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    UN ALTO GIRO DI WALTER (SABATINI) – DOTTO SFODERA UN RITRATTONE DA IMPAZZIRE DEL NEO DS DEL BOLOGNA: "UN BUCANIERE CHE AMA I LIBRI COME LE DONNE. QUANDO S’INNAMORÒ CALCISTICAMENTE DI RABIOT, CORTEGGIÒ LA MADRE COME IL PIÙ ISPIRATO DEI CASANOVA. UN ESTETA SEMPRE ACCESO, LUCIO DALLA SI SAREBBE INVAGHITO DI LUI" – DA MARQUINHOS A SALAH: I SUOI ASSI, LO "SMACCO" ITURBE E L’IDEA DI FARE SIPARIO A BOLOGNA CON UN CAPOLAVORO


     
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    Giancarlo Dotto per il Corriere dello Sport  

     

    SABATINI SABATINI

    Dico a voi, voluttuosi e dotti di Bologna, lo dico anche a Joey Saputo, avete ora un terzo ottimo motivo per esultare, dopo la salvezza in campionato e la conferma del salvatore, Sinisa Mihajlovic. Si chiama Walter Sabatini. Preparatevi ad accogliere come si deve un uomo che vi farà emozionare. Giuro. Ha un solo polmone, ma una testa brillante e un cuore immane. E la camicia bianca, sempre immacolata.

     

    Consiglio: cancellate tutto quello che vi è passato fin qui sotto gli occhi in tema di direttori sportivi e affini. Walter è altro. Nulla e nessuno che gli somigli. Io lo chiamo “il bucaniere” e lo vedo da sempre con una benda all’occhio destro, come Nicholas Ray, il regista di “Johnny Guitar” ma anche “Gioventù bruciata”, la stessa cicca pendula all’angolo della bocca, anche quando non c’è. Uomini di culto, solitari e scontrosi ma terribilmente affettivi, con una testa piena di vespe ma anche di rondini.

    SABATINI SABATINI

     

    Di sicuro, Gianni Morandi gli farà una serenata sotto il balcone. Di sicuro, Lucio Dalla se ne sarebbe invaghito. Sarebbero diventati amici veri. Si chiederà, Lucio, se sarà il caso di tornare a esistere, anche solo per una notte, per una bisboccia insieme, a parlare di Nielsen, Haller, Bulgarelli, di quello scudetto enorme arraffato al mago Herrera, di Palacio, di Santander e di Soriano. Il calciatore, ma anche lo scrittore. Di sicuro, sarebbe tanto piaciuto, il bucaniere, a Pier Paolo Pasolini, il corsaro. Che a Bologna prima nasce e poi, ragazzo, torna e s’innamora del pallone.

     

    SABATINI ZHANG SABATINI ZHANG

    Walter ama i libri come le donne, qualcuno dice di più. Uno che non sopporta d’essere beccato in reato di flagrante ignoranza e, se scopre un giorno di non conoscere Isaac Singer, un secondo dopo si fa comprare l’opera omnia. E due settimane dopo, fidatevi, l’ha letta tutta o quasi. Volete incrociarlo? Non potete sbagliare. Lo troverete spesso a interrogare commessi alla Libreria Nanni, la più antica della città, sotto il portico della Morte, vicino l’ospedale omonimo che dava assistenza ai carcerati e ai morituri. Dove Pasolini quindicenne esplorava gioioso, come mai più sarebbe stato, il suo primo Dostoevskij e il suo primo Kafka.

     

    SABATINI PALLOTTA SABATINI PALLOTTA

    Un uomo febbrile, ma che sa stare al mondo, Walter Sabatini. Un esteta sempre acceso e con la valigia pronta. Se scova un talento in qualunque emisfero, non si dà pace fino a che non arriva almeno alla possibilità di sedurlo. Coinvolgendo padre e madre, l’intera famiglia e il parroco del paese, se occorre. Disposto a tutto per farlo suo. E non è un modo di dire. Quando s’innamorò calcisticamente di Rabiot, corteggiò la madre come il più ispirato dei Casanova, celebrando la più dolorosa delle sue sconfitte. Una madre in veste da procuratrice. Meglio Satana.

     

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    Quello che conoscerete oggi a Bologna è un uomo ancora migliore. Ha giocato a scacchi con la Grande Falce e ha vinto. “Pare che io sia morto almeno due volte”, mi disse con un filo di voce quando era chiaro che non sarebbe morto. Come Bob Dylan ha bussato alle porte del paradiso, e non era un giardino trapunto di fiori ma “un emporio di periferia”. Parole e incubi di Walter Sabatini.

     

    Troverete un uomo più forte ancora, più determinato, più smanioso di respirare. Un altro rispetto a quello di Lazio, Palermo, Roma, Inter e Sampdoria. Più voglioso di giocare il suo gioco preferito. Il talento di indovinare talenti. Metteteli insieme. Fa impressione. Kolarov, Lichtsteiner, Pastore (quello del Palermo e del primo Paris St Germain), Ilicic, Marquinhos (il suo acquisto “più eccitante”, aveva 18 anni), Lamela, Pjanic, Strootman, Nainggolan, Benatia, Castan, Paredes, Emerson Palmieri, Alisson, Salah, Paredes. Hanno generato plusvalenze anche i nomi meno eclatanti, Sanabria, Ponce, Radonjic.  Un solo vero smacco, Iturbe. Ma quello resta un mistero per tutti. L’incomprensibile fatto calcio. 

    SABATINI ZAMPARINI SABATINI ZAMPARINI

     

    Il mercato è il grande mare del bucaniere. La sua sfida. Niente algoritmi. Intuizione e rapidità. L’azzardo gli è vitale o letale, più o meno come il fumo che lo ha quasi ucciso. I medici le hanno provate tutte. Lo hanno consigliato, implorato, spaventato. Non escludo che si faccia di nascosto qualche tiro di Marlboro, l’istinto suicida non gli manca, di sicuro non ha smesso di essere un uomo in fuga. Da cosa? Lo sa solo lui. Un fuggiasco per eccesso di sensibilità. Da tutto quello che lo soffoca. Il tempo che lo assedia, le chiacchiere inutili, la paura di essere amato.

     

    “Ho sempre quest’ansia di andarmene. Non riesco a stare seduto a tavola con le persone addosso. Sarà un segno di senilità. E non posso avere amici. Non sopporto le conseguenze dell’amicizia”. E dell’amore, aggiungo io. Strano a dirsi per uno che porta due fedi allo stesso dito, la moglie Fabiola e la madre Lina. La terza e la quarta fede non hanno bisogno di dita. Il figlio Santiago e “mio padre che tornava a casa con la tuta da operaio e profumava di cioccolata e io e mia sorella lo annusavamo inebriati”.

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    S’era parlato di un suo ritorno a Roma, dopo il cataclisma Monchi. Impossibile.  Sabatini ama Roma e la Roma, ma non abbastanza da rinunciare a giocare con le sue regole. Non accetterebbe mai consiglieri o consulenti più o meno esotici. Per tornare nella mischia, avrà certamente ottenuto una delega ampia per fare il meglio di Bologna e Montreal, le due imprese calcistiche di Saputo.

     

    Di una cosa fidatevi ciecamente. Walter s’innamora perdutamente delle squadre per cui lavora e dei giocatori, uno per uno. Li difenderà sempre contro tutto e tutti. Li esalterà quando saranno forti e li proteggerà nella debolezza. È fuggito da Genova per questo. Un atto d’amore. Difendere giocatori e tecnico dall’ira scomposta di un presidente.

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    L’uomo che arriva oggi a Bologna sa bene cos’è la terapia intensiva. Quando si è vivi e quando si rischia di non esserlo più. Il suo incubo ricorrente da bambino era una pallina di ferro che scendeva dall’alto, dal settimo cielo, incombeva su di lui e lo soffocava. Cinquant’anni dopo, la pallina è tornata, ma è sopravvissuto. E ora c’è solo il Bologna. La terapia più bella. E una sola idea. Fare sipario con un capolavoro.

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