una sanzione pecuniaria.
GIUDICE
Nelle ipotesi, invece, di atti compiuti presso luoghi frequentati da minori e se sussiste il pericolo che questi vi assistano, come nel caso avvenuto a Brozzi innanzi ad una palestra, il fatto rimarrà sanzionabile penalmente (reclusione da quattro mesi a quattro anni e sei mesi). Ovviamente ciò perché il bene giuridico della integrità morale del minore fa mantenere alla condotta quel forte disvalore sociale che ha perso in relazione ai maggiorenni.
In riferimento al rapporto con altri reati è interessante evidenziare la distinzione tra gli atti osceni (art. 527 c.p.) e gli atti contrari alla pubblica decenza (art. 726 c.p.). I primi ledono il pudore sessuale, recando al soggetto costretto ad assistervi delle sensazioni di disgusto oppure rappresentazioni o desideri erotici.
I secondi, invece, offendono i “criteri di convivenza e di decoro che debbono essere osservati nei rapporti tra i consociati, provocando in questi ultimi disgusto o disapprovazione” (Corte Cass. n. 37823/2013), come nel caso di chi è visto fare bisogni all’aperto.