Giancarlo Dotto per il Corriere dello Sport
mourinho
Le probabilità che José Mourinho sia davvero il nuovo allenatore della Roma crescono di giorno in giorno. Ieri nella tarda mattinata si è presentato in Campidoglio uno che somiglia come una goccia d’acqua allo Special One e che, dopo aver scambiato due parole cordiali con la sindaca Raggi e la statua di Marco Aurelio (ha preteso di parlare con l’originale, non con la copia esposta sulla piazza), il tempo di farsi suggerire la citazione
“Nulla viene dal nulla, nulla torna nel nulla”, si è infilato come fosse casa sua nella sala della Terrazza Caffarelli e, davanti ai 67 giornalisti ammessi da tutto il mondo, ha scandito in un italiano perfetto: “Io sono l’allenatore della Roma e voglio essere solo questo”. Dopo l’annuncio a ciel sereno del 4 maggio, le decine di foto, video, articoli e messaggi social, lo sbarco cinematografico a Ciampino di una settimana fa, un sosia di Dan Friedkin alla guida del jet privato, tre indizi fanno una prova direbbe Agata Christie, nota giallorossa.
mourinho
Il dubbio è tornato prepotente quando il presunto Mourinho, nel frattempo sedutosi al fianco di un giovane che somigliava a Tiago Pinto, si è alzato di scatto diretto alla parete e, mentre l’inviato di Dazn stava articolando diligente la prima domanda, strappava via il telone alla finestra che il vento aveva trasformato in una rumorosa vela di Luna Rossa. Ecco, l’avevamo detto, altro che Mourinho, quello è un soggetto con problemi psichiatrici ingaggiato da “Scherzi a parte” (stanno preparando la nuova edizione) o un macchinista di Cinecittà che in questo caso obbediva al riflesso pavloviano del suo mestiere.
L’assenza a vista dei due Friedkin non preoccupava più di tanto. Ci hanno piacevolmente abituato alla loro invisibilità e se ora cominciassero di colpo ad apparire e a lasciare dichiarazioni a destra e a manca come un Pallotta qualsiasi sarebbe una delusione tremenda. Il fatto che nessuno si sia presentato in camice bianco a portare via l’esagitato e la presentazione scivolasse via liscia fino alla fine ci tranquillizzava abbastanza.
mourinho a trigoria
Tutto questo per dire che il romanista medio non ha ancora assorbito lo choc dell’inverosimile, ovvero l’assurda possibilità che la Naomi Campbell della panchina sia cascata nel suo scricchiolante letto di glorie vetuste ma di presenti miserie, e stia qui ora in mezzo a noi a dirci: “Sono tua e tu sei mio”. La cosa è talmente enorme che resiste irriducibile un filo d’incredulità.
Detto questo, nel caso fosse davvero lui, benvenuto nella città più bella del mondo Josè Mourinho da Setubal. Impeccabile, seduttivo e speciale in tutti i 42 minuti della presentazione, quasi meglio dell’originale, l’omaggio iniziale ai tifosi della Lupa (“Sono in debito con loro per tanto amore”) fino alla strepitosa chiusa degna di lui: “I bambini che dovessero nascere a Roma nel 2022 con l’eventuale titolo da festeggiare? Non chiamateli José, chiamateli Giuseppe” e giù il sorriso maliardo da manuale. Neanche Mourinho in persona avrebbe saputo fare di meglio.
mourinho meme
Insomma, dopo tanti marziani (dimenticabili) a Roma, finalmente un mito. Che non a caso ha dato il meglio di sé nella cornice dei Cesari.
Spiace quasi dirlo, ma più l’uomo che dice di essere Josè Mourinho s’inoltrava nelle risposte e più risultava imbarazzante l’abisso di personalità tra lui e il portoghese che l’ha preceduto, l’immagine di Paulo Fonseca si rimpiccioliva fino alla dimensione di un francobollo, per la legge inesorabile dei confronti. L’altra notazione incredibile, nessuna domanda su Francesco Totti e sulla Lazio. Non capitava a memoria d’uomo, spiegabile solo con l’eccezionalità dell’evento.
Piccola delusione per tutti coloro che si aspettavano una riedizione in versione romanesca del celebre “pirla” milanese, del tipo: “Io non sono un cojone”. Troppo intelligente l’eventuale Mourinho per replicare. Troppo offensivamente banale solo pensare di farlo.
mourinho meme
Detto del “Io sono l’allenatore della Roma e voglio essere solo questo”, musica celestiale per l’incredulo tenerume giallorosso (non sto qui a girarvi per questione di privacy i whatsapp a pioggia di un noto produttore romano e romanista, assolutamente etero, da “affascinante” a “eccitante”, fino all’inevitabile “ancora non ci credo”), il nostro ha piazzato l’altro affondo da stenosi cardiaca quando ha scolpito (Mourinho, che sia l’originale o la copia, non dice, scolpisce): “Non voglio che questa sia la Roma di Mourinho, voglio che sia la Roma dei romanisti”.
Schivata con classe suprema e brutale anche l’inevitabile domanda sulla magnificenza di Roma come possibile causa della sua scelta (“Non sono qui per fare il turista”), ribadito più volte a chi lo incalzava sui titoli da vincere (nemesi inevitabile del “zero tituli” del suo passato interista) che la sua vera missione è costruire una Roma sostenibile, non una società che vince un titolo e poi affoga nei debiti (che sia una velata allusione?). Dichiarati con chiarezza i suoi obiettivi, Roma sostenibile a parte: costruire in campo l’habitat giusto per Zaniolo, “vincere la prima partita e festeggiare con voi di sicuro tra tre anni, ma non escludo prima”.
mourinho meme
Bello anche il lampo di arroganza che tutti si aspettano da uno come lo Special One, vero o finto che sia (“Non dovete paragonare me a nessuno, come non si deve paragonare Helenio Herrera a Milano, Nils Liedholm e Fabio Capello a Roma…) e più di un lampo di rancore per quelli che lo liquidano come un grande allenatore al tramonto (“Sono un vittima di me stesso, per tutto quello che ho fatto. Viene considerato un disastro quello che gli altri sarebbe un trionfo”).
giancarlo dotto in versione tricolore foto di bacco
Impressione finale. Se questo è Josè Mourinho, la Roma è a cavallo, più di Marco Aurelio. Un padre illuminato, sapiente e lucido, con la maturità acquisita negli anni e nei passaggi difficili. Deve solo imparare a dire Trigoria (l’accento è sulla prima “i”), per il resto esemplare.
La Roma è in buone mani. Se le mani sono le sue.
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