gabriele gravina e roberto mancini
mancini gravina 2
Mancini e Gravina. Un pugile suonato, afasico, su cui era stampato oltre che il cazzotto del K.O., il grido di dolore: “Ma perché? Perché proprio a me?”. Al suo fianco, il papà buono, a iniettare un minimo di virile cemento in quelle rovine.
Dove sta l’effetto comico? Perché sei un pugile suonato e afasico quando ti perseguita la sfiga e non lo sei per niente, anzi esulti baccellone, se è invece la fortuna a perseguitarti? Vedi ultimi Europei. Spezziamo le reni a Turchia e Svizzera, triboliamo parecchio con il Galles. Facciamo i vermi con l’Austria negli ottavi (vittoria ai supplementari dopo un gol annullato dal Var ad Arnautovic per millimetri nei 90 regolari sullo 0 a 0, a pochi minuti dalla fine, un rigore per loro prima dato e poi disdetto, paratone sparse di Donnarumma).
mancini gravina
Strapazziamo un Belgio di belli senza busti nei quarti, siamo dominati in lungo e in largo dalla Spagna di Luis Enrique in semifinale. Imbarazzante lezione di gioco. Da nascondersi. Passiamo ai rigori. Ci salva il polpo gigante. Santo Donnarumma. Vinciamo ai rigori anche la finale contro un’Inghilterra boriosetta e sciocchina. Surclassati nel primo tempo, virili e tosti per il resto, ma con un rigore grande come l’abbazia di Westminster non dato ai bianchi nella ripresa. E Donnarumma imbattibile ai rigori.
de rossi e mancini foto mezzelani gmt 057
L’amorale della favola? La vittoria degli Europei, al netto della festa coatta con ubriacatura annessa, era tutto meno che oro colato. Una storia circoscritta a quell’evento e a 5 nomi. La cuccagna di un mondo che, per tre settimane, si allinea perfetto. Roberto Mancini, bravissimo nello scegliere quella dozzina giusta (non c’è ne erano molti di più, attorno ai due sceriffi padroni), Chiellini e Bonucci, più il Calamaro Gigante in porta e un Chiesa acceso come mai.
DE ROSSI AL CORSO PER ALLENATORI A COVERCIANO
Una storia bella, ma fragile. Una farfalla, pressoché.
Contro la Macedonia di giovedì, forte solo dell’umiltà del suo calcio baraccato, erano in campo sette undicesimi della Nazionale della finale di Wembley. Mancavano, guarda il non caso, Chiellini, Bonucci e Chiesa, i due leader e quello che strappa i copioni quando si fanno contorti, come Berardi, ma più lucido di lui.
Prima e dopo le belle storie fragili, il calcio italiano è quello che è, magnifica anomalia Atalanta a parte.
ITALIA MACEDONIA
Un circo mediocre, tenuto sotto il tallone dall’avidità degli impresari, dalla megalomania tatticonoimane di allenatori sopravvalutati e dall’ego insopportabilmente pomposo degli arbitri, capaci di deformare il Var da strumento della giustizia migliore possibile a trastullo variabile dei loro umori.
Come se ne esce? Semplice, forse troppo. Se parliamo di Nazionale, lasciare Gravina al timone, confermare Mancini e affiancarlo con due amici dal sangue caliente, due Danieli calati da quando sono al mondo nella fosse dei leoni, Adani e De Rossi. La triade perfetta, meningi, sangue e passione.
ADANI MANCINI
Con loro, l’ispirazione di uno come Gianluca Vialli. Priorità assoluta: trovare subito i nuovi Chiellini e Bonucci, già Cannavaro, Maldini, Ferrara, Scirea, Gentile. Uno c’è già, si chiama Bastoni. Avvitare tutto il resto a partire da loro. E mollare i persistenti equivoci. Uno su tutti, Insigne. Pronta per lui la casetta in Canada. A Napoli sono in tanti che non vedono l’ora di non rimpiangerlo.
roberto d agostino giancarlo dotto foto di bacco ivan zazzaroni giancarlo dotto foto di bacco ROBERTO MANCINI DURANTE ITALIA MACEDONIA ITALIA MACEDONIA ROBERTO MANCINI DOPO ITALIA MACEDONIA LA DELUSIONE DEI GIOCATORI ITALIANI DOPO LA SCONFITTA CONTRO LA MACEDONIA