V. Ma. per il “Corriere della Sera” - Estratti
kamala harris Doug Emhoff
Una first lady americana tradizionalmente deve parlare di biscotti. Così giustamente nella sua prima apparizione da aspirante First Gentleman (sarebbe il primo nella Storia americana), Doug Emhoff ha parlato di biscotti. Non quelli che fa lui, ma quelli che gli hanno offerto Joe e Jill Biden quando l’hanno invitato a casa dopo aver scelto sua moglie Kamala Harris come vice 4 anni fa.
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L’avvocato ebreo americano 59enne, padre di due figli ventenni (con Kamala, che è sua coetanea, non ne hanno, sono sposati da 10 anni), si è detto orgoglioso di poter aiutare la sua partner a correre per la presidenza e l’ha baciata sulle labbra.
kamala harris Doug Emhoff 1
Poi sui social, vestito con il suo solito completo grigio, ha postato un cartello che diceva: «È tempo di fare la Storia». In queste ore c’è chi ripensa a come finì con Hillary Clinton, che sperava di essere la prima donna presidente degli Stati Uniti. Comunque vada, Emhoff è una figura molto diversa da Bill Clinton, dalle relazioni extraconiugali al ruolo politico. Per seguirla a Washington ha lasciato la pratica legale ed è diventato professore a Georgetown. Si è occupato di antisemitismo e su questo ha criticato Trump.
ELON MUSK NON ABITA PIÙ QUI: LA CALIFORNIA DI KAMALA HARRIS E I SUOI NEMICI
Michele Masneri per “il Foglio” - Estratti
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C’è tutto in Kamala Harris della Bay Area californiana: la nascita cosmopolita coi genitori cervelloni (Shyamala Gopalan, studentessa di endocrinologia indiana, avrebbe dovuto tornare in patria per sposarsi in un matrimonio combinato, ma a Berkeley nel movimento studentesco incontrò Donald Harris, giovane economista dalla Giamaica). C’è il suo essere nera ma non afroamericana (la comunità asiatica è molto più numerosa di quella nera a San Francisco).
C’è la passione per i diritti civili; e anche il mistone pubblico-privato, che è il segreto della Bay Area con la sua commistione tra startup e università. Mistone ben rappresentato dal cognato Tony West, avvocato nero marito della sorella (e figura guida) Maya.
kamala harris tony west
West è il Lollobrigida d’America. E’ stato prima numero tre del Dipartimento della Giustizia, voluto da Obama, e adesso è capo dell’ufficio legale di Uber (per la serie c’è un po’ di Calabria in Silicon Valley: West qualche mese fa a Roma ha incontrato il ministro dello Sviluppo economico Adolfo Urso e anche il presidente della regione Calabria Roberto Occhiuto, che per primo ha aperto all’operatore dei trasporti californiano, e l’ha invitato a visitare la sua bella terra. Chissà se il First Cognato d’America ce la farà contro i tassisti italiani).
Altre vecchie conoscenze degli Harris sono Sheryl Sandberg, capa operativa di Facebook, e poi Marc Benioff, proprietario del colosso informatico Salesforce (che ha costruito il più alto grattacielo di San Francisco e rilevato o per meglio dire salvato il magazine “Time”).
jill e joe biden con kamala harris e douglash emhoff
E ancora Lauren Powell Jobs, vedova del fondatore della Apple (e salvatrice di “The Atlantic"; salvare i giornali è un altro hobby dei ricchi progressisti sanfranciscani). Con i ricchi tecnologici il mondo harrisiano incrocia “l’altra” Bay Area dei nuovi potenti arrabbiati, i Peter Thiel, gli Elon Musk che oggi stanno compattamente dalla parte di Trump. O anche come J.D. Vance, il vicepresidente che Trump vorrebbe alla Casa Bianca. Sono tutti siliconvallici pentiti, nel senso che sono arrivati, hanno fatto fortuna, ma poi qualcosa li ha innervositi. La Bay Area li ha visti prima sbocciare, poi sbroccare.
tony west
San Francisco scatena del resto i fantasmi più oscuri nei repubblicani, forse perché a differenza degli americani basici lì sono tutti belli, sportivi e fricchettoni. Un’antica legge comunale permette di girare nudi per la strada (e non è una formalità: la settimana scorsa due signori completamente biotti hanno sventato una rapina, ottenendo articoli di giornale e elogi pubblici). Fiere come la Folsom Fair sono gioiose sagre del sesso in pieno giorno (in confronto i nostri Pride sono processioni di paese).
Nel 2019, quando il presidente Mattarella andò in visita di Stato a San Francisco, il Governatore Newsom lo ricevette non in un palazzo pubblico ma in una foresta di sequoie, in smanicato (mandando nel panico il cerimoniale del Quirinale). Da questa California post hippy sono cresciute due culture: una che abbraccia questo retaggio, e si identifica nel Partito democratico, e ha coniugato il “famolo strano” con gli algoritmi e il kale, l’onnipresente cavolo nero; l’altra che rifiuta tutto in blocco e agogna ordine e disciplina.
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kamala harris e doug emhoff comprano padelle francesi 2 kamala harris e doug emhoff