Giulio De Santis per https://roma.corriere.it/
pestaggio del 17enne down a roma
Alle nove e nove minuti del 2 maggio 2021 è già chiaro quale sia l’inferno che la banda «18» riserverà a Lorenzo nel pomeriggio: «Dovete fa’ er video mentre je menamo» dice Stefano che, quel giorno, ha ancora solo 13 anni. Il suo progetto Stefano (nome di fantasia, come tutti quelli che seguiranno) lo propone cinque minuti dopo che Paolo, per gli amici «Fragolone» (un soprannome tramandatogli dal padre), ha scritto nella chat della banda: «Alle tre devo mena’ uno». Questi messaggi li leggono 104 ragazzi, cioè tutti i membri iscritti alla chat della «18».
Fragolone ha in testa ogni dettaglio: «Alle due e 45 alla metro Garbatella». Sergio chiede perché mai bisognerebbe andare «a mena’» uno sconosciuto. Secca la risposta di Fragolone: «Ha scritto alla pischella mia, ce sta a prova’». Affermazione che, oltre a non giustificare comunque alcuna spedizione punitiva, è del tutto priva di fondamento. Sergio insiste, vuole vedere uno screenshot dei messaggi dello sconosciuto, cioè il 17enne Lorenzo, affetto da sindrome di Down.
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Risponde Fragolone, mentendo, che il presunto rivale prima lo ha bloccato e poi ha cancellato tutto. A Sergio la spiegazione va bene. Quindi andrà a picchiare Lorenzo insieme a Paolo, alla sua «pischella» Ginevra e a quattro altri ragazzi, difesi dagli avvocati Alessandro Cacciotti, Filippo Valle, Giovanni Persichetti e Giorgia Celotto. Da questo istante la chat - spazio senza regole, usata dai ragazzi anche per spedire il green pass a chi non ha fatto il vaccino - ribollirà fino a sera con i commenti del pestaggio. Nessuno censurerà l’accaduto.
Ora, ritornando all’organizzazione del pestaggio, Fragolone strappa il sì di cinque ragazzi, ma nessuno di loro poi andrà, incluso il 13enne. Che però all’inizio è intenzionato a dare il suo contributo. Alle 13,01 scrive: «Stamo anda tutti a Piramide da Fragolone». Per non lasciare spazio alle interpretazioni il 13enne aggiunge: «Se stamo anda’ a mena’ co quello».
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Da quel momento c’è un lungo silenzio. Cosa stia accadendo lo si scopre quando Volpetto, uno degli aggressori, alle 14 e sette minuti (ora indicata in modo probabilmente sbagliato, essendo il raid compiuto intorno alle 15), posta il video dell’aggressione. Segue una serie di messaggi vocali. Il primo è di Antonio che, commentando il video, scrive: «Ma ja avete spaccato la faccia».
Poi è la volta di Luca, rimasto fino a quel momento lontano dalla discussione. Visto il filmato scrive, ma per protestare di non è stato informato. Certo, lui, proprio quel pomeriggio, ha un altro impegno insieme a due suoi amici: «Sto andando a Spep (acronimo di piazzale dei Santi Pietro e Paolo, ndr ), devo scoppiare (picchiare, ndr ) uno». Qualcuno vorrebbe fare del video uno spettacolo da prima serata: «Stasera diretta del mostro infame Vorpetto più il Down».
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Idea poi bocciata. Sergio alle 18 appare divertito dell’aggressione: «Ja avemo menato in 5 a quello ahahahaha». Sempre lui, con un’amica soprannominata Nina Zebi, si vanta del raid: «L’avemo rincorso per tutto l’Eur, s’è chiuso in un bar e ha chiamato le guardie». Poi aggiunge tronfio: «Javemo spaccato er naso e un occhio rientrato». La ragazza non gli da corda, scrive solo «ok». Alle cinque ai protagonisti dell’aggressione viene detto che nelle altre chat, in particolare quella della banda «17», sono bollati come «infami». Quelli della «18» propongono un incontro al Pincio. «Per andare a sfonnarli».
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