TOTO' SCHILLACI
Estratto dell’articolo di Maria Elena Barnabi per Gente
totò schillaci e la moglie barbara lombardo
Questa è la storia di un uomo e una donna che si sono rincorsi per quasi 15 anni prima di sposarsi, nel 2013. È la storia di una coppia che in tutto ha quattro figli (uno lei e tre lui), un cane e una casa con l’orto dove vivono anche i genitori anziani di lei. Ed è la storia di una coppia che insieme ha affrontato il cancro di lui, un cancro brutto, e che ha deciso, a poche settimane dalla fine della chemioterapia, di partire per un’impresa matta: viaggiare zaino in spalla tra India, Borneo e Cambogia partecipando al reality di Sky Pechino Express, arrivando fino alla penultima puntata. Insomma la storia di Totò Schillaci e della moglie Barbara Lombardo, entrambi palermitani doc, è una bella storia.
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Come scopriremo durante questa conversazione, infatti, Totò ha ripreso a fare la chemio perché la partita con il cancro non è finita. Cominciamo dall’inizio. Come vi siete conosciuti?
Barbara: «Ero in un locale con mia cugina, lui era con amici, vollero presentarsi.
Io non seguivo il calcio, facevo l’odontoiatra, ero fuori dai suoi giri».
totò schillaci e la moglie barbara lombardo
Totò: «L’avevo già notata: bellissima, in Sicilia aveva vinto tutti i concorsi per
Miss Italia. La incontrai di nuovo, la invitai a bere un caffè e poi a cena. Cominciai a chiamarla. Per anni ci sentimmo tutti i giorni, ma eravamo impegnati».
Una corte serrata...
Barbara: «Non mi fidavo, era famoso. Mi dicevo: me lo tengo come amico. Diventammo
confidenti. Venne a trovarmi in ospedale quando partorii. Quando partì per L’isola dei Famosi (era il 2004, ndr) mi disse che se avevo bisogno di qualsiasi cosa potevo chiamare un suo amico. A mia madre, quando si ammalò dello stesso tumore di Totò, le disse: “Maria un giorno tua figlia me la sposo”».
Schillaci, fu di parola.
«Da vero siciliano quale sono. Nel 2011 ci ritrovammo single, lasciai Roma per tornare
a Palermo con un unico scopo: “Vado lì e me la prendo. Ora o mai più”».
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«Nel 2020. Avevo forti dolori, un medico mi consigliò di fare l’esame del sangue occulto nelle feci. Risultato: cancro al retto. Feci un primo intervento, otto ore di sala operatoria, mi misero la stomia, il sacchetto. Lo portai per due mesi. Fu difficile, i punti fecero infezione».
Barbara: «Per due settimane lo lasciai da solo in ospedale, c’erano ancora le regole del Covid. Quando lo sentivo al telefono cercavo di dargli forza. Mettevo giù e mi
consumavo di lacrime a saperlo lì».
Come andò avanti il suo decorso?
«Feci la radio: ti devasta, ti distrugge i tessuti, ma serve per rimpicciolire il
cancro. E poi un secondo intervento per eliminare il sacchetto, togliere lo sfintere
e ricanalizzare il colon. E poi, a seguire, feci anche la chemioterapia: avevo le
vene del braccio in fiamme».
Furono mesi bui?
«Avevo sempre paura di morire, di lasciare mia moglie e i miei figli da soli. Il mio
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corpo non era più mio. Ero depresso».
Prese dei farmaci?
Totò: «È stata Barbara il mio antidepressivo. Una vera guerriera. Mi diceva: “Che
vogliamo fare? Vogliamo combattere o no? Inutile che ti fai abbattere”. Tutti i
giorni mi spronava».
Barbara:
«Ad agosto del 2022 Totò finì la chemioterapia e arrivò la chiamata del
casting di Pechino Express. Una manna dal cielo. I medici ci dissero che poteva, anzi,
che doveva andarci. A novembre siamo partiti per riprenderci la nostra vita».
Totò: «Ero distrutto. Gli interventi, la radio, la chemio... Non volevo andarci. È stata Barbara a insistere. L’ho fatto perché c’era lei».
Ha incontrato molte difficoltà?
«È stata dura, lo ammetto. Stancante. E poi senza sfintere, chi ha il mio cancro
lo sa, devi sempre andare in bagno. È un disagio. Però ci siamo divertiti, ci siamo
distratti e siamo arrivati quasi alla fine. Per me fare Pechino è stata una vera rivincita.
Mi ha dato la carica».
E ora come sta?
«Tornato a casa, ho fatto dei controlli e mi hanno trovato tre macchioline di cellule
“scappate” sulla cervicale. Ho fatto di nuovo la radio, e due sono andate via.
Ora, per giocare d’anticipo, sto facendo una nuova chemioterapia: sei infusioni
ogni 15 giorni. Ne ho fatte due. Mi hanno messo un catetere sul petto, così fa meno
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male e non mi brucia più il braccio. Ma dopo ho vomito, dolori. È una chemio pesante.
In ospedale ne ho viste di ogni, cameroni pieni di gente che fa i trattamenti,
che soffre molto... Questo è il terzo cancro più diffuso al mondo. Bisogna
fare prevenzione».
Ha paura?
«Dopo il cancro non sono più lo stesso. Sono sempre stato uno sorridente,
felice. Ora invece ogni tanto mi assento, mi vengono i brutti pensieri. Penso a Vialli,
a Mihajlovic...».
È molto sincero. Perché ha deciso di raccontare la sua malattia?
«Per lanciare un messaggio. Ascolti, non sono qui per piangere. Sono qui
per dire che con la malattia si può vivere. Se uno ha un cancro, non vuol dire
che sia finito. La vita va avanti, bisogna viverla a 360 gradi, facendo quello che
si vuole. E io ora sono qui».
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