QUEI VOLTAFACCIA DI ALBANIA E TUNISIA L’IRA DI MASSOLO: «È SUCCESSO QUALCOSA»
Francesco Bechis per il Messaggero - Estratti
gualtieri meloni expo 2030
«È una serataccia». Metà pomeriggio, Palazzo Chigi. Sono passate da poco le cinque quando il tabellone del Bureau international des Expositions (Bie) di Parigi dà forma allo scenario peggiore. Riad prima, Roma terza, con 17 voti. Una doccia gelata.
Giorgia Meloni non parla. Ci pensa il ministro degli Esteri Antonio Tajani a rompere il silenzio, con diplomazia: «Avevamo competitor fortissimi, lo sapevamo». E fair play: «Saremo presenti anche a Riad, con un padiglione che farà effetto anche lì». «Deve prevalere l'esigenza di andare avanti, di migliorare la Capitale», dice Andrea Abodi, l'unico ministro inviato a Parigi (e anche questo è stato un segnale). Il silenzio pubblico della premier, a ben vedere, parla eccome. «Serataccia», commentano sbrigativi dal suo staff. Si è spesa non poco, la leader del governo, nel perorare la causa dell'Expo Capitale.
giampiero massolo premio guido carli 2023
La rete diplomatica in Europa e oltre: Africa, Asia, Stati Uniti. Le passeggiate romane con gli ispettori del Bie, le telefonate con Ursula von der Leyen. Il blitz a Parigi lo scorso giugno, l'ultimo, con un'accorata arringa davanti ai 182 delegati del Bureau: «Votate Roma». Una serata chiusa con una fiabesca festa all'ambasciata italiana, tra giochi d'acqua, quartetti d'archi, la voce di Elisa che squarcia la brezza primaverile. Anche allora, al governo tutti davano la partita per Expo 2030 più che in salita. Battere la concorrenza saudita è sempre stata una chimera.
bin salman renzi
Eppure nessuno aveva preventivato un risultato così deludente. I conti scritti a matita dai diplomatici italiani fotografavano un consenso per l'Italia tra le 40 e le 50 preferenze. Quanto sarebbe bastato per costringere i sauditi al ballottaggio e giocarsi tutto in finale.
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«Mi viene da pensare che qualcosa sia successo nell'ultimo miglio», si sfoga il presidente del Comitato promotore Giampiero Massolo, «ma non accuso, non ho prove». L'irritazione è palpabile: «Se si afferma il principio della deriva mercantile, oggi nell'Expo, poi magari un mondiale o le olimpiadi, non vorrei si arrivasse alla compravendita dei seggi al Consiglio di Sicurezza. L'Italia e l'Europa non ci devono stare». I conti non tornano neanche alla premier, che nei tanti bilaterali degli ultimi mesi si è sempre spesa chiedendo il sostegno ad Expo. Che fine hanno fatto i voti promessi? C'è un giallo europeo, in questa conta ex-post. Passi la Francia di Emmanuel Macron, che da mesi e senza troppo pudore si era promessa a Riad. Ma gli altri? Possibile che i Paesi Ue abbiano voltato le spalle all'ultimo a Roma, che proprio la Commissione Ue ha definito una «candidata europea»?
edi rama giorgia meloni 1
I numeri non mentono: con diciassette preferenze, le defezioni sono state diverse anche fra i vicini di casa. E pensare che in tanti, dall'Olanda di Mark Rutte alla Germania di Scholz, avevano giurato: «Siamo con voi». «Qualcosa è successo», dice ora Massolo e gli stessi dubbi agitano i piani alti del governo.
C'è un nodo diplomatico. Quale dei tanti Paesi africani interessati dal Piano Mattei, la roadmap di investimenti energetici del governo Meloni, ha cambiato idea nell'urna dopo tante promesse? E cosa li ha convinti? I sospetti si concentrano, fra gli altri, sulla Tunisia di Kais Saied. Il Paese magrebino per cui si batte da mesi l'Italia targata Meloni, tra accordi sui migranti e fondi europei, non ha votato per l'Italia, riferiscono fonti diplomatiche. E così anche avrebbe fatto l'Albania di Edi Rama, il presidente "fratello d'Italia" che pure ha molto scommesso sui legami con il centrodestra di governo italiano. Realpolitik, si dirà. Ma la delusione è cocente. Nel pomeriggio da Palazzo Chigi dettano la linea comunicativa: puntare tutto sul Pnrr e la quarta rata approvata dall'Ue. Sono 16 miliardi di euro, meno dei cinquanta di indotto previsti per l'Expo. Ma questi arriveranno di sicuro.
matteo renzi mohammed bin salman
UMILIAZIONE ALL’EXPO
Salvatore Merlo per il Foglio - Estratti
Saranno anche stati i soldi di Riad, come diranno in tanti oggi per giustificarsi, ma l’umiliazione subita da Roma votata soltanto da diciassette paesi per l’assegnazione del Expo 2030 certifica la crisi della capitale più lurida e disfunzionale dell’occidente, nonché la nullità assoluta di chi la amministra. Nemmeno gli europei ci hanno votati. Nemmeno i nostri amici albanesi. E come dargli torto?
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kais saied giorgia meloni
A Roma si consuma il falò del degrado politico e amministrativo. E allora è chiaro perché ieri sera Giorgia Meloni non si è voluta presentare a Parigi dove assegnavano l’Expo 2030. Non si partecipa alle brutte figure. C’era Roberto Gualtieri, a Parigi, tuttavia, lui che sarebbe il sindaco di Roma, il prodotto di una politica senza slancio, un sindaco venuto fuori per accordicchi al ribasso, perché nessuno si voleva caricare l’immobile disastro di Roma sulle spalle: il prescelto di un’elezione comunale depotenziata politicamente e umanamente. Di quali altri segnali abbiamo bisogno per comprendere finalmente che Roma è un’emergenza nazionale? Capitale putrida, patria fallita.
gualtieri kais saied giorgia meloni ROBERTO GUALTIERI DOPO LA SCONFITTA DI ROMA NELLA CORSA A EXPO 2030 edi rama e giorgia meloni firma accordo per i migranti italia albania 3