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Tina Simoniello per www.lastampa.it
Dormire poco è un dramma di per sé, qui e ora. E lo sanno fin troppo bene gli insonni cronici: vale a dire il 13% degli italiani. Ora, uno studio su Plos One, dice che chi ha più di 50 anni e dorme cinque ore o meno per notte corre anche un rischio dal 30 al 45% maggiore di ammalarsi di più patologie croniche rispetto ai coetanei che di ore ne dormono sette.
Sonno e multimorbilità
Una breve durata del sonno è stata già associata, e da tempo, a diverse malattie croniche, per esempio alle patologie cardiovascolari. Ma si sa ancora poco della relazione tra multimorbidità, la presenza contemporanea in un solo paziente di due o più malattie croniche o di lunga durata, e numero di ore dormite.
Séverine Sabia, e i suoi colleghi ricercatori dell'Université Paris Cité, dell'Inserm e dell'University College London e dell'università di Helsinki, hanno raccolto i dati di uno studio di coorte britannico iniziato nel 1985 e hanno esaminato la durata del sonno auto-riferita all'età di 50, 60 e 70 anni di 7864 uomini e donne, e le loro condizioni di salute nei successivi 25 anni.
Il risultato? Chi all'età di 50 anni dormiva cinque ore o meno la notte, aveva un rischio di multimorbilità più alto del 30% rispetto a chi di ore ne dormiva 7. Un incremento che saliva al 32% nelle persone che dormivano cinque ore o meno a 60 anni, e al 40% tra quelle che dormivano cinque ore o meno a 70.
Non solo questo: nello studio, chi a 50 anni dormiva poco ha anche avuto un aumento del rischio del 25% di morire prima di chi dormiva diciamo il giusto. "Il nostro lavoro, basato sui dati relativi a oltre 7.000 uomini e donne seguiti per 25 anni, indica che una durata breve del sonno dalla mezza età alla terza età si associa al rischio di malattie croniche e alla successiva multimorbilità", ha detto infatti Sabià. Ora, questo è vero per quanto riguarda sonni di durata breve. Ma come sono andatele cose per i lungo-dormienti, diciamo così?
Nove ore di sonno e la causalità inversa
Nel campione in studio c'erano in effetti anche persone che dormivano 9 ore o più di 9. Una condizione (una fortuna?) che nei 60 e 70enni è risultata in effetti anch'essa associata a un rischio aumentato di cronicità multipla. Tuttavia, i partecipanti allo studio che dormivano così tanto erano 122, un numero troppo piccolo per poter generalizzare il dato. In studi come questo c'è infatti la possibilità che si verifichi il fenomeno della causalità inversa, cioè, in questo caso, che siano eventuali malattie non diagnosticate ad avere effetti sul sonno, e non viceversa. In ogni caso, lo studio conferma l'importanza della durata del sonno per una buona salute in età avanzata.
Chi è l'insonne?
È insonne chi ha una insufficiente durata o una ridotta continuità del sonno che non gli consentono di sentirsi riposato la mattina: vale a dire che nel concetto di insonnia vanno considerati non solo durata e continuità ma anche la soggettiva sensazione di scarso ristoro dopo il sonno notturno e se la sua funzionalità sociale e lavorativa nelle ore diurne viene compromessa. Secondo l'Associazione italiana per la ricerca e l'educazione in medicina del sonno gli insonni sono soprattutto donne e anziani (il 60% del totale).
I numeri
L'insonnia rappresenta il 90% dei disturbi del sonno, nella forma cronica ne soffre dal 10 al 13% della popolazione italiana e fino al 60% nelle forme acute e transitorie (della durata di settimane) che per esempio fanno seguito a un evento traumatico: un lutto, un litigio, la fine di una relazione.
La qualità del sonno: dormire a singhiozzo
Secondo i dati della World Association of Sleep Medicine (Wasm) che dal 2008 organizza la Giornata Mondiale del Sonno, è sufficiente una sola notte di sonno a singhiozzo (il sonno interrotto da risvegli) a far calare l'attenzione, la memoria e l'abilità di apprendimento il giorno dopo. E quasi la metà (46%) di chi ha il sonno disturbato commette errori al lavoro. Il problema è riuscirci, a dormire...
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