Claudia Osmetti per “Libero quotidiano”
vittorio pisanu con le figlie alessia e giulia
«E ora come farò?». Sta tutta lì, in una domanda, quattro parole col punto interrogativo a fianco, la disperazione dei Pisanu. E non importa che a porselo, quell'interrogativo devastante, sia Stefania, 22 anni, che di cognome fa qualcosa d'altro perché lei è sì la sorella maggiore di Giulia e Alessia, ma solo per via materna. Non condivide con loro anche il babbo, quel papà Vittorio che è un uomo distrutto, devastato.
Che non si dà pace. La tragedia di Riccione. Alla stazione, ieri pomeriggio, si cercavano ancora i resti delle due ragazzine (15 anni una, 16 l'altra) che domenica all'alba sono state travolte da un Frecciarossa in transito. In rete gira anche un video: «Attenzione, si tratta di immagini che potrebbero urtare la sensibilità di alcuni utenti», dice il banner che compare all'inizio.
giulia e alessia pisanu 2
E che ci voglia dello stomaco, per guardarlo, te ne accorgi subito: la sagoma deformata di un corpo sopra una barella, avvolta in un telo grigio che pende solo da un lato. I cadaveri di Giulia e di Alessia sono stati dilaniati, trascinati per 700 metri da un vagone dell'Alta velocità, sparsi qua e là in un macabro puzzle che solo a raccontarlo ti viene la pelle d'oca.
CARTELLO INSANGUINATO
C'è un cartello attaccato alla banchina: «Do not cross the railway lines» (Non oltrepassare i binari). È striato di sangue. La gente aspetta fuori. La scientifica, gli agenti della polizia. Cercano "i resti", capito l'orrore? Cercano quel che rimane di due sorelle legatissime, che facevano tutto assieme, che erano una la vita dell'altra, che nemmeno la morte è riuscita (beffarda, come sempre) a separare.
giulia e alessia pisanu
Perché il destino (lo abbiamo già scritto, ma è così) può essere crudele e stronzo allo stesso momento. Una concatenazione di sfortune, di piccole "sfighe" (come si dice oggi) che però generano tutta questa assurda vicenda. Giulia, la più, grande che è stanca dopo una giornata di lavoro. Che va lo stesso in discoteca, con Alessia, che vuole divertirsi un po'. La borsetta che a un certo punto della serata sparisce.
Gliela rubano, come capita decine di volte, a decine di persone, in tutto il mondo. Ma dentro quella borsetta c'è anche il cellulare e la sorella Giulia, il suo, ce l'ha scarico. Per questo non riescono a chiamare subito casa. Si fanno prestare il telefonino da un amico, che verso le sei del mattino le accompagna in stazione dove prenderanno il treno diretto ad Ancona, quello che fermerà anche a Castenaso, il paesotto in provincia di Bologna dove vivono. Papà Vittorio che risponde al primo squillo, non appena vede una chiamata da un numero sconosciuto. Loro che lo rassicurano, stanno per tornare.
«Avrei dovuto portarle io in auto, in Riviera. Aspettarle fuori dal locale, come ho sempre fatto. Ma non mi sentivo bene quel giorno. Così le ho fatte andare in treno», si sfoga lui. Il padre dilaniato dal dolore, quello che non riesce nemmeno a entrare nell'obitorio di Rimini da solo (ma chi ce la farebbe, dopotutto?) e sceglie di farsi accompagnare dal fratello. Massì-per-una-volta-cosa-potrà-mai-succedere? E invece succede l'irreparabile.
vittorio pisanu con la figlia giulia
La catastrofe. Mezz' ora dopo quell'ultimo saluto, senza che nessuno dei tre sapesse che era, appunto, l'ultimo saluto. «Lavoravo per loro». Non riesce a trattenere le lacrime, Vittorio, mentre parla al sindaco di Castenaso, Carlo Gubellini. È un sardo (e, come tutti i sardi, presumiamo, dalla scorza dura): ma come fai a riprenderti da un episodio del genere? «Siamo distrutti», aggiunge.
Quel "siamo", che ingloba anche Stefania, che non è figlia sua ma fa lo stesso, perché di fronte a fatti drammatici fino a questo punto, laceranti fino a questo punto, il sangue conta a metà. Poi conta l'affetto, l'amore. Anche quello delle istituzioni che si stringono attorno ai Pisanu e decidono che a Castenaso, il giorno dei funerali, ci sarà il lutto cittadino. Quello di mamma Tatania, che a 52 anni torna col primo volo a Bologna dalla sua Romania.
Quello degli amici che depongono mazzi di fiori sul binario di Riccione e davanti alla villetta di famiglia. Quello dei compagni di scuola di Alessia che postano sui social il disegno (lei frequentava il liceo artistico) di una magnolia «che doveva ancora sbocciare, come sei stata tu».
SEMPRE PRESENTE
GIULIA ALESSIA PISANU RICCIONE
Dodici secondi. Le sorelle Pisanu sono state sulle rotaie del primo binario della stazione di Riccione per dodici, lunghissimi, secondi. «Il nostro dovere è ricostruire con la massima precisione la vicenda», ammette Elisabetta Melotti, procuratore capo di Rimini, «allo stato attuale non risultano profili di reato, gli accertamenti sono in corso».
«Erano la mia vita», lo ripete ancora e ancor, papà Vittorio, a chiunque vada a trovarlo in quella casetta nella periferia bolognese con il giardino curato davanti e i campi di granturco tutto attorno. Uno di quei paesini di provincia dove non avviene mai niente, sonnacchioso, che le telecamere dei cronisti non le ha mai viste. Vittorio «era molto presente nella vita delle sue ragazze», chiosa chi lo conosce bene, «andava regolarmente a prenderle fuori dalla discoteca a Bologna o in Riviera. Se non ci andava lui, c'era Stefania con lui». Tranne una, maledetta volta.
IL FRECCIAROSSA CHE HA TRAVOLTO ALESSIA E GIULIA PISANU A RICCIONE alessia giulia pisanu